Per due anni e mezzo auto segregati in casa, incollati al computer, nutrendosi solo di merendine, biscotti e caramelle pur di non Continua a leggere
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Sindrome di Hikikomori e dipendenza da internet: giovani sempre più colpiti
Sindrome di Hikikomori, uno degli effetti della dipendenza da internet dei ragazzi tra gli 11 e i 16 anni. Un fenomeno che sta pericolosamente prendendo piede in Italia, dove 240mila ragazzini e adolescenti passano in media più di 3 ore al giorno davanti al pc. Una vera e propria web-dipendenza che porta a una sorta di isolamento sociale, prima presente solo in Giappone e per questo denominata “sindrome di Hikikomori”.
Secondo l’indagine svolta dalla Fnomceo (Federazione italiana degli ordini dei medici), i ragazzi affetti da questa sindrome sono costantemente davanti al monitor, dal momento in cui escono da scuola fino a sera tarda, per un totale di 10-12 ore giornaliere.
“Purtroppo di questo le istituzioni italiane – rileva la Fnomceo – non sembrano preoccuparsi ed è un limite evidente, giacché la realtà sociale è fatta anche e soprattutto di queste problematiche, con un’espansione clinica che valutiamo quotidianamente“. Questi adolescenti “il più delle volte riescono a raggiungere la sufficienza nelle materie scolastiche, confermando che frequentano l’ambiente didattico come una sorta di obbligo, e poi si ritirano dal mondo reale per calarsi completamente in quello virtuale“. “È una delle forme emergenti di dipendenza – conclude la Fnomceo – che spesso viene confusa con situazioni psicopatologiche diverse. Va affrontata e prevenuta innanzitutto attraverso la conoscenza del fenomeno che è ancora sottaciuto“.
Per essere precisi però bisogna sottolineare che la sindrome di Hikikomori non è ancora stata ufficialmente dichiarata una malattia e che i giovani Hikikomori “DOC” sono considerati tali quando praticamente non escono quasi più dalla loro stanza, neanche per andare a scuola o al lavoro, quindi l’indagine della Fnomceo potrebbe erroneamente aver incluso tra i risultati molti giovani NON Hikikomori ma invece affetti da tecnopatologie quali la dipendenza da internet. Essendo quello degli Hikikomori in Italia un fenomeno relativamente giovane, succede spesso che si faccia confusione, spesso anche tra gli “addetti ai lavori”, come medici e psicologi.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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I giapponesi non fanno più sesso: preferiscono bambole e fumetti
Niente più sesso in Giappone. Nel paese del Sol Levante negli ultimi anni si stanno verificando dei dati molto preoccupanti: stando alle ultime statistiche infatti sono sempre di più i giapponesi che non praticano sesso, almeno quello con partner “reale”. I numeri parlano chiaro: le coppie sposate tra i 35 e i 50 anni fanno l’amore, in media, meno di una volta alla settimana ed è in netto aumento la diffusione di bambole gonfiabili ultrarealistiche e fumetti pornografici. Per l’Istituto per la ricerca su Società e Popolazione il 70% dei celibi e il 60% delle nubili tra i 18 e i 34 anni non hanno nessun tipo di relazione, il 42% degli uomini e il 44,2% delle donne ha dichiarato inoltre di essere ancora vergine.
I problemi del Giappone
Probabilmente questo fenomeno è solo la punta dell’iceberg di una moltitudine di altri problemi che affliggono il Giappone ormai da molti anni, ovvero la diminuzione del PIL e le enormi difficoltà – con serio rischio di crac – del sistema pensionistico. Fatto sta che le waifu (le mogli virtuali) sono sempre più numerose e utilizzate da coloro che vivono praticamente reclusi in casa tra televisione, manga, videogiochi e social network. Pensate che un economista giapponese ha addirittura proposto la “tassa sui belli” in modo che gli hikikomori (così vengono definiti coloro che hanno scelto di ritirarsi dalla vita sociale) possano almeno avere un appeal economico da sfruttare.
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Mariti che convivono con la propria bambola
In aumento anche i mariti che lasciano le proprie mogli per andare a “convivere” a tempo pieno con la loro bambola gonfiabile, mentre le donne in carriera che hanno figli vengono malviste dalla società a tal punto da essere chiamate “mogli diavole”. Questo pregiudizio ha portato al ritiro dalla vita lavorativa di circa il 70% delle neo-mamme.
Le cause
Ma perché i giapponesi non vogliono fare più sesso? Il problema sta da ricercare nei duri ritmi lavorativi, che portano un’alta dose di stress, ma anche nel comportamento dei giapponesi, che vogliono evitare complicazioni emotive in un rapporto di coppia. Il 23% delle donne sposate ha addirittura affermato di vedere il sesso come una “scocciatura” mentre il 18% degli uomini ha detto di avere “molto poco interesse” nel fare sesso con una donna.
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Otaku ed anime: significato, tipologie e caratteristiche patologiche
Otaku è un termine della lingua giapponese che dai primi anni ottanta in poi ha iniziato – in senso vagamente dispregiativo – ad indicare una subcultura giapponese di appassionati in modo ossessivo di manga, anime, ed altri prodotti ad essi correlati. In occidente il termine viene di solito usato per indicare genericamente gli appassionati di cartoni animati, di fumetti giapponesi e di tutto quello che proviene dal Giappone. In Occidente otaku è generalmente affine a geek, o è sinonimo di nerd. Il significato occidentale del termine è molto meno dispregiativo rispetto a quello giapponese.
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Differenza otaku ed hikikomori: sono la stessa cosa?
No, sono due tipologie ben distinte, anche se in certi casi possono esistere tra loro dei punti di contatto. Il termine “hikikomori” si riferisce a quelle persone che sentono il grande peso della pressione sociale giapponese, percepita in gran parte dai giovani all’ingresso nel mondo degli studi superiori o del lavoro. Si sentono incapaci di integrarsi nell’apparato sociale e si difendono, rinchiudendosi circondati dalle mura domestiche. L’hikikomori si riduce a vivere chiuso in casa come un eremita, fino al punto di non andare più a scuola o al lavoro, pur di evitare ogni rapporto sociale, essendo di solito mantenuto dai genitori a distanza. Essere un otaku non significa necessariamente essere anche hikikomori (e vale anche il contrario), tuttavia non è raro che un otaku, ossessionato dalle proprie passioni, arrivi al punto di non uscire quasi mai di casa per poter passare la giornata coi propri fumetti, giocando al pc o guardando anime; come è anche possibile che un hikikomori, per passare il tempo stando chiuso nella sua stanza, non si appassioni a fumetti o anime in maniera compulsiva, acquisendo quindi caratteristiche tipiche di un otaku.
Significato del termine
In giapponese la parola otaku significa “la sua casa”. Il termine è composto dalla preposizione onorifica o (お) e dal sostantivo taku (宅) che significa casa, dimora, a casa. Per estensione il termine è utilizzato anche come pronome di seconda persona onorifico quando ci si rivolge a qualcuno che non si conosce (un corrispettivo dell’italiano Lei), usato tra pari assume un significato ironico o sarcastico. Verso la fine degli anni settanta i disegnatori di anime e manga Haruhiko Mikimoto e Shoji Kawamori usavano chiamarsi a vicenda usando la parola otaku come appellativo sarcasticamente onorifico.
La cultura otaku
Otaku è una manifestazione del consumismo collegato all’immaginario prodotto dai mass media giapponesi, emersa alla fine degli anni settanta come subcultura. Gli otaku, le persone che le hanno dato vita, sono appassionati collezionisti di oggetti futili, di informazioni e storie, e amano manipolare o trasformare i prodotti esistenti. Molti otaku costituiscono una buona parte delle energie creative da cui prende vita la cultura pop giapponese, e hanno sviluppato un sistema, che si basa sui fanservice, per giudicare i manga, gli anime, i videogiochi, le dōjinshi, e i dating sim. L’underground Otaku non è contrapposto al sistema, ma è piuttosto un laboratorio culturale del capitalismo contemporaneo giapponese, e un rifugio dalle frustrazioni del dominio culturale dell’Occidente, sviluppatosi nel retrobottega dei nuovi media. L’indipendenza della sottocultura Otaku dal resto della società ha contribuito al senso di caos e di perdita di controllo, avvertito dai media e da diversi intellettuali giapponesi, nel rapporto con le giovani generazioni.
Tipi di otaku
Gli otaku si suddividono in diverse categorie a seconda degli interessi specifici, ma la parola può essere collegata a qualunque mania, hobby, passione o ossessione: ci possono essere otaku della musica, delle arti marziali, della cucina e così via. Nel senso monomaniaco si utilizzano spesso nomi peculiari, per esempio un otaku malsano è un kimo-ota (contrazione di kimoi otaku).
Questi alcuni tipi di otaku:
- Akiba-kei (秋葉系), che trascorrono molto tempo nel quartiere di Akihabara a Tōkyō e sono ossessionati principalmente da anime, idol e videogiochi.
- Anime otaku o aniota, maniaco degli anime.
- Cosplay otaku, maniaco del cosplay.
- Figure moe zoku, collezionisti di PVC Figure (Staction figure realizzate con Cloruro di polivinile).
- Gēmu otaku, maniaco dei videogiochi.
- Itasha (痛 车), è la mania di decorare le automobili con i personaggi, prevalentemente ragazze di anime, manga o videogiochi. Gli Itasha otaku frequentano luoghi come Akihibara a Tokyo, Nipponbashi a Osaka, e Osu a Nagoya. Le manie per le decorazioni di moto e biciclette sono chiamate rispettivamente itansha (痛単車) e itachari (痛 チャリ).
- Manga otaku, maniaco dei manga.
- Pasokon otaku, maniaco dei pc.
- Wota (precedentemente idol otaku), maniaco delle idol che usa particolari danze durante i concerti chiamate wotagei per sostenere l’idol. Esistono anche otaku donne, che nel 2008 frequentavano Otome Road, una strada del quartiere Ikebukuro a Tokyo, o il bar Edelstein, sorto nel 2007 a Shibuya, e ispirato all’omonimo manga culto del 1970 ambientato nei primi anni del XX secolo in un collegio in Germania.
Le passioni e gli interessi specifici degli otaku alimentano un vasto e diversificato mercato di oggetti di consumo, ad esempio, tra la grande varietà di elementi che caratterizzano una tipica stanza di otaku, possono esserci i dakimakura, grandi cuscini da abbracciare su cui sono stampate le immagini delle protagoniste di anime, manga o videogiochi.
Patologie tipiche degli otaku
Solitamente l’otaku presenta alcuni dei tratti patologici tipici di alcune patologie psichiatriche, come: disordine ossessivo compulsivo, disordine ossessivo compulsivo di personalità, depressione, fobia sociale, agorafobia, attacchi di panico, disturbo post traumatico da stress e sindrome di accumulo; a tal proposito leggi:
- Sindrome da accumulo: caratteristiche cliniche della disposofobia
- Fobia sociale: aver paura del giudizio degli altri
- Disturbo post-traumatico da stress: rivivere ogni giorno una esperienza drammatica
- Disturbo ossessivo-compulsivo: ripetere, ripetere e ripetere ancora all’infinito un gesto. Differenze col disturbo di personalità ossessivo-compulsivo
- Depressione maggiore e minore, suicidio, diagnosi e cura: fai il test e scopri se sei a rischio
- Disturbo da attacchi di panico: sensazione di morte imminente e angoscia
- Che cos’è il Disturbo ossessivo-compulsivo di personalità, come si riconosce, come si cura e come si distingue dal Disturbo ossessivo-compulsivo
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Quelli che preferiscono stare con una ragazza virtuale piuttosto che con una in carne ed ossa
Avere un rapporto costante con una donna virtuale creata da un dispositivo elettronico vi sembra roba da matti? Se la vostra risposta è affermativa siete d’accordo probabilmente con la maggior parte delle persone. Ma c’è sicuramente chi non la pensa come voi. In Giappone vive infatti una generazione di otaku, di appassionati in maniera ossessiva a manga, anime, e altri prodotti correlati, che ama coltivare relazioni pseudo-sentimentali con ragazze che vivono nei giochi per tablet, Nintendo, o altri congegni portatili.
A SPASSO CON LA DONNA VIRTUALE
E’ il caso di Nurikan e Tuge, due adulti di 38 e 39 anni, incontrati dalla giornalista della Bbc Anita Rani, che nel loro rapporto di coppia virtuale fingono e credono di avere 15 o 17 anni. Vivono in compagnia di una ragazza che in realtà non esiste e ad essa si relazionano come un’amica di liceo a cui dedicare tante attenzioni. Nurikan è sposato e dice di tenere nascosta alla moglie la sua storia con Rinko. Yuge non disdegna l’idea di frequentare una donna vera, ma si diverte molto, nel frattempo, a scattare le foto dei luoghi visistati con la sua Ne-Ne, che in realtà vive in una piccola console riposta nel cestino della bici.
PROBLEMA DEMOGRAFICO
Niente rapporti carnali ovviamente, per gli appassionati delle relazioni virtuali. Il quartiere di Akihabara a Tokyo, luogo di riferimento della subcultura otaku, è il luogo adatto per scoprire il fenomeno delle strane relazioni di coppia, fenomeno che favorisce, tra l’altro, l’accentuarsi del problema demografico del paese. L’emergere di una generazione che preferisce manga, anime e computer al sesso non aiuta certamente a risolvere il basso tasso di natalità nazionale. Al ritmo attuale la popolazione nipponica si ridurrà di un terzo entro il 2060, e aumenta il numero di quesi giovani che Kunio Kitamura, rappresentante dell’Associazione per la pianificazione delle famiglie, parlando con la Bbc definisce «erbivori», privi di desideri carnali.
POCHI RAPPORTI SESSUALI
Le statistiche confermano. Secondo una ricerca del ministero della Salute, nel 2010 non mostrava interesse per il sesso il 36% appena dei maschi giapponesi di età compresa tra i 16 e i 19 anni, una cifra raddoppiata nel giro di soli due anni. Ma non solo. In un recente sondaggio solo il 27% delle donne e degli uomini giapponesi hanno dichiarato di avere più di un rapporto sessuale a settimana. Dati ai quali si aggiunge il calo di matrimoni, il tasso esiguo, solo il 2%, di bambini nati fuori dal matrimonio, e, infine, l’immigrazione quasi nulla. La bomba demografica, insomma, è pronta ad esplodere.
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Giappone: Hikikomori non denuncia la morte del padre
Di solito, quando una persona a noi cara ci lascia, dobbiamo affrontare le responsabilità che questo comporta. Comunque, un uomo di Osaka è noto per aver lasciato il cadavere di suo padre in casa, continuando a viverci come se niente fosse per due settimane, senza denunciare l’accaduto alle autorità. L’uomo ha riferito alla polizia che non poteva contattare nessuno riguardo la morte di suo padre, perché è un hikikomori.
Il 12 dicembre la polizia ha ricevuto una chiamata dal distretto di Asahi ad Osaka. Il 34enne disoccupato che viveva nel monolocale ha detto “Mio padre è morto.” L’uomo e suo padre hanno vissuto assieme a causa della salute cagionevole dell’uomo. Secondo delle investigazioni, la polizia locale ha trovato il cadavere del padre 68enne (il signor Nakao) sdraiato su un futon. Il corpo del padre non mostrava alcun segno di ferite esterne. L’hikikomori ha spiegato che il primo dicembre, aveva notato che suo padre non si era ancora svegliato, e poi che aveva smesso di respirare. Ha spiegato “Non ho denunciato la cosa alla polizia perché sono un hikikomori.” Piuttosto che contattare il mondo esterno, l’uomo ha preferito continuare a vivere col corpo in decomposizione di suo padre in un monolocale per quasi due settimane. Le autorità stanno investigando sulla causa della morte e hanno dato il via a misure precauzionali nei confronti dell’uomo accusato di abbandono di cadavere.
Per chi non è al corrente di questa piaga sociale tipicamente giapponese (ma sempre più diffusa anche nel resto del mondo), gli hikikomori (引きこもり) sono individui che si ritirano dalla società e da qualsiasi interazione con il prossimo per lunghissimi periodi di tempo. In molti casi, questa gente smette di uscire di casa, di lavorare o di sentire qualsiasi amico. Spesso si tratta di uomini di ceto sociale medio sui trent’anni che si affidano al supporto dei genitori, anche perché senza il loro aiuto finanziario l’hikikomori non potrebbe sostenere il suo stile di vita, visto che l’impossibilità di uscire di casa gli preclude non solo i rapporti sociali reali, ma anche la maggioranza dei lavori. In italiano si potrebbe definire costoro degli eremiti o degli auto-reclusi, con la differenza che un eremita sceglie di isolarsi, mentre l’hikikomori – pur se apparentemente scelga di restare chiuso in casa – cronicamente arriva un punto in cui la fobia sociale gli impedisce di uscire.
In Giappone purtroppo c’è un’alta concentrazione di questa condizione, con migliaia di persone che non riescono a trovare un lavoro o a proseguire i durissimi studi universitari giapponesi e si chiudono in se stessi. Un rapporto del governo giapponese attestava nel 2010 cl’esistenza di 700.000 hikikomori in Giappone e 1,55 milioni di persone sulla soglia di diventare hikikomori. Sembra che tutto questo nasca da una società rigida e dalla pressione culturale tipica delle scuole e dell’industria giapponese. Ad esempio, essere bocciato ad un esame di ammissione potrebbe essere una delle cause scatenanti, dal momento che solo studiare in una università prestigiosa assicura un buon lavoro ed uno status sociale adeguato ed i genitori investono molto nei propri figli in tal senso: non riuscire ad entrare in una di queste università, fallendo il durissimo test di ingresso, rappresenta motivo di vergogna e spinge all’isolamento individui molto giovani.
Il delicato argomento di questa piaga sociale viene trattato nell’anime Welcome to the N.H.K. (da cui è tratta la foto in alto) con una chiave a tratti ironica e demenziale, mentre per altri versi terribile e drammatica.
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