Emozioni: cosa sono, classificazione, importanza e stress

brain-lightsLe emozioni sono stati mentali e fisiologici associati a modificazioni psicofisiologiche, a stimoli interni o esterni, naturali o appresi. In termini evolutivi, o darwiniani, la loro principale funzione consiste nel rendere più efficace la reazione dell’individuo a situazioni in cui si rende necessaria una risposta immediata ai fini della sopravvivenza, reazione che non utilizzi cioè processi cognitivi ed elaborazione cosciente. Le emozioni rivestono anche una funzione relazionale (comunicazione agli altri delle proprie reazioni psicofisiologiche) e una funzione autoregolativa (comprensione delle proprie modificazioni psicofisiologiche). Si differenziano quindi dai sentimenti e dagli stati d’animo.

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Reazioni psicofisiologiche

Secondo la teoria centrale di Cannon-Bard, lo stimolo emotigeno, che può essere un evento, una scena, un’espressione del volto o un particolare tono di voce, viene elaborato in prima istanza dai centri sottocorticali dell’encefalo, in particolare l’amigdala che riceve l’informazione direttamente dai nuclei posteriori del talamo (via talamica o sottocorticale) e provoca una prima reazione autonomica e neuroendocrina con la funzione di mettere in allerta l’organismo. In questa fase l’emozione determina quindi diverse modificazioni somatiche, come ad esempio la variazione delle pulsazioni cardiache, l’aumento o la diminuzione della sudorazione, l’accelerazione del ritmo respiratorio, l’aumento o il rilassamento della tensione muscolare. Lo stimolo emotigeno viene contemporaneamente inviato dal talamo alle cortecce associative, dove viene elaborato in maniera più lenta ma più raffinata; a questo punto, secondo la valutazione, viene emessa un tipo di risposta considerata più adeguata alla situazione, soprattutto in riferimento alle “regole di esibizione” che appartengono al proprio ambiente culturale. Le emozioni, quindi, inizialmente sono inconsapevoli; solo in un secondo momento noi “proviamo” l’emozione, abbiamo cioè un sentimento. Normalmente l’individuo che prova una emozione diventa cosciente delle proprie modificazioni somatiche (si rende conto di avere le mani sudate, il battito cardiaco accelerato, etc.) ed applica un nome a queste variazioni psicofisiologiche (“paura”, “gioia”, “disgusto”, ecc.). Si possono tuttavia avere delle reazioni emotive, delle quali però si è inconsapevoli, anche in assenza di modificazioni psicofisiologiche, come è stato proposto dal neuropsicologo Antonio Damasio, attraverso i circuiti del “come se”. Si può inoltre avere una reazione psicofisiologica ma non essere in grado di connotarla con una etichetta cognitiva, come nel caso dell’alessitimia.

Caratteristiche delle emozioni

Replicando gli studi compiuti da Charles Darwin nel libro pionieristico “L’espressione delle emozioni negli uomini e negli animali” (1872), lo psicologo americano Paul Ekman ha confermato che una caratteristica importante delle emozioni fondamentali è data dal fatto che vengono espresse universalmente, cioè da tutti in qualsiasi luogo, tempo e cultura attraverso modalità simili. Come suggerisce il titolo del libro di Darwin, anche gli animali provano emozioni: hanno circuiti neurali simili, hanno reazioni comportamentali simili e le modificazioni psicofisiologiche da essi sperimentate svolgono le stesse funzioni. Allo stato attuale non è possibile affermare scientificamente che gli animali provino anche i sentimenti, perché ciò richiederebbe che abbiano una forma di coscienza. Ekman, ha analizzato come le espressioni facciali corrispondenti ad ogni singola emozione interessino gli stessi tipi di muscoli facciali e allo stesso modo, indipendentemente da fattori quali latitudine, cultura e etnia. Tale indagine è stata suffragata da esperimenti condotti anche con soggetti appartenenti a popolazioni che ancora vivono in modo “primitivo”, in particolare della Papua Nuova Guinea. L’emozione ha altresì effetto sugli aspetti cognitivi: può causare diminuzioni o miglioramenti nella capacità di concentrazione, confusione, smarrimento, allerta, e così via. Il volto e il linguaggio verbale possono quindi riflettere all’esterno le emozioni più profonde: una voce tremolante, un tono alterato, un sorriso solare, la fronte corrugata indicano la presenza di uno specifico stato emotivo.

Lo sviluppo delle emozioni

Il neonato evidenzia tre emozioni fondamentali che vengono definite “innate”: paura, amore, ira (Watson, 1924). Entro i primi cinque anni di vita manifesta altre emozioni fondamentali quali vergogna, ansia, gelosia, invidia. L’evoluzione delle emozioni consente al bambino di comprendere la differenza tra il mondo interno ed esterno, oltre a conoscere meglio se stesso. Dopo il sesto anno di età, il bambino è capace di mascherare le sue emozioni e di manifestare quelle che si aspettano gli altri da lui. A questo punto dello sviluppo il bambino deve imparare a controllare le emozioni, soprattutto quelle ritenute socialmente non convenienti, senza per questo indurre condizioni di disagio psicofisico. Saper riconoscere e identificare i segnali emotivi “sul nascere” significa cogliere stati che potrebbero alterare l’armonia tra mente e corpo, permette di mantenere la lucidità mentale necessaria e di conseguenza consente di imparare a gestire le emozioni con maggiore consapevolezza. Questa nuova alfabetizzazione alle emozioni è una tendenza importante per la formazione degli adulti soprattutto per gestire situazioni di crisi relazionale e nel campo della sicurezza o delle performance sportive, sociali, e umane in generale. Educare all’emozione diventa sempre più un aspetto rilevante anche per la crescita del bambino. Secondo le indicazioni ministeriali, nei programmi didattici contemporanei, anche nella scuola primaria, diventa essenziale per un insegnante riconoscere gli stati emotivi dei propri allievi e supportarli con il dovuto sostegno ai fini dello sviluppo psichico. Ciò permette loro di relazionarsi, attraverso un lavoro costante di costruzione, è possibile ricostruire le eventuali caratteristiche che alterano la normale crescita, a tale riguardo “insegnare a scuola le emozioni” risulta essere di fondamentale importanza. “La scienza del sé” che è una disciplina che ha come obiettivo analizzare i sentimenti propri e quelli che scaturiscono dai rapporti con gli altri, mira a studiare il livello di competenza sociale ed emozionale nei ragazzi come parte della loro istruzione regolare.

Classificazione delle emozioni

Le emozioni primarie, secondo una recente definizione di Robert Plutchik sono otto, divise in quattro coppie:

  • la rabbia e la paura;
  • la tristezza e la gioia;
  • la sorpresa e l’attesa;
  • il disgusto e l’accettazione.

Altri autori hanno tuttavia proposto una diversa suddivisione. Secondo vari autori, dalla combinazione delle emozioni primarie derivano le altre (secondarie o complesse):

  • l’allegria;
  • la vergogna;
  • l’ansia;
  • la rassegnazione;
  • la gelosia;
  • la speranza;
  • il perdono;
  • l’offesa;
  • la nostalgia;
  • il rimorso;
  • la delusione.

Aspetti patologici

L’alessitimia è l’incapacità o l’impossibilità di percepire, descrivere e verbalizzare le proprie emozioni o quelle altrui. Le emozioni si collegano al vissuto degli individui innalzandone le energie, e nei casi “patologici” deprivati di energie. Sulla dinamica che connette la consapevolezza emotiva e gli stati individuali è rilevante lo studio del dott. Daniele Trevisani che ha esposto un principio specifico;

« Principio 2 del potenziale umano – Leadership emozionale ed energie mentali:Le energie mentali diminuiscono o si esauriscono quando: • l’individuo non è consapevole degli stati emotivi che sta vivendo; • l’individuo non è consapevole delle cause che producono un certo stato emotivo; • l’individuo non è in grado di proteggersi dalle emozioni negative, vivere con maggiore distanziamento le esperienze negative, e i vissuti emotivi negativi impediscono di raggiungere i propri obiettivi e risultati (fragilità emotiva); • l’attenzione è imprigionata sui vissuti negativi, in relazione a micro-eventi e macro-eventi personali (traumi emotivi irrisolti); • l’individuo non ha appreso a generare stati, situazioni, momenti, eventi (micro e macro) che possono generare emozioni e sensazioni positive; • l’individuo viene trascinato negli stati emotivi da persone ed eventi, senza riuscire ad arrestare i trascinamenti (essere in balìa degli eventi e delle persone).

Le energie mentali aumentano quando: • si genera consapevolezza degli stati emotivi vissuti (coscienza emotiva), della loro tipologia, intensità e localizzazione, con buona capacità di riconoscimento e di labeling (dare un nome alle emozioni e distinguerle); • si genera consapevolezza delle cause degli stati emotivi vissuti; • si acquisiscono capacità di protezione dalle emozioni negative, si apprende a far sì che esse si manifestino e fluiscano senza bloccare il corso della propria vita e azione; • viene condotto un lavoro serio e programmatico per risolvere traumi emotivi passati (gravi o meno gravi) e quelli generati dall’operatività quotidiana, con un supporto umano (evitare l’elaborazione di traumi in solitudine o senza supporto); • l’individuo apprende a nutrirsi di emozioni positive, percepire le positività, generare le occasioni di positività, produrre un clima emotivo positivo; • l’individuo sa riconoscere e bloccare i trascinamenti emotivi, non è in balìa di eventi e persone, è meno soggetto ai “tiranti emotivi” generati dall’ambiente e dalle relazioni. »

La componente patologica delle emozioni può essere trattata con interventi di psicoterapia o di counseling con metodi variabili secondo le diverse scuole di riferimento, ma anche secondo valutazione medica, con approcci farmaceutici, in particolare agendo sui neurotrasmettitori che regolano emozioni ed umore.

Importanza clinica delle emozioni

Diversi studi in letteratura hanno dimostrato che lo stress e le emozioni negative incidono negativamente sul sistema immunitario, compromettendone l’efficienza di alcune cellule. I dati più significativi sull’importanza clinica delle emozioni provengono da una vasta analisi condotta da Howard Friedman e Boothby-Kewley, in cui sono stati analizzati ed elaborati contemporaneamente i risultati di 101 studi più piccoli. I risultati di questa analisi hanno confermato come le emozioni legate alla sofferenza incidano negativamente sulla salute. Più nello specifico coloro che hanno sperimentato lunghi periodi di ansia, tristezza, pessimismo, sospettosità e ostilità hanno il doppio delle probabilità di sviluppare patologie quali artrite, emicrania, asma, ulcera gastrica e cardiopatie. Da questi dati si evince chiaramente che le emozioni negative rappresentano un importante fattore di rischio e di grave minaccia per la salute sebbene i meccanismi biologici dietro questa relazione non siano ancora del tutto chiari.

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