Le fratture del femore prossimale, conseguenza dell’involuzione osteoporotica dello scheletro, sono in continuo aumento nei Paesi industrializzati. Ciò è legato fondamentalmente al progressivo invecchiamento della popolazione, e, seppure in misura minore, ad altri fattori, quali un’aumentata fragilità ossea dovuta alla maggiore sedentarietà della popolazione; un ulteriore elemento favorente potrebbe essere la maggior frequenza di cadute legate ed una condizione generale di salute mediamente più scadente negli anziani di oggi rispetto a quella dei relativamente pochi individui che in passato raggiungevano età molto avanzate.
Alta mortalità
Nelle indagini svolte recentemente dall’Istituto Rizzoli, nell’anno successivo all’intervento, è stato riscontrato un eccesso di mortalità rispetto ai valori attesi, calcolati in base alle tavole di mortalità della popolazione bolognese, (rischio attribuibile) pari al 21% circa negli uomini ed al 13% circa nelle donne; il fenomeno nel campione esaminato è risultato particolarmente evidente nei primi mesi ma diminuisce nel tempo, fino ad annullarsi intorno dopo 8 – 9 mesi dall’intervento. Le fratture del femore prossimale nel paziente anziano costituiscono un importante problema sanitario nei Paesi industrializzati. Numerosi ricercatori hanno infatti dimostrato che, nonostante i progressi nell’anestesia, nelle tecniche chirurgiche e nell’assistenza, ancora oggi il tasso di mortalità nei mesi successivi all’evento traumatico risulta notevolmente elevato. Sono state inoltre svolte indagini per stabilire quali siano i principali fattori che si associano a tale eccesso di mortalità, ma i risultati ottenuti hanno portato a conclusioni spesso discordanti.
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Perché la frattura di femore può portare al decesso?
La frattura di femore può determinare la morte del paziente a causa di:
- Infezioni. Se la frattura è esposta, ossia se in seguito al trauma i tronconi dell’osso hanno lacerato i tessuti e sono fuoriusciti all’esterno, è elevato il rischio di infezioni. L’osteomielite è la più comune ed anche la più difficile da curarsi.
- Gravi lesioni dei tessuti come vasi sanguigni, nervi, capsule articolari. Le complicanze possono essere immediate con gravi emorragie che se non ridotte immediatamente possono comportare la morte dell’infortunato. Possono però comportare anche delle complicanze successive come nel caso delle fratture sottocapitate che, poiché generalmente danneggiano la vascolarizzazione della capsula articolare e della testa del femore che è già scarsamente irrorata, possono provocare necrosi della testa dell’osso.
- Età. Elevata età media del paziente con frattura di femore.
- Emorragie interne. Anche se la frattura non è esposta possono aversi forti emorragie e conseguenti shock per il ridotto volume sanguigno in circolo.
- Shock neurogeno causato dal fortissimo dolore.
- Embolia (ostruzione di un’arteria causata da un coagulo di sangue o da una bolla d’aria). In conseguenza della rottura dell’osso i midolli ossei possono introdursi attraverso la rottura di un vaso nel torrente sanguigno e bloccarsi negli alveoli polmonari (embolia polmonare) o nel cervello (ictus cerebrale). Per approfondire: Embolia polmonare: massiva, diagnosi, da tumore, terapia
- Sindrome compartimentale. In seguito al trauma la muscolatura potrebbe essere interessata da un’importante tumefazione che riempie i compartimenti muscolo/osso. Se non sottoposta ad opportune cure la sindrome può evolversi in necrosi muscolare. Può capitare che la sindrome compartimentale sia particolarmente acuta ed allora bisogna con urgenza intervenire chirurgicamente praticando incisioni verticali nei compartimenti interessati per alleviare la pressione.
- Lesioni da decubito, tipiche dei pazienti anziani immobilizzati a letto per lunghi periodi durante la riabilitazione; a tale proposito leggi anche: Lesioni da decubito: prevenzione, stadi, classificazione e trattamento
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