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Differenza tra emoglobina fetale ed adulta
Nel corso della vita si assiste ad una riqualificazione delle varietà di emoglobina presenti nel flusso sanguigno questo cambiamento ha inizio a partire dallo stato embrionale per proseguire nell’età puerile fino all’età adulta. L’emoglobina fetale costituisce la prima componente presente sin dalla vita fetale ed adempie al compito di trasportare l’ossigeno ricavato dalla madre ai vari tessuti del feto, si trova traccia di questa forma di emoglobina già nel primo trimestre e più precisamente è attiva pienamente durante gli ultimi sette mesi di gravidanza.
L’emoglobina fetale rispetto all’emoglobina presente in massima concentrazione nell’adulto si caratterizza per delle differenze a livello funzionale, soprattutto evidenzia una maggiore capacità di legarsi all’ossigeno rispetto alla forma dell’adulto.
Dopo la nascita i bambini con il passare dei mesi vanno incontro ad una graduale sostituzione dall’emoglobina con quella adulta, questo cambiamento si verifica più o meno verso la dodicesima settimana di vita postnatale e continua anche nei primi sei mesi di vita.
In età adulta nel sangue si trovano tre diversi tipi di emoglobina: la più alta concentrazione è data in particolare dalla forma HbA che è costituita da due coppie di catene, ossia di quella α e di quella ß; la seconda quota proteica è costituita da una bassa percentuale di HbA2, che invece è composta da due catene α e due catene δ; si trova poi in ultima lettura l’HbF, ovvero l’emoglobina fetale, costituita da due catene α e due catene γ, della quale negli adulti se ne trova solo una minima traccia visto che subito dopo la nascita tende spontaneamente e progressivamente a diminuire.
Se si riscontrano degli alti valori di emoglobina fetale nell’adulto rispetto ai livelli considerati normali allora il soggetto può essere affetto da una malattia di tipo genetico, in particolare si potrebbe trattare di condizioni patologiche come: la persistenza ereditaria di emoglobina fetale, alcune forme di talassemia (beta talassemia, delta-beta talassemia), anemia falciforme.
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Oggetto transizionale in bambini ed in età adulta: quali sono e loro significato
Com’è noto, buona parte del tempo del neonato è speso per dormire, infatti ad ogni poppata segue un periodo di sonno. Le cose cambiano man mano che il bambino cresce (e con lui il suo sistema nervoso). Il tempo di veglia aumenta progressivamente. Questo tempo varia da bambino a bambino e non è di nessuna utilità fare forzature. L’unica cosa utile è verificare l’eventuale insorgenza di qualche problema, spesso segnalata dal pianto. In questi casi l’adulto interviene fornendo al piccolo dei ninnoli con cui distrarsi, oppure cullandolo cantando una canzoncina. I ninnoli, ovvero gli oggetti (orsacchiotti, bambole, stoffe, etc) che vengono usati sono chiamati transizionali (termine coniato da Donald Woods Winnicott). Questi oggetti, che ricordano la mamma o la figura di attaccamento, rappresentano per il neonato un valore particolare perché per lui è la prima cosa che possiede. Questo oggetto, importante per lo sviluppo, rappresenta anche il primo contatto con la realtà.
Dormire significa separazione
Crescendo, il bambino dorme meno e mostra sempre maggiore interesse per il mondo che lo circonda. Questo interesse lo porta ad avere meno desiderio di dormire. Anche se ai genitori potrebbe non essere comodo, in realtà evidenzia che la crescita sta procedendo bene e quindi se ne dovrebbero compiacere. Tuttavia alcuni conflitti divengono necessari. Andare a letto diviene sempre più difficile e sorgono i primi capricci. Quando gli adulti impongono le ninne, il piccolo si sente allontanato dal mondo relazionale. L’andare a dormire si associa con una crescita di ansia: il bambino, costretto ad andare a letto potrebbe avvertire la paura della separazione, cioè la paura che il rapporto con il mondo possa cessare. Dormendo tutto scompare e quindi anche l’oggetto del proprio amore. Il bambino crescendo non si addormenta da solo : il sonno deve essere indotto attraverso atti preparativi graduali che possono favorire il suo rilassamento. Ecco quindi che si raccontano storie, oppure si cantano ninne nanne, il tutto in un ambiente adatto. In tutto questo, il bambino comincia a crearsi un rituale, propedeutico al sonno e se questo non accade, lui non si sente rassicurato. Abbandonarsi al sonno – un momento in cui siamo inermi – nei bambini così come per l’adulto, implica un atto di fiducia verso il mondo e le persone che ci circondano. Per il bambino, nel rituale c’è sempre quello di affidarsi ai famosi oggetti citati sopra (transazionali) che essendo stati caricati affettivamente hanno il potere quasi magico di facilitare il sonno e la fiducia verso l’ambiente circostante (anche se non è la propria cameretta).
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L’oggetto che compensa la perdita
L’oggetto che il bimbo stringe a se quando sta per addormentarsi, allontana la paura della separazione dal mondo relazionale. Quindi la distruttività di una separazione o di una perdita che si teme possa avvenire addormentandosi, viene compensata e risolta tramite l’oggetto che rimane stretto a se. Questi oggetti transizionali quindi, hanno un significato fondante per lo sviluppo psico affettivo e sociale del bambino, al punto che difficilmente ce se ne separa dal momento che diviene anche la prima esperienza di qualcosa che non è l’IO. Questo oggetto fa quindi da ponte tra oggetto (che ancora non viene percepito come esterno) e soggetto. In questa fase (parliamo di un bimbo tra i 6 mesi e i due anni) si esperisce una presenza esterna (la realtà) come sconosciuta o estranea che però tangibilmente, giorno dopo giorno, si sente di riuscire ad afferrarne sempre maggiori dettagli. Di pari passo man mano che si comincia a percepire se stessi (l’io), si allenta la totale dipendenza dalla mamma.
L’oggetto transizionale è un ponte tra dentro e fuori
Winnicott, il quale faceva parte della società psicoanalitica britannica, parte ovviamente da Freud. Il punto cardine è la fantasia, con cui gli esseri umani cercano di compensare una realtà frustrante e alla perenne ricerca di una sintesi tra realtà interna ed esterna. Lavorando su queste due realtà , Winnicott sosteneva che l’uomo utilizza oggetti esterni (transazionali) rappresentandoli come ponte tra il dentro e il fuori. Nel dentro, quindi nel soggetto con la propria realtà psichica; nel fuori e quindi nell’oggetto esterno ovvero nella realtà esterna. La mamma deve quindi inserirsi in questa dinamica al fine di autonomizzare il piccolo cercando di inserire una distanza che gradualmente cresce permettendo una lenta ma inesorabile separazione associata ad un aumento della fiducia verso la realtà esterna. Fallire in questo delicatissimo processo, vorrebbe dire condannare il bambino ad una simbiosi da cui difficilmente potrà dar luogo ad una identità separata. L’oggetto transizionale diviene quindi il ponte che gli permette il processo di differenziazione e quindi indipendenza dalla madre. Grazie a questa declinazione si può aggiungere che la cultura e il gioco non sono illusioni ma momenti di crescita. L’orsacchiotto quindi non è un mero oggetto, ma caricato dell’affettività citata sopra diviene un possesso. Si possiede un qualcosa che non è me, che non sta dentro me e che, fungendo da ponte, lega il fuori con il dentro, il me e il non me. Quindi l’oggetto transizionale non è un oggetto interno, ma neanche un oggetto esterno: allora cos’è? E’ una transizione tra i due.
Gli oggetti transizionali negli adulti
L’oggetto transizionale può a volte venir preso come un oggetto feticistico e rimanere vivo nella vita sessuale adulta. Ci troviamo di fronte ad un oggetto che è stato troppo investito e non è stato quindi posto nel mondo dei ricordi ma viene utilizzato come un sistema per negare eventuali vissuti di perdita o di separazione o di entrambi. Alcuni esempi tipici usati dagli adulti li possiamo trovare ad esempio nella sigaretta, come sostituto del ciuccio, nel toccarsi i propri capelli quando questo gesto lo faceva la nostra mamma per rassicurarci e farci addormentare, oppure nel bere la birra dalla bottiglia, ottima riproduzione del biberon. Questi solo quelli classici ma basta vedere il comportamento degli altri e focalizzarsi su quelli ripetitivi (toccarsi il lobo, il naso, il nodo della cravatta, la testa, etc) per rendersene conto. Oggi, grazie alla nostra modernissima era tecnologica, i bambini che una volta giocavano nel cortile, si relegano in cameretta e passano il loro tempo tra pc, video gioco e ipod anche perché i genitori si sono allontanati da loro. Il cellulare diviene la nuova “coperta di linus” che permette di relazionarsi con amici lontani (e non quelli del vecchio cortile che ahimè non esiste più) ma anche per evitare il controllo dei genitori e degli adulti in genere. La “coperta di linus” può infine anche essere legata alla dipendenza affettiva. Stare con una persona anche se non amata né desiderata, può essere una valida variante. Quella persona diviene un oggetto transizionale e non un partner.
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Strabismo nell’adulto: risultati dell’intervento
Uno strabismo nell’adulto è spesso uno strabismo infantile trascurato o una recidiva tardiva favorita da cause diverse quali: abbandoni della correzione ottica, comparsa della presbiopia, particolari condizioni di affaticamento visivo.
Uno strabismo nell’adulto può anche tradurre una paralisi acquisita dei muscoli oculari.
L’intervento chirurgico può essere necessario per corregger la deviazione oculare.
Intervento chirurgico
Prima dell’intervento viene eseguita un’indagine specialistica chiamata esame sensomotorio; il test è in grado di evidenziare quali muscoli stanno contribuendo allo strabismo e su quali è necessario intervenire per migliorare l’allineamento degli occhi. Si valuta se operare solo su uno o entrambi gli occhi. L’intervento richiede anestesia generale o locale; il paziente deve digiunare 8 ore prima dell’intervento. Il chirurgo esegue una incisione attraverso la congiuntiva per accedere ai muscoli dell’occhio; questi vengono staccati dalla parete oculare ed indeboliti, rafforzati o riposizionati con suture permanenti o riassorbibili. L’intervento dura generalmente 1 o 2 ore. In alcuni casi, possono essere necessari più interventi per correggere nel miglior modo possibile lo strabismo.
Rischi
Gli effetti collaterali associati alla chirurgia, sono:
- visione doppia;
- infezioni;
- dolore;
- rossore;
- sanguinamento;
- abrasione della corne;
- diminuzione della acuità visiva;
- distacco della retina;
- traumi alle strutture oculari;
- complicanze legate all’anestesia;
- allergia a materiali o sostanze usate nell’intervento;
- parziale disallineamento residuo.
Dopo l’intervento chirurgico
Il recupero dopo l’intervento richiedere generalmente alcune settimane. I bambini sono in grado di riprendere le loro normali attività nel giro di pochi giorni. Gli adulti non devono guidare, nuotare o fare sforzi intensi nei giorni successivi all’intervento. Il dolore viene gestito con analgesici come ibuprofene e con impacchi freddi. L’occhio rimane generalmente arrossato per un paio di settimane.
Risultati
I risultati dipendono da molti fattori come età del paziente, sue eventuali patologie e bravura del chirurgo. Nessun chirurgo oftalmico può garantire una riuscita totale dell’operazione. Un riallineamento corretto dei due occhi viene ottenuto nella maggioranza dei casi dopo uno o più interventi. Tuttavia la posizione degli occhi si modifica nei mesi o negli anni seguenti, soprattutto nel bambino. Per questo sono necessari dei controlli regolari anche dopo molti anni dall’interventi chirurgico. Il ripristino di una vista binoculare normale è possibile solo quando questa vista binoculare era già preesistente. Anche in questo caso non si può affermare prima dell’intervento che questo risultato sarà ottenuto. In molti casi l’intervento chirurgico nello strabismo non elimina del tutto la necessità ulteriore di occhiali correttivi al fine di assicurare la miglior vista possibile.
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Quanto è lungo l’intestino in adulto e neonato (tenue e crasso)
L’intestino di un essere umano adulto è lungo in tutto circa 7 metri, anche se questo dato è molto variabile da soggetto a soggetto. Si divide in intestino tenue ed intestino crasso.
- L’intestino tenue è il tratto iniziale più lungo, misura infatti 6,5 metri circa. Il duodeno è lungo circa 25 cm (10 pollici); il digiuno è lungo circa 2,5 m (8 piedi) e l’ileo è lungo circa 3,6 m. (12 piedi).
- L’intestino crasso costituisce l’ultima parte dell’apparato digestivo e misura mediamente 170 cm, con una superficie che varia da 640 a 1615 cm2 e un calibro che è di circa 7 cm a livello del cieco, 4,5 cm a livello del colon, aumenta in prossimità del retto per poi diminuire fino ai 2 cm dell’ano
L’intestino crasso è collegato a quello tenue dall’ileo (ultima parte dell’intestino tenue) e dal cieco (prima parte dell’intestino crasso) e, in esso, avviene l’ultima fase del processo digestivo che dura in tutto 32 ore.
Le dimensioni variano molto in base al sesso ed alle caratteristiche individuali: la normale lunghezza dell’intestino tenue varia da circa 3 a 7,2 m nella donna e da 4,8 a 7,8 m nell’uomo.
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Neonato
Nel neonato l’intestino tenue misura circa 2 metri, mentre il crasso circa 64 cm
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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Come cambia il sesso con l’età dall’infanzia alla menopausa
In ogni fase della vita si sperimenta un diverso approccio alla sessualità: dall’adolescenza alla menopausa, ecco cosa succede. Per capire meglio come cambia la sessualità nelle diverse fasi della vita, è opportuno partire dal concetto di salute sessuale: secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) è “uno stato di benessere fisico, emotivo, mentale e sociale correlato alla sessualità […],richiede un approccio positivo e rispettoso alla sessualità ed alle relazioni sessuali”, questa definizione rende evidente la molteplicità di fattori che si intersecano nella costruzione del proprio benessere sessuale.
Per semplificare l’argomento si può suddividere in tre ambiti:
- la funzione intesa come l’integrità anatomo-funzionale degli organi coinvolti nella risposta sessuale;
- l’identità sessuale, che comprende la percezione del proprio genere, della propria femminilità, del proprio ruolo di donna e di quella che viene definita la meta sessuale, che cambia con le epoche della vita;
- la relazione, che descrive la capacità di vivere erotismo, intimità e condivisione con un determinato partner.
Queste tre variabili si trasformano durante la vita della donna e ne declinano la risposta sessuale.
Seconda infanzia (3 – 6 anni)
Durante questa età il bambino spesso è avido di risposte su “da dove vengono i bambini”, indaga per soddisfare la curiosità sul corpo degli altri bambini e degli adulti, dall’età di quattro anni il bambino mostra attaccamento fisico ed emotivo al genitore del sesso opposto, inizia ad avere il senso del pudore e a capire la differenza tra piacere pubblico e privato. Recenti studi in Svezia hanno convalidato che la pratica della masturbazione in questa età è inusuale, tuttavia alcuni iniziano a toccarsi i genitali se sono stanchi o turbati; questa circostanza, che comunque non deve necessariamente essere confusa con la masturbazione, si manifesta meno raramente nei maschi che nelle femmine.
Fanciullezza (6- 9 anni)
In questa età gli sviluppi sono considerabilmente vari a seconda del soggetto. Il fanciullo diventa consapevole delle differenze legate al genere (maschio o femmina) e la scelta di amici dello stesso sesso diviene via via sempre più marcata, parimenti alla esclusione dell’altro sesso. Subentra alla esclusiva attrazione per il genitore del sesso opposto maggior attaccamento verso il genitore dello stesso sesso. La fanciulla aumenta la consapevolezza sui costumi sociali riguardanti il sesso, la nudità e la riservatezza. I fanciulli possono esprimere un linguaggio di natura sessuale per suscitare nell’adulto una reazione.
Pre-pubertà (9 – 12 anni)
In questa fase può iniziare a divenire comune la masturbazione. Fino alla pubertà si potrà avere orgasmo asciutto cioè senza seme. La capacità di eiaculare si svilupperà gradualmente con tempi sostanzialmente uguali in tutte le etnie e culture. È comunque possibile avere un orgasmo anche nella fanciullezza.
Adolescenza
La sessualità nell’adolescenza è caratterizzata dalla trasformazione fisica che avviene durante il passaggio attraverso la pubertà, la funzione corporea è solitamente integra, inizia la ciclicità mestruale nelle giovani e l’emissione di sperma nei ragazzi, inoltre vi è una notevole attivazione della fantasia e della capacità di provare sensazioni fisiche. Questa predisposizione è accompagnata da sbalzi ormonali che rendono instabile l’emotività e quindi la percezione di sé, inoltre l’identità sessuale è in fase di costruzione, le ragazze fluttuano tra curiosità e timori, percezioni e insicurezze. Normalmente le relazioni in questa fase sono instabili, i ragazzi cercano di capire quali canali utilizzare per entrare in sintonia con l’altro, e spesso si trovano a cercare conferme ed informazioni in ambiti poco rassicuranti come il gruppo, dove il confronto è basato su parametri di performance e non certo di intimità, o, peggio, in rete dove la difficoltà di filtrare le informazioni e le immagini crea fantasie falsate e spesso molto frustranti.
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Età adulta
L’età adulta è dominata dalla percezione della fertilità, il corpo può subire variazioni dovute all’utilizzo di contraccezione ormonale, o al verificarsi di gravidanze e parti; il rapporto con la propria corporeità è spesso funzionale all’esprimersi o meno della propria fertilità. La risposta sessuale è più consapevole e la percezione dei propri bisogni dovrebbe essere più piena, infatti l’identità sessuale è ben costruita e solidificata e le relazioni sono tendenzialmente più stabili. Questa è la fase più sfaccettata della sessualità, ed è importante che una donna in questa fase della propria vita riesca ad impossessarsi della propria corporeità tanto da attraversare i cambiamenti di ruolo e fisici con serenità e piena consapevolezza.
Menopausa
Con la menopausa inizia ad esserci un deterioramento dell’integrità fisica, il corpo è meno sensibile e la sensorialità meno istintiva, è il momento in cui una donna deve ristrutturare la propria identità, rivalutare il proprio ruolo di donna matura anche nella gestione del proprio corpo. Diventa necessario attuare strategie di prevenzione e cura per mantenere trofismo e lubrificazione vaginale, e ricostruire una nuova mappa corporea per sé e per il partner, in menopausa la sessualità basata sulla penetrazione diventerà meno dominante e le coppie che hanno costruito una complicità forte ed intima durante la loro vita insieme possono riuscire a creare una sessualità più individuale e personale, svincolata dalle dinamiche della procreazione e più basata sulla conoscenza e sull’ascolto reciproco. Questo breve volo sull’evolversi della sessualità attraverso le età rende evidente come in questo campo sia importante imparare ad ascoltare i propri bisogni ed essere disposte ad evolversi con essi, però per farlo è necessario svincolarsi da stereotipi che paralizzano come quelli estetici, spesso il corpo viene vissuto come “sessuale” solo se bello o magro o tonico e performante. La sessualità umana non è fatta di azioni e performance, è fatta di abbandono, percezione ed intimità. L’equivalente maschile è l’andropausa, che ha però connotazioni più sfumate, dal momento che un uomo può potenzialmente avere un figlio anche in età molto avanzata.
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Lo staff di Medicina OnLine
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Vaccini: servono davvero? Tutte le verità scientifiche
Quando si rompe un tubo in casa, io chiamo il professionista dei tubi, cioè il mio idraulico di fiducia. Se lui mi dice che devo effettuare un certo lavoro, io lo faccio perché io sono un medico e di tubi non ci capisco… un tubo! L’esperto è lui: ad ognuno il suo lavoro. Penso che questo valga un po’ per chiunque. Mi chiedo perché invece, quando si tratta una cosa un pelino più importante – la nostra salute – ognuno diventa esperto, anche se si occupa di edilizia, di vendere immobili o di software per computer. Gente che non saprebbe dire manco la differenza non dico tra una glicoproteina CD4 ed una glicoproteina CD8, ma neanche tra un virus ed un batterio, improvvisamente diventa esperta di biologia molecolare ed esprime giudizi netti sui vaccini, condannandoli. Ma il problema non è tanto se un trentenne pensa che i vaccini siano il male assoluto: il problema è che non vaccina i suoi figli, bambini inermi che subiscono le scelte scellerate dei genitori. E’ proprio a questi genitori sono dedicate le prossime verità scientifiche.
Cosa sono i vaccini ed a cosa servono?
I vaccini sono preparati somministrati all’organismo per prevenire alcune malattie infettive. Stimolano il sistema immunitario affinché si difenda contro specifici germi, contenuti al loro interno in forma inattiva, ovvero incapaci di provocare la malattia ma in grado di stimolare la produzione di anticorpi per contrastarla.
Quali malattie si possono prevenire?
Le malattie che ad oggi i vaccini prevengono sono numerose: difterite, epatite A, epatite B, herpes zoster, influenza, meningiti, sepsi, polmoniti, morbillo, tumori e malattie dovute a papilloma virus, parotite, pertosse, poliomielite, rosolia, diarree infantili da rotavirus, tetano, varicella.
Perché dovremmo vaccinarci?
Perché i vaccini ci proteggono dalle malattie infettive. Pertanto più individui della comunità sono vaccinati, meno probabile è il contagio. Ne consegue una riduzione notevole del numero di persone malate.
A chi sono destinate le vaccinazioni?
Esistono vaccini di varie tipologie, la maggior parte dei quali sono destinati a bambini ed adolescenti. Tuttavia ci sono vaccinazioni per tutte le età, consigliate soprattutto alle “categorie a rischio” ovvero più deboli per età, stato di salute o particolari condizioni come la gravidanza. Esistono poi vaccini specifici per chi viaggia in paesi a rischio.
Perché bisognerebbe vaccinare da subito i bambini?
Perché vaccinarli nei primi mesi di vita consente di proteggerli fin da subito da eventuali malattie infettive. Ciò è possibile perché il sistema immunitario risponde bene ai vaccini anche in tenera età.
Le vaccinazioni sono obbligatorie?
No, ma sono raccomandate per l’alto valore preventivo individuale e collettivo, in base alle indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e del Ministero della Salute.
Le vaccinazioni comportano effetti collaterali?
Gli effetti collaterali delle vaccinazioni, sempre che si manifestino, sono molto lievi e di breve durata: da febbre moderata a leggere reazioni infiammatorie intorno all’iniezione. Eventuali reazioni allergiche sono rarissime e si manifestano subito, ragion per cui si deve attendere una ventina di minuti prima di lasciare l’ambulatorio.
No, non si possono prevedere né prevenire tramite accertamenti di laboratorio ma il medico curante o il personale dei centri vaccinali può identificare eventuali situazioni a rischio.
Come e quando vanno effettuate le vaccinazioni?
Le vaccinazioni si effettuano negli ambulatori vaccinali del Sistema Sanitario Regionale e le prime vaccinazioni infantili vengono comunicate con lettera postale accompagnata da opuscolo informativo e calendario. Il genitore viene quindi invitato a un colloquio per firmare l’adesione alla vaccinazione. E’ invece il medico curante a proporre le vaccinazioni per le categorie a rischio, che possono essere eseguite da lui stesso o presso gli ambulatori.
I vaccini servono davvero?
Certamente si, ne sono così convinto che ho vaccinato mio figlio e credo che basti a farvi capire la fiducia che ho in essi.
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