Con “metastasi” in medicina si intende cellule maligne che si staccano dal tumore originario (chiamato “tumore primario“) e – attraverso varie vie come ad esempio il sangue – si diffondono in altri organi più o meno distanti dal sito di origine, dove possono riprodursi e generare nuovi tumori. Rispetto alle cellule normali, quelle tumorali che poi danno origine a metastasi non sono attaccate le une alle altre e sono anche in grado dare origine a sostanze e a cambiamenti nella propria struttura che le rendono più adatte al movimento. Le metastasi, nella maggior parte dei casi, sono tipiche delle fasi più avanzate della progressione del tumore che inizialmente è localizzato, cioè limitato all’organo dove si è formato, e solo in seguito cresce e colonizza altri distretti dell’organismo. Alla classificazione TNM, la presenza di metastasi è indicata dalla sigla M1. La presenza di metastasi, come linea generale, peggiora decisamente la stadiazione e quindi la prognosi, rendendo spesso il tumore non resecabile e la malattia terminale.
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Tutti i tumori danno metastasi?
No, solo i tumori maligni (cioè il cancro) possono dare metastasi. I tumori benigni (quindi NON il cancro) NON possono dare metastasi per definizione.
Metastasi e gravità di un tumore
La presenza di metastasi a distanza e generalmente un elemento prognostico decisamente negativo: in parole semplici, se il tumore ha metastizzato è di solito considerato molto grave e le aspettative di vita del paziente sono molto ridotte, come anche le possibilità di cura. Ad esempio, se osserviamo lo schema in alto – che mostra la stadiazione per i tumori polmonari – notiamo come basti la presenza di metastasi (a prescindere dall’estensione del tumore primario e dell’interessamento linfonodale) per porre il paziente con cancro del polmone nel quarto stadio di gravità, cioè il peggiore, quello caratterizzato dall’impossibilità di resecare il tumore, con una possibilità di sopravvivenza a 5 anni di circa 1%, cioè generalmente solo un paziente in stadio IV è ancora vivo a 5 anni di distanza dalla diagnosi. L’aspettativa di vita in questi pazienti è di circa otto mesi se sottoposti a chemioterapia e di circa 2 anni in caso di trattamento immunoterapico. L’assenza di metastasi (M0) è al contrario un elemento prognostico decisamente positivo e nella maggioranza dei casi denota la possibilità di resecabilità del tumore, oltre ad una aspettativa di vita maggiore rispetto ai pazienti con metastasi. In alcuni casi, in presenza di tumore con metastasi (quindi non resecabile) ed in caso di inoperabilità (ad esempio paziente molto anziano e debilitato, che difficilmente riuscirebbe a sopportare interventi chirurgici invasivi ed anestesia generale), si potrebbe decidere di NON intervenire se non con cure palliative, capaci di fornire la maggior qualità della vita possibile al paziente terminale.
Tutti i tumori maligni danno metastasi?
La medicina ancora sta indagando sul funzionamento della metastasi. Ad esempio alcuni tumori della pelle, melanoma escluso, pur essendo maligni è più raro che diano vita a un processo di metastatizzazione. Questo dipende dal fatto che se è facile per una cellula tumorale raggiungere altri organi tramite il flusso sanguigno o linfatico, è difficile riuscire ad attecchire. Secondo recenti studi dell’Istituto per la ricerca e la cura del cancro di Candiolo, a consentire che ciò avvenga sarebbe un gene, chiamato MET, che svolgerebbe un ruolo importante nella formazione del tumore e delle metastasi. Bisogna dire che oggi si interviene con sempre maggiore successo anche in caso di tumori maligni con metastasi, nonostante quest’ultima resti una delle maggiori cause di mortalità in questa patologia.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine