The Lobster (2015): trama, recensione e spiegazione del film

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Una scena del film The Lobster

The lobster. Un film di Yorgos Lanthimos. Con Colin Farrell, Rachel Weisz, Jessica Barden, Olivia Colman, Ashley Jensen. Titolo originale The Lobster. Fantascienza, durata 118 min. – Grecia, Gran Bretagna, Irlanda, Paesi Bassi, Francia 2015

Il regista Yorgos Lanthimos è un geniale creatore di mondi. The Lobster è un film unico soprattutto per il soggetto, che inventa un mondo totalitario che è al contempo lontanissimo dal nostro, ma che potrebbe paradossalmente, già essere il nostro. La genesi della sceneggiatura di The Lobster (che tradotto significa “l’aragosta“) è stata caratterizzata da un lungo processo di osservazione e discussioni tra Lanthimos e Filippou, attorno ai temi della vita, delle persone, dei rapporti e dei comportamenti umani. I due hanno iniziato a sviluppare quella che inizialmente era solo un’idea trasformandola, poi, in una vera e propria trama, da esplorare più a fondo. Come spiega più dettagliatamente Lanthimos: “L’idea di questo film è nata dalle discussioni su come le persone sentono la necessità di trovarsi costantemente in una relazione amorosa, sul modo in cui alcuni vedono coloro che non hanno una relazione; su come si venga considerati falliti se non si sta con qualcuno; su cosa arrivano a fare certe persone pur di trovarsi un compagno; sulla paura; e su tutto ciò che ci succede quando cerchiamo un partner.”“Bastava osservare sia gli amici che gli sconosciuti,” sottolinea Filippou, “E poi riflettere su come vivono e reagiscono di fronte a situazioni differenti. La necessità principale era quella di scrivere qualcosa sul tema dell’amore. Perciò abbiamo cercato di pensare all’attuale significato dell’amore per gli esseri umani; a come sia collegato al concetto di solitudine e di compagnia.” Questo, in essenza, sembrava il focus ideale per la loro terza collaborazione. The Lobster descrive due mondi diversi, come spiega più approfonditamente Filippou: “Un mondo dove vivono le coppie, opposto a un mondo dove vivono i solitari. Il film cerca di descrivere com’è avere un compagno e com’è stare da soli nella vita.”

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Il soggetto (ATTENZIONE SPOILER)

Esiste un mondo in cui se a 40 anni sei single vieni deportato in un hotel di lusso assieme agli altri “individualisti” come te e lì hai 45 giorni di tempo per trovare l’anima gemella e innamorarti. Le regole sono severissime (se ti beccano a masturbarti ti infilano la mano colpevole in un tostapane rovente…). Se ce la fai e ti accoppi, sei libero, se non ce fai vieni trasformato in un animale a tua scelta, che devi indicare subito al momento del tuo ingresso nell’hotel/lager.
La direttrice dell’hotel si rivela essere una specie di poliziotto carcerario. Le regole che governano l’Hotel sono tediose, complesse e inflessibili. Tutti i detenuti devono obbligatoriamente indossare un’uniforme particolare e seguire un programma rigoroso. Tutti vivono nel terrore di quello che potrebbe accadergli nel caso in cui non si conformassero alle regole. La direttrice mi ricorda molto l’infermiera Ratched (l’infermiera del film Qualcuno volò sul nido del Cuculo). È lei che ha il compito di trasformare le persone in animali se non riescono a trovarsi un compagno.

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Vie d’uscita a questo triste destino?

In teoria puoi sempre provare a scappare. Nei boschi intorno all’hotel vivono i solitari, fuggiaschi che sono riusciti ad evadere. Se vuoi, puoi provare ad unirti a loro. Salvo scoprire che fra loro vigono regole ancora più feroci e crudeli, anche se rovesciate, rispetto a quelle che strutturavano la vita nell’hotel. Si potrebbe infatti pensare che lasciare un sistema così indottrinato come quello dell’hotel per andare nella foresta significhi ottenere la libertà da tutte le regole e strutture artefatto dell’hotel, ma presto si capisce che qualsiasi tipo di struttura dominante, o di regola dura, imposta sugli esseri umani, prima o poi, si rivela innaturale. In sostanza, il mondo dei solitari (il bosco) è ugualmente, se non addirittura maggiormente, brutale di quello dell’hotel. La natura è solo metafora di una finta libertà, che si rivela essere peggio della vita “vera”, come nel finale di quel capolavoro che è Brazil di Terry Gilliam.

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Spiegazione di The Lobster

Rispetto a tanti film che parlano dell’amore per luoghi comuni, per sdolcinatezze languorose, per esibizioni ginnico-muscolari, o per finte provocazioni pseudo-trasgressive, Yorgos Lanthimos ci dice in realtà come proprio intorno all’amore – a come si deve amare, a chi si deve amare, a cosa significhi amare – si imbastiscano i peggiori totalitarismi del nostro tempo. O forse anche i peggiori totalitarismi tout court. Perché The Lobster è come un film fuori dal tempo. Rispetto a chi ti dice che sei obbligato ad amare, o a chi ti dice che ti è proibito amare, Lanthimos rivendica – con gesto anarchico e libertario – il valore ribelle della scelta individuale. Fai quello che senti e quello che vuoi. A qualunque costo, anche a costo di precipitare nell’amore cieco, cioè in quello che ti priva letteralmente del senso della vista. Come capita, appunto, nel finale. Non solo al protagonista, ma anche a noi. Che per qualche secondo proviamo la vertigine di vedere uno schermo totalmente nero. Nel buio, non vediamo più nulla. Che è successo? Stiamo provando anche noi l’esperienza dell’amore cieco?

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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