Calcolosi colecisti: sintomi, dieta e terapie dei calcoli biliari

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO COLICA BILIARE BILE CISTIFELLEA DOTTO CISTICO EPATICO COMUNE COLEDOCO CALCOLOSI DELLA COLECISTI FEGATO LITIASI COLELITIASI CALCOLI BILIARI RIMEDII calcoli della colecisti (o “calcolosi della colecisti” o “litiasi della colecisti” o “colelitiasi” o “calcoli della cistifellea” o “litiasi della cistifellea” o “calcoli biliari“, spesso impropriamente denominati anchecalcoli al fegato“) rappresentano una situazione caratterizzata dalla presenza di formazioni dure simili a sassi, di dimensioni variabili da pochi millimetri a qualche centimetro, all’interno della colecisti. I calcoli della colecisti possono essere la complicanza della formazione di sabbia biliare.

Cos’è la colecisti?

La colecisti è un piccolo organo cavo facente parte dell’apparato digerente che ha lo scopo di immagazzinare la bile prodotta dal fegato per poi rilasciarla – contraendosi – nell’intestino tenue durante i pasti dove partecipa alla digestione dei grassi. Negli esseri umani ha una forma a pera e si trova addossata alla superficie inferiore del fegato; la sua struttura e la sua posizione possono tuttavia variare in modo significativo tra le specie animali. Nella cistifellea, talvolta, possono formarsi calcoli biliari per la precipitazione di sostanze scarsamente idrosolubili, solitamente colesterolo o bilirubina. Questa condizione patologica viene trattata in questo articolo e può essere causa di un dolore significativo, in particolare nella regione superiore destra (ipocondrio) dell’addome. Ricordiamo che il termine “colecisti” è sinonimo di “cistifellea”, quindi i due termini possono essere usati l’uno al posto dell’altro indicando lo stesso identico organo. Altro modo in cui più raramente viene chiamata la colecisti è “vescicola biliare“.

Quanto è diffusa?

La calcolosi della colecisti è una malattia assai frequente, presente nel 10-15% della popolazione adulta. La sua diffusione è maggiore nel sesso femminile e si associa spesso con gravidanze multiple, obesità o rapidi cali ponderali.

Quali sono le cause di formazione dei calcoli biliari?

Esistono due tipi fondamentali di calcoli: calcoli di colesterolo e calcoli pigmentati.

  • I calcoli di colesterolo rappresentano circa il 70% dei casi dei Paesi Occidentali. La  nascita è dovuta a più di una causa e la formazione avviene in 3 stadi:
    – saturazione del colesterolo,
    – nucleazione e
    – formazione dei calcoli.
    Requisito essenziale è che il fegato del il paziente produca una bile satura in colesterolo. Il mantenimento del colesterolo nella bile dipende dall’equilibrio con alcuni fattori quali i sali biliari e i fosfolipidi. Se questo equilibrio si rompe, si produce una bile satura in colesterolo che rappresenta il fattore favorente la precipitazione del colesterolo stesso. Il successivo passo consiste nella formazione, da minuti cristalli di colesterolo, di agglomerati più grandi, già visibili ad occhio nudo. A questo punto, la formazione di calcoli veri e propri è inevitabile.
  • I calcoli pigmentati vengono a loro volta distinti in bruni, associati di solito ad infezioni e di riscontro soprattutto in Asia, e neri, non associati ad infezioni biliare (di comune riscontro nei pazienti con concomitanti malattie del sangue o cirrotici e presenti solo nella colecisti). La matrice di questi calcoli è rappresentata da bilirubina non coniugata che si combina e precipita con il calcio a formare bilirubinati di calcio.

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Sintomi e segni dei calcoli della colecisti

Molti dei pazienti con litiasi biliare rimangono senza sintomi per molti anni (circa il 50-70%) e possono anche non svilupparne mai alcuno. In altri casi, con una frequenza difficilmente stimabile, i calcoli possono causare sintomi o complicanze anche severe, come la colecistite acuta, l’empiema della colecisti, le angiocoliti o la pancreatite acuta.
Il sintomo più comune riferibile con certezza ai calcoli della colecisti è la colica biliare postprandiale. È necessario che il medico definisca con molta cura i sintomi, prima di ascriverli con sicurezza ai calcoli. La colica biliare si distingue per:

  • la sua localizzazione (generalmente all’epigastrio, la zona al di sotto dello sterno, e solo nel 30% dei casi all’ipocondrio destro, il fianco destro),
  • la durata (da 30 minuti a 3 ore),
  • l’intensità (in genere molto elevata).

La colica può essere associata a nausea e a vomito. In alcuni casi il dolore può essere intenso da determinare lo svenimento del paziente. Il dolore, spesso estremamente elevato e fastidioso, ha intensità massima nella regione epigastrica (la zona al di sotto dello sterno), con una irradiazione verso l’ipocondrio destro nel 30% dei casi ed un’irradiazione verso la schiena nel 6%; solo in una percentuale poco superiore al 10% la sede del dolore ‚ esclusivamente l’ipocondrio destro. La colica biliare regredisce con l’uso di farmaci antispastici. Circa il 10% dei pazienti sviluppa sintomi nei 5 anni successivi alla diagnosi di calcolosi e circa il 20% nei 20 anni successivi. Numerosi altri sintomi generali aspecifici, come la cefalea, o sintomi digestivi, quali le turbe del transito o le turbe dispeptiche, la nausea ed il vomito in assenza di dolore, possono condurre all’esecuzione di un’ecografia addominale e quindi al rilievo di litiasi della colecisti. Questi sintomi non sono però generalmente legati alla presenza dei calcoli. La loro contemporaneità in assenza di dolore biliare non modifica il carattere “asintomatico” di un’eventuale calcolosi della colecisti.

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Dignosi

La diagnosi si basa sull’anamnesi e sull’esame obiettivo. Il dubbio diagnostico è confermato dall’ecografia addominale, con il riscontro di calcoli di varie dimensioni all’interno della colecisti. Solo una percentuale dell’1-4% per anno sviluppa sintomi legati ai calcoli o alle sue complicanze.

Complicanze

Diverse sono le possibili complicanze della presenza di calcoli della colecisti, tra cui:

  • colecistite acuta: è sicuramente la complicanza più frequente della litiasi colecistica. È di solito causata da un’ostruzione acuta del dotto cistico da parte di un calcolo incuneato nel dotto o nell’infundibolo. Il dolore è simile a quello della colica biliare, ma persiste per più di qualche ora e può rimanere anche qualche giorno. Si può associare a nausea, vomito, tensione addominale con reazione addominale in ipocondrio destro. La colecisti si può distendere (idrope della colecisti) e può comparire la “febbre” con leucocitosi. In questi casi l’evoluzione è la comparsa di un empiema della colecisti con materiale purulento al suo interno;
  • perforazione della colecisti: è una rara ma pericolosa complicanza che compare soprattutto negli anziani e negli immunodepressi. E’ caratterizzata dalla comparsa di un addome acuto che richiede un intervento d’urgenza. Talvolta si può formare una fistola bilio-enterica (“fistola bilio-digestiva) e il calcolo può portare ad un’ostruzione determinando il noto “ileo biliare da calcoli”. In questi casi, il trattamento consiste nella laparotomia d’urgenza;
  • pancreatite acuta: si verifica nel 30-70% dei casi di calcolosi della colecisti. I sintomi sono simili alla classica pancreatite acuta. Il trattamento dipende dalla severità del quadro clinico. Se possibile è meglio far precedere il trattamento medico alla colecistectomia. Se la situazione è in progressivo peggioramento si deve ricorrere alla laparotomia d’urgenza.

I pazienti sintomatici presentano il 25% di possibilità in più, rispetto a quelli asintomatici, di sviluppare complicanze legate alla presenza di calcoli.

Terapia dei calcoli della colecisti

L’approccio alla litiasi della colecisti è stato decisamente modificato recentemente dallo sviluppo della chirurgia laparoscopica e della sua rapida diffusione in tutte le strutture chirurgiche universitarie, ospedaliere o private. Questa metodica, impone una valutazione critica di tutte le altre metodiche di trattamento della litiasi, chirurgiche e non, ed una riconsiderazione dell’atteggiamento da tenere di fronte alla litiasi asintomatica che viene sempre più frequentemente segnalata grazie allo screening ecografico. Negli ultimi 20 anni sono stati proposti numerosi alternative alla chirurgia per il trattamento della litiasi della colecisti.

  • La dissoluzione farmacologica con acidi biliari è stata introdotta nei primi anni ’70. Il farmaco di scelta è l’acido ursodesossicolico. L’indicazione migliore è rappresentata dai pazienti sintomatici con piccoli (< 5 mm) calcoli di colesterolo mobili in una colecisti funzionante. Tale evenienza comprende circa il 15% dei pazienti portatori di litiasi biliare. La terapia ha una durata variabile fra i 6 ed i 12 mesi ed è necessario monitorare con cura i pazienti per verificarne l’efficacia. In una percentuale di pazienti variabile fra il 60 ed il 90% la terapia è efficace, ma in circa nella metà di questi pazienti i calcoli si ripresenteranno nell’arco di 5 anni. Non ci sono dati sufficienti che supportino una terapia di mantenimento a lunghissimo termine. La percentuale di successo della terapia farmacologica è maggiore e la recidiva dei calcoli inferiore nei pazienti giovani, non obesi e con calcolo unico. Le indicazioni attuali sono limitate a pazienti sintomatici che rientrano nei criteri di sicura efficacia del farmaco e nei quali esista un rischio anestesiologico per età o malattie associate.
  • La litotrissia con onde d’urto è stata proposta a metà degli anni ’80 e diverse sono le modalità di produzione delle onde. È stato rilevato che l’efficacia della terapia è proporzionale alla quantità di energia trasferita ai calcoli. La metodica prevede la frammentazione dei calcoli in pezzi più piccoli che possano poi essere dissolti farmacologicamente o che possano passare nell’intestino. È quindi necessaria l’esecuzione di una terapia medica adiuvante con acido ursodesossicolico. Il successo del trattamento ‚ dipendente dal numero e dal volume dei calcoli così come anche la recidiva è dipendente dal numero dei calcoli precedentemente eliminati. La procedura prevede la possibilità di insorgenza di alcune complicanze minori quali una transitoria ipertransaminasemia, pancreatite ed ematuria. I risultati migliori vengono ottenuti per calcoli unici di diametro inferiore a 20 mm: in questo caso ‚ stata registrata una percentuale di successo dall’80 al 90% ad 1 anno. Il ruolo della litotrissia ‚ sempre più ristretto, limitandosi l’indicazione alle forme sintomatiche di litiasi con colecisti funzionante e calcoli di piccole dimensioni e numero limitato, in pazienti a rischio chirurgico elevato o che comunque rifiutino anche l’intervento laparoscopico. Bisogna dire che questa metodica è diventata oggi obsoleta e non viene quasi più praticata.
  • La litolisi per contatto è la metodica per la quale l’esperienza clinica è minore. L’agente chimico proposto è il metil-terbutil-etere (o MTBE). L’MTBE è solitamente introdotto nella colecisti attraverso un catetere transepatico percutaneo. Una pompa automatica peristaltica agevola una distribuzione efficace e la rimozione del solvente. Tuttavia, i calcoli composti in prevalenza da colesterolo possono dissolversi in un periodo che va da ore a giorni. L’impiego è consigliato in pazienti che sono ad alto rischio chirurgico. Resta comunque una tecnica con indicazioni eccezionali giustificabile solo per ragioni di ricerca presso Centri altamente specializzati.

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Terapia chirurgica

La colecistectomia laparotomica (l’intervento che viene eseguito con l’apertura dell’addome, con un taglio che segue il margine inferiore delle ultime costole di destra) è stata la terapia di scelta per la rimozione dei calcoli della colecisti negli ultimi 100 anni ed ancora fino alla fine degli anni ’80 era considerata il punto di riferimento nel trattamento della litiasi. L’intervento è sicuro, con una mortalità operatoria intorno allo 0,05%. Complicanze maggiori sono poco frequenti. I dati che si riportano le complicanze e la mortalità della colecistectomia convenzionale si riferiscono oggi a casistiche “storiche”, che includono pazienti a diverso rischio anestesiologico e chirurgico e talvolta operati in urgenza. L’intervento è da proporre oggi in prima istanza in pazienti con empiema della colecisti o in pazienti con precedenti interventi sull’addome superiore o quando ci sia il sospetto di un cancro.

La colecistectomia effettuata attraverso una minilaparotomia di pochi centimetri è stata proposta come modificazione della tecnica originaria con l’obiettivo di ridurre il dolore postoperatorio. I dati pubblicati si riferiscono tuttavia a pochi pazienti altamente selezionati per la facilità dell’accesso chirurgico. Tuttavia la tecnica non presenta nessun vantaggio rispetto alla colecistectomia effettuata per via laparoscopica e non ha incontrato un’ampia diffusione.

La colecistectomia laparoscopica è un intervento proposto relativamente di recente e dopo 10 anni dalla sua applicazione ‚ possibile affermare che garantisce un trattamento sicuro ed efficace per i pazienti portatori di litiasi della colecisti. In rapporto alla colecistectomia convenzionale, la colecistectomia laparoscopica offre il grande vantaggio di ridurre il dolore postoperatorio ed il periodo di convalescenza, di abolire l’ileo paralitico, senza incrementi nella mortalità o nella morbilità. I problemi estetici legati alla cicatrice laparotomica sono assai ridotti. Il rischio di lesioni alla via biliare principale è sostanzialmente sovrapponibile a quello presente con la tecnica convenzionale. L’intervento ‚ comunque effettuato in anestesia generale per poter far fronte alla possibilità di una conversione immediata in laparotomia, nei casi non sia possibile completare l’intervento per la presenza di aderenze o flogosi o situazioni anatomiche particolari che aumentino notevolmente il rischio di lesioni iatrogene della via biliare o dell’arteria epatica. I pazienti vengono dimessi mediamente entro 2 giorni dall’intervento (anche se ‚ possibile ridurre il ricovero postoperatorio alle 12 ore successive all’intervento). Il ritorno ad una attività lavorativa regolare può essere fatto entro la prima settimana dall’intervento. La tecnica laparoscopica riduce sostanzialmente i costi legati alla degenza ospedaliera ed al recupero fisico postoperatorio. Resta da sottolineare che i risultati clinici sono comunque influenzati dall’abilità e dall’esperienza del chirurgo che esegue l’intervento. La possibilità di convertire l’intervento da laparoscopico a laparotomico ‚ intorno al 2-10% e non rappresenta un insuccesso della tecnica, ma deve riflettere il risultato della valutazione chirurgica intraoperatoria. Inoltre, all’inizio dell’esperienza (“learning curve”), è stato riportato un aumento d’incidenza rispetto alla via tradizionale di complicanze legate a lesioni iatrogene della via biliare.

La colecistectomia laparoscopica è più problematica in corso di colecistite acuta o in presenza di aderenze per interventi pregressi sull’addome superiore; queste condizioni, se non rappresentano delle controindicazioni assolute all’intervento, impongono una maggiore prudenza ed una particolare esperienza del chirurgo. Diverse strategie combinate fra colecistectomia laparoscopica ed estrazione endoscopica vengono eseguite con successo nei pazienti con calcolosi della via biliare principale. Le uniche controindicazioni reali sono rappresentate dall’ipertensione portale, dalle fistole bilio-biliari, dal sospetto della carcinoma della colecisti, dalla presenza di colecisti “a porcellana”. La tecnica laparoscopica ha ormai assunto un ruolo preponderante nel trattamento della litiasi colecistica ‚ da considerarsi oggi l’intervento di prima scelta nella litiasi sintomatica non complicata.

Chi sono i candidati all’operazione chirurgica?

L’insorgenza delle complicazioni è quasi sempre preceduto dalla comparsa dei sintomi. Nessun elemento, né l’età, né il sesso, né il tipo o le dimensioni dei calcoli, né la durata della malattia, né la coesistenza di malattie associate permette attualmente di definire che una litiasi asintomatica si complicherà o darà origine a coliche biliari.
Viene quindi consigliato l’intervento chirurgico di asportazione della colecisti a chi ha avuto almeno un episodio di colica biliare.
L’unica eccezione è rappresentata dalla presenza di una colecisti a pareti calcifiche (cosiddetta “a porcellana”) in cui, anche in assenza di calcolosi, l’associazione con il cancro è estremamente alta (circa il 25% dei casi). In considerazione della maggiore incidenza di morbidità e mortalità nei pazienti diabetici operati d’urgenza, è opportuno in questi casi procedere alla colecistectomia al primo insorgere dei sintomi.

Chi non deve essere operato?

Dal quadro sinora descritto non sembra giustificato proporre un trattamento profilattico della calcolosi nei pazienti senza sintomi, ma solo una sorveglianza ecografica annuale.
Numerosi altri sintomi generali aspecifici o sintomi digestivi possono condurre all’esecuzione di un’ecografia addominale e quindi al rilievo di litiasi della colecisti. Questi sintomi non sono generalmente legati alla presenza di litiasi biliare e la loro presenza, in assenza di dolore biliare, non modifica il carattere “asintomatico” di un’eventuale calcolosi della colecisti. Questi sintomi non regrediranno con l’asportazione della colecisti e quindi questi pazienti non dovrebbero essere operati.
Il ruolo causale tra litiasi e cancro della colecisti è tuttora da definire (i dati riportati sono di 1 caso su 1000 pazienti con litiasi per anno). Non esistono dati per giustificare l’indicazione ad asportare la colecisti nei pazienti con calcolosi asintomatica.
Rimane invece controverso se l’asportazione della colecisti debba essere eseguita nei pazienti con calcolosi asintomatica durante interventi di chirurgia addominale non diretti verso il fegato. Sicuramente la colecistectomia non deve essere eseguita nei pazienti ad alto rischio di complicanze postoperatorie, quali i cirrotici o gli ipertesi portali. Non sono invece disponibili dati sufficienti per determinare se esista un indicazione alla colecistectomia in altri gruppi di pazienti con litiasi asintomatica, quali i pazienti pediatrici con sferocitosi, i pazienti in lista di attesa per trapianto di rene o di cuore e/o gli immunodepressi che possono presentare un importante aumento dell’incidenza di complicanze e di mortalità correlata alle complicanze della litiasi.

Consigli dietologici per prevenire i calcoli della colecisti e alimenti da evitare

Per prevenire la formazione di calcoli della cistifellea, è importante:

  • Preferire pasti piccoli e frazionati nel corso della giornata per migliorare la motilità della colecisti e ridurre il rischio di sovrasaturazione in colesterolo della bile.
  • Buona idratazione
  • Prediligere preparazioni semplici come la cottura al vapore, ai ferri, alla griglia, alla piastra, al forno, al cartoccio.
  • Evitare un’alimentazione sbilanciata, troppo ricca di grassi.
  • Consumare cibi che aiutano a normalizzare il transito gastrico e intestinale
  • Seguire le raccomandazioni per una corretta alimentazione nella popolazione generale in merito alla riduzione di grassi soprattutto di origine animale, di bevande ed alimenti ricchi di zuccheri e all’assunzione di adeguate porzioni di frutta e verdura.

Cibi non consentiti:

  • Alcolici e superalcolici
  • Grassi animali: burro, lardo, strutto, panna.
  • Salse con panna, sughi cotti con abbondanti quantità di olio, margarina.
  • Maionese e altre salse elaborate
  • Brodo di carne, estratti per brodo, estratti di carne, minestre già pronte con tali ingredienti.
  • Insaccati: mortadella, salame, salsiccia, pancetta, coppa, ciccioli, cotechino, zampone, ecc..
  • Pesci grassi e frutti di mare.
  • Carni grasse, affumicate, marinate e salate. Selvaggina e frattaglie.
  • Formaggi piccanti e fermentati.
  • Latte intero.
  • Grasso visibile di carni e affettati.
  • Cibi da fast-food ricchi di grassi idrogenati (trans), presenti anche in molti prodotti preparati industrialmente, e piatti già pronti.
  • Dolci quali torte, pasticcini, gelati, budini. In particolar modo quelli farciti con creme.
  • Bevande zuccherate.

Cibi consentiti con moderazione:

  • Sale. E’ buona regola ridurre quello aggiunto alle pietanze durante e dopo la cottura e limitare il consumo di alimenti che naturalmente ne contengono elevate quantità (alimenti in scatola o salamoia, dadi ed estratti di carne, salse tipo soia).
  • Olii vegetali polinsaturi o monoinsaturi come l’olio extravergine d’oliva, l’olio di riso o gli oli monoseme: soia, girasole, mais, arachidi (per il loro potere calorico controllare il consumo dosandoli con il cucchiaio).
  • Uova.
  • Frutta secca.

Cibi consentiti e consigliati:

  • Pane, fette biscottate, cereali per la prima colazione, biscotti secchi, pasta, riso, polenta, orzo, farro possibilmente integrali.
  • Frutta matura e verdura di stagione (variando i colori per favorire un idoneo introito di vitamine e sali minerali).
  • Carni sia rosse che bianche, magre e private dal grasso visibile.
  • Affettati, prosciutto crudo, cotto, speck, bresaola, affettato di tacchino/pollo, privati del grasso visibile (1-2 volta a settimana).
  • Pesce, fresco e surgelato.
  • Latte e yogurt parzialmente scremati.
  • Formaggi freschi e stagionati un paio di volte a settimana in sostituzione di un secondo piatto di carne o uova, come 50 grammi di Grana Padano, consigliabile anche come sostituto del sale per insaporire i primi (un cucchiaio 10 grammi). Grana Padano è un concentrato di latte, ma meno grasso del latte intero perché parzialmente decremato durante la lavorazione, il suo consumo incrementa l’apporto proteico ai pasti e favorisce il raggiungimento del fabbisogno giornaliero di calcio e vitamine come la B12 e la A.
  • Acqua, almeno 1,5 litri al giorno da distribuire durante l’arco della giornata.

Consigli generali per prevenire i calcoli della colecisti

Per prevenire la formazione di calcoli della cistifellea, è importante:

  • In caso di sovrappeso o obesità si raccomanda la riduzione del peso e del “giro vita” ossia la circonferenza addominale, indicatore della quantità di grasso depositata a livello viscerale. Valori di circonferenza vita superiori a 94 cm nell’uomo e ad 80 cm nella donna si associano ad un rischio cardiovascolare “moderato”, valori superiori a 102 cm nell’uomo e ad 88 cm nella donna sono associati ad un “rischio elevato”. Tornare ad un peso normale permette di ridurre il rischio di calcolosi della colecisti, ma anche di ridurre gli altri fattori di rischio cardiovascolare (come ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia, ipertrigliceridemia, insulino-resistenza).
  • Evitare le diete fai da te! Un calo di peso troppo veloce può determinare la comparsa di calcoli biliari e inoltre un regime dietetico troppo ristretto impedisce una buona compliance ed aumenta il rischio di recuperare il peso perso con gli interessi.
  • Rendere lo stile di vita più attivo (abbandona la sedentarietà! Vai al lavoro a piedi, in bicicletta o parcheggia lontano, se puoi evita l’uso dell’ascensore e fai le scale a piedi)
  • Praticare attività fisica almeno tre volte alla settimana. La scelta va sempre effettuata nell’ambito degli sport con caratteristiche aerobiche, moderata intensità e lunga durata, come, ciclismo, ginnastica aerobica, cammino a 4 km ora, nuoto, più efficaci per eliminare il grasso in eccesso e prevenire la colelitiasi
  • Non fumare.

Integratori alimentari

I seguenti integratori sono consigliati dal nostro Staff di esperti per contrastare la formazione di calcoli biliari e migliorare il benessere del fegato, della cistifellea e dei reni:

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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