Proprio come il famoso Re Mida, che aveva la capacità di trasformare in oro qualsiasi cosa toccasse, anche dei piccoli microrganismi sembrerebbero avere questo straordinario potere. Sono alcuni ceppi di batteri che, secondo i ricercatori australiani dell’università di Adelaide, potrebbero in futuro trasformarsi in vere e proprie fabbriche di pepite: in uno studio, apparso su Chemical Geology, il team di esperti ha dimostrato, infatti, come questi speciali microrganismi potrebbero fornire la chiave per riutilizzare miniere esaurite, riciclare i rifiuti elettronici e cercare nuovi depositi minerari.
Come qualsiasi altro elemento della Terra, l’oro viene continuamente elaborato dai microrganismi in un continuo ciclo di reazioni che portano a disciogliere i granelli d’oro dai minerali in cui è legato o a concentrarlo in piccole pepite di oro puro (ciclo biogeochimico dell’oro).“In natura, l’oro entra nei terreni, sedimenti e vie fluviali attraverso gli agenti atmosferici biogeochemici per finire poi nell’oceano”, spiega Frank Reith, uno degli autori dello studio.
“Alcuni batteri, tuttavia, possono sciogliere e riconcentrare l’oro, in un processo che elimina gran parte dell’argento e forma pepite d’oro”.
Da più di dieci anni i ricercatori australiani hanno provato a far luce sul ruolo che questi microrganismi avessero nella trasformazione dell’oro. “Sapevamo già dell’esistenza di questi processi”, spiega Reith.“Ma per la prima volta sappiamo che queste trasformazioni avvengono in appena pochi anni o decenni, giusto un battito di ciglia se paragonato su scale geologiche”.
Analizzando i granuli d’oro raccolti a West Coast Creek, in Australia, lo studio ha dimostrato che su ogni granello d’oro si erano verificati cinque “eventi” del ciclo biogeochemico dell’oro, processi biochimici che si svolgono con l’intervento dei batteri. La scoperta inaspettata è che questi processi sono molto veloci (considerando i tempi delle trasformazioni geochimiche): tra i 3,5 e gli 11,7 anni. Tempi che fanno pensare che sia possibile utilizzare questi batteri per migliorare i processi di estrazione dell’oro e ricerca di nuovi giacimenti.“Questi risultati ci hanno sorpreso e potrebbero aprire la strada per molte interessanti applicazioni, come rendere più rapidi ed efficienti i processi di estrazione dell’oro e semplificare i meccanismi necessari per estrarre l’oro da vecchie scorie o rifiuti elettronici”, conclude Jeremiah Shuster, che ha collaborato allo studio.
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