La fava (Vicia faba, in inglese: broad bean, fava bean, o faba bean ) è una pianta che appartiene al grande gruppo dei legumi, come lenticchie, fagioli e ceci. Le fave hanno acquisito un ruolo da protagonista nei tempi antichi come cibo dei poveri per eccellenza, considerato il loro scarso costo e la semplice reperibilità, mentre attualmente è considerato un ottimo cibo, poco calorico e con molte proprietà utili all’organismo umano. La pianta delle fave è originaria dell’Asia Minore e da molti secoli viene ampiamente coltivata per l’alimentazione umana ed anche animale, come foraggio. Attualmente, le fave sono consumate in elevate quantità in Italia, specie nelle regioni pugliesi, sicule e sarde.
Calorie e valori nutrizionali
Valori nutrizionali per 100 grammi di fave
|
Calorie 88 |
Grassi 0,7 g | |
Acidi grassi saturi 0,1 g | |
Acidi grassi polinsaturi 0,3 g | |
Acidi grassi monoinsaturi 0,1 g | |
Colesterolo 0 mg | |
Sodio 25 mg | |
Potassio 332 mg | |
Carboidrati 18 g | |
Fibra alimentare 8 g | |
Zuccheri 9 g | |
Proteine 8 g |
Vitamina A | 333 IU | Vitamina C | 3,7 mg |
Calcio | 37 mg | Ferro | 1,6 mg |
Vitamina D | 0 IU | Vitamina B6 | 0,1 mg |
Cobalamina | 0 µg | Magnesio | 33 mg |
Proprietà e benefici
Molta acqua, tante fibre, elevate proteine e pochi grassi: queste caratteristiche fanno delle fave un cibo ipocalorico, ottimo per chi soffre di obesità e vuole perdere massa grassa, e con ottimi benefici sulla salute. Il basso apporto calorico, circa 88 calorie per cento grammi di fave, ne fa un cibo adatto a molti tipi di diete, anche se ovviamente si parla di fave fresche, poiché quelle essiccate hanno valori nutrizionali completamente diversi e sono molto più caloriche.
Il valore biologico delle fave, pur non essendo elevato tanto quello degli alimenti di origine animale, è comunque relativamente alto e questo le rende un alimento molto apprezzato specie tra i vegani ed i vegetariani.
L’acqua e le fibre solubili ed insolubili delle fave aiutano sia la diuresi sia la motilità intestinale, andando a contrastare stipsi e picchi glicemici: ciò è molto utile per chi soffre di costipazione, di diabete e per chi vuole dimagrire, grazie al loro elevato potere saziante.
Le fave sono ricche di minerali e tra questi spicca il ferro, ovviamente vegetale, che ne fa un cibo consigliato anche in casi di carenza di questo minerale. Tante le vitamine, tra cui l’acido ascorbico (vitamina C). Come ovvio, queste proprietà si mantengono soprattutto nel cibo crudo, mentre in quello cotto molte sostanze vanno incontro a deterioramento: per evitare ciò si consiglia la cottura al vapore, che mantiene il più possibile inalterate le qualità delle fave.
Una particolarità della pianta delle fave è la presenza di levodopa. La levodopa è il precursore del neurotrasmettitore dopamina. Agisce attraversando la barriera ematoencefalica per entrare nei neuroni dopaminergici, dove viene rapidamente convertito in dopamina supplendo così a sue carenze. La levodopa viene utilizzata nel trattamento dei sintomi dei parkinsonismi, in particolare della malattia di Parkinson, del parkinsonismo post-encefalitico e del parkinsonismo sintomatico conseguente a intossicazioni da monossido di carbonio o da manganese.
Varietà
Questa pianta presenta numerose varietà, di cui alcune destinate al consumo animale come foraggio (quelle dette favetta e favino); la fava da orto, che appartiene al gruppo cosiddetto major, è invece quella che si trova sulle tavole a partire dal periodo primaverile, sotto forma di baccelli che contengono grandi semi schiacciati, che vanno consumati dopo aver eliminato la parte esterna. La pianta può raggiungere i 140 centimetri di altezza; i baccelli hanno dimensioni che arrivano a circa 25 centimetri, e contengono in genere tra i cinque e i dieci semi.
Fave in cucina
Come tipico dei legumi, le fave mostrano una certa versatilità nella conservazione, per cui posso essere reperibili sia fresche, sia essiccate, sia congelate. A differenza di fagioli e lenticchie, però, le fave presentano il vantaggio di poter essere mangiare non solo cotte, ma anche crude: un vantaggio sia dal punto di vista del sapore, sia da quello delle proprietà nutritive, poiché vitamine e minerali non vengono distrutti dalla cottura.
Le fave fresche in genere si iniziano a trovare a primavera inoltrata: per mangiarle è sufficiente aprire il baccello, estrarre il seme ed eliminare la pellicola che lo racchiude, il cosiddetto tegumento. Le fave così consumate possono essere accompagnate da formaggi, come il già citato pecorino, da salumi, in particolare pancetta o prosciutto, fungere da antipasto ma anche da specialità tipica del periodo. Con pecorino e pancetta si possono realizzare condimenti per paste, sfoglie, finger food, e le fave possono essere presentate anche in purea. Cotte, invece, le fave possono arricchire zuppe e minestroni, insieme ad altre verdure e legumi, possono essere consumate come contorno a sé, e, come detto, possono dare origine a un ottimo purè.
Dopo aver tolto il tegumento che avvolge le fave, queste possono essere essiccate, dunque conservate per tempi più lunghi rispetto a quelle fresche. Le fave secche private del tegumento non richiedono tempi di ammollo preventivo, tipico di fagioli o lenticchie secche: vengono infatti tuffate nell’acqua bollente direttamente oppure cotte a vapore. Il risultato finale è una sorta di purè, ottimo accompagnamento per verdure dal retrogusto amarognolo (come la cicoria). Le fave secche con il tegumento, a differenza delle precedenti, richiedono alcune ore di ammollo prima della cottura.
Avvertenze e controindicazioni
Le fave presentano anche una importante controindicazione, legata a una malattia che viene detta comunemente favismo. Si tratta di una patologia correlata al deficit di un enzima, il G6PD: le persone che presentano questa caratteristica, se esposte a determinate sostanze, possono andare incontro a varie conseguenze anche gravi, come l’anemia emolitica. In realtà non tutti coloro che presentano questo deficit reagiscono necessariamente proprio alle fave; mentre tutti coloro che sono affetti da favismo presentano la carenza di glucosio-6-fosfato deidrogenasi.
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