Dalla prima missione spaziale ad oggi le tecnologie con cui vengono realizzate le tute spaziali si sono notevolmente evolute. Non considerando ancora la possibilità per gli astronauti di uscire all’esterno dello shuttle, le prime esplorazioni dell’universo si avvalevano infatti di strumentazioni e materiali leggeri già utilizzati per attività aeronautiche e sottomarine.
I progressi e le scoperte successive, a cui la silenziosa corsa all’innovazione di Stati Uniti e Russia ha fatto da motore, hanno portato a grosse trasformazioni degli indumenti spaziali; evoluzione grazie a cui, durante le spedizioni extraveicolari, gli astronauti sono oggi protetti dal vuoto esterno, dove la pressione è a zero, dai bruschi sbalzi termici (si passa da -100° all’ombra a +120° alla luce) e dall’azione dei raggi cosmici, come radiazioni ultraviolette e a infrarossi non filtrati dall’atmosfera.
Nonostante Stati Uniti e Russia ne abbiano sviluppato diversi modelli, fondamentalmente ogni tuta spaziale è pressurizzata internamente e composta da undici (o dodici) rivestimenti posti uno sull’altro, ognuno progettato diversamente a seconda della funzione da svolgere:
1° e 2°: si chiamano rispettivamente “Liquid Cooling e Ventilation Garment” (LCVG), sono simili a una calzamaglia a contatto con la pelle e permettono al corpo dell’astronauta di termoregolarsi. Allontanano il calore dal corpo attraverso una trama di piccoli tubi entro cui defluisce acqua fredda e immagazzinano anidride carbonica facendo confluire l’aria espirata in un tubo più grande collocato nel primo strato.
3°: permette al corpo di traspirare, è realizzato in nylon e ricoperto di gomma artificiale.
4°: stabilizza la pressione evitando fastidiosi rigonfiamenti della tuta ed è composto di poliestere.
5°: costruito col polimero conosciuto come mylar, che essendo interamente avvolto di alluminio, garantisce la protezione dalle radiazioni, dal calore e da eventuali strappi o escoriazioni della tuta.
6°-10°: è fondamentalmente una fitta barriera che protegge il corpo dalle alte temperature.
11°: conosciuto come Thermal Micrometeoroid Garment (TMG), è fatto di Gore-Tex, un tessuto sintetico traspirante e impermeabile che protegge l’astronauta dall’urto con piccoli meteoriti.
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Mentre le tute sovietiche sono costituite da un unico indumento, quelle statunitensi sono composte di più parti. Nella zona superiore si trova il busto (Hard Upper Torso), realizzato in fibra di vetro e collegato alle altre due componenti, cioè il casco, in policarbonato, e i guanti, formati da uno strato di gomma esterno e piccoli dispositivi di riscaldamento posti sulla punta delle dita.
La zona inferiore del corpo è invece coperta da un unico indumento, l’unità Lower Torso Assembly (LTA) che è composta dalla parte delle gambe, caratterizzata da una striscia colorata che identifica l’astronauta, da calzature tipo stivale e articolazioni mobili posizionate a livello di ginocchia e caviglie.
Fanno invece parte degli accessori un serbatoio per bere (In-suit Drink Bag) di circa due litri di capacità posto all’altezza del petto e un materiale assorbente(Maximum Absorption Garment) grazie a cui l’astronauta può espletare le proprie naturali funzioni fisiologiche.
Tra gli strumenti invece, collocati fuori o dentro la tuta, troviamo le luci applicate al casco, una telecamera in collegamento con la cella spaziale e con la Terra, e il sistema di comunicazione (Communications Carrier Assembly) formato da microfoni e auricolari. A monitorare la strumentazione disponibile sulla tuta ci pensa un modulo di controllo (Display and Control Module) posto nella parte addominale e visualizzabile attraverso uno specchio collocato sul polso. L’astronauta può così sorvegliare e modificare la temperatura interna, monitorare l’attività cardiaca, l’ossigeno residuo e l’intensità delle radiazione spaziali.
Il grosso zaino che ogni astronauta indossa sulle spalle è chiamato Primary Life Support System (PLSS) ed è di importanza strategica per le uscite spaziali, poiché contiene dispositivi come le batterie, l’impianto di filtraggio dell’aria, l’antenna per le comunicazioni, un serbatoio di raffreddamento dell’acqua, un sublimatore, quattro serbatoi d’ossigeno e un sistema di allarme in caso di malfunzionamento della strumentazione.
Il peso complessivo di una tuta può superare i cento chilogrammi e il loro costo spesso oltrepassa l’impressionante cifra del milione di dollari. Per questo motivo mentre un tempo erano realizzate su misura, oggi la dimensione delle tute è stata standardizzata, per cui può aspirare alla carriera da astronauta solo chi è alto tra gli 1.67 e i 1.87 metri.
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