Il termine “cateterismo vescicale” (o “cateterismo urinario) indica l’introduzione in uretra ed il relativo posizionamento in vescica di un catetere vescicale (CV) sterile, per via transuretrale o sovra-pubica, in maniera provvisoria o permanente. Il catetere vescicale è un tubo in lattice, poliuretano, oppure altro materiale, che viene introdotto nell’uretra tramite il meato uretrale, cioè l’apertura dell’uretra attraverso la quale l’urina in arrivo dalla vescica giunge all’esterno.
Per quale motivo si usa?
Nella pratica clinica si ricorre al catetere vescicale per scopi differenti, che possono essere così sintetizzati:
- diagnostico: ad esempio, per il monitoraggio della diuresi;
- evacuativo: ad esempio, nei casi di ritenzione urinaria;
- terapeutico: ad esempio, per il trattamento di neoplasie vescicali.
Il cateterismo vescicale è una manovra ad alto rischio infettivo e proprio le infezioni delle vie urinarie (IVU) sono le infezioni più frequenti all’interno di strutture ospedaliere e strutture di lungodegenza (in Italia circa il 35-40% delle infezioni ospedaliere sono circoscritte al tratto urinario). Conseguenze dirette di questa realtà sono il dilatarsi della durata del ricovero del paziente con l’acuirsi del suo disagio, l’aumento della mortalità e il dispendio di maggiori risorse economiche.
Quando si usa?
Si ricorrere al cateterismo solo nei casi in cui altre vie siano impraticabili e/o infruttuose e di rivalutare periodicamente nel tempo la necessità di mantenere in sede il catetere stesso.
Com’è fatto un catetere vescicale?
Il catetere vescicale è una forma di drenaggio, il cui sistema è formato dal catetere stesso, un circuito di drenaggio e una sacca di raccolta. In particolare, i parametri secondo i quali si distinguono i cateteri sono quattro:
- calibro (o diametro esterno);
- numero delle vie;
- materiale e consistenza;
- caratteristiche dell’estremità prossimale.
A seconda dello scopo della manovra e a seconda delle caratteristiche del singolo assistito, la manovra di cateterismo potrà essere:
- temporanea;
- intermittente;
- a permanenza.
va da sé che, a seconda dei casi, il catetere da adottare dovrà avere caratteristiche differenti per dimensioni e conformazione.
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Il calibro dei cateteri vescicali
Con calibro si intende il diametro esterno del catetere, che viene misurato sulla scala di Charrière, secondo la quale 1 Ch equivale a 1/3 mm. Più il calibro è piccolo e meno rischiamo di provocare lesioni uretrali; vero anche che, però, più lenta sarà l’evacuazione delle urine. Indicativamente si scelgono cateteri di calibro:
- 12-14 Ch in caso di urine chiare;
- 16-18 Ch urine torbide;
- 20-24 Ch piuria e macroematuria.
Queste sono indicazioni generali, nella pratica la scelta del calibro va effettuata tenendo conto, oltre alle caratteristiche delle urine, della conformazione fisica del paziente, sempre nell’ottica di non creare traumi che potrebbero degenerare in complicanze anche molto gravi e di ridurre il più possibile il disagio per l’assistito.
Il catetere vescicale può essere inoltre:
- a una via, utilizzato per il cateterismo temporaneo/intermittente;
- a due vie, dotato di una via per il deflusso delle urine e di una che, mediante apposita valvola, permette la distensione di un palloncino per l’ancoraggio in vescica;
- a tre vie, dotato di una via per il drenaggio, una per l’ancoraggio e una terza per consentire l’irrigazione vescicale.
La consistenza
Per quanto riguarda la consistenza, i cateteri vescicali si dividono tra:
- molli: costituiti da gomma, lattice o silicone, sono quelli che garantiscono maggiore confort per il paziente e sono quelli più indicati per l’uso protratto nel tempo;
- semirigidi: costituiti da gomma o plastica, vengono utilizzati in casi particolari, quali ad esempio: restringimento dell’uretra o ipertrofia prostatica nell’uomo, casi di ematuria importante o di emorragia vescicale;
- rigidi: costituiti da materiale sintetico, si usano in casi molto rari e particolari, generalmente come “dilatatori”.
Come viene inserito e gestito il catetere vescicale?
La corretta gestione del catetere vescicale è alla base della prevenzione delle infezioni. La procedura di inserimento è una manovra infermieristica che deve avvenire solo dietro prescrizione medica. L’inserimento avviene con tecnica e presidi sterili. Il catetere viene inserito dopo aver disinfettato adeguatamente i genitali e dopo aver lubrificato il catetere stesso. Prima dell’inserimento è possibile eseguire una lieve anestesia per ridurre il fastidio. Una volta inserito il catetere, è importante detergere regolarmente i genitali, anche più volte al giorno, con acqua e sapone (a pH 4,5). In particolare si raccomanda di detergere i genitali e l’ano con acqua e sapone dopo essere andati di corpo. I genitali e l’ano vanno asciugati con cura senza ricorrere a talco o creme. E’ sconsigliato anche l’uso di disinfettanti e/o di pomate a base di antibiotici se non
prescritte dal medico. Quando si fa la doccia occorre lasciare la sacca attaccata al catetere ponendola sotto il livello della vescica. Al termine della doccia è sufficiente asciugare la sacca con un asciugamano e sostituire gli strap di fissaggio.
Inoltre va ricordato che prima e dopo ogni pratica che preveda la manipolazione del catetere occorre lavare le mani con acqua e sapone oppure frizionarle con soluzione idroalcolica. Il lavaggio delle mani è una procedura semplice ma di fondamentale importanza per la prevenzione delle infezioni.
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Idratazione del paziente con catetere vescicale
Bere molti liquidi è importante per il paziente con catetere urinario: una buona idratazione, bevendo almeno 8 bicchieri di acqua al giorno, assicura
infatti un buon flusso di urina riducendo il rischio di stasi delle urine in vescica. In tal
modo le urine sono limpide e trasparenti e si riduce il rischio di infezioni. Occorre inoltre seguire una dieta ricca di fibre per prevenire la stitichezza. Se l’intestino è pieno di feci infatti potrebbe premere sul catetere e ostacolare l’uscita di urina.
Quali sono i problemi più frequenti?
Il problema che si ha più spesso nei soggetti con catetere vescicale è l’infezione delle vie urinarie perché il catetere è una possibile via di ingresso per i batteri. E’ importante riconoscere e trattare le infezioni in quanto se trascurate possono portare a complicanze anche gravi. I segni e i sintomi che possono comparire in caso di infezione delle vie urinare sono:
- bruciore;
- febbre;
- malessere;
- dolore sovrapubico;
- urine torbide;
- infezione;
- presenza di sangue nelle urine (ematuria).
Prevenzione delle infezioni
Per la prevenzione delle infezioni delle vie urinarie la Società italiana di geriatria e gerontologia raccomanda di:
- far assistere i pazienti con catetere vescicale solo da personale qualificato, adeguatamente formato e aggiornato periodicamente;
- rispettare tutte le procedure di igiene per l’inserimento e la gestione del catetere, in particolare effettuare un corretto lavaggio delle mani, prima e dopo l’inserimento, e inserire i cateteri con tecniche asettiche e attrezzatura sterile;
- evitare ostruzioni del flusso urinario, controllando che il catetere sia in posizione corretta;
- preferire i cateteri a circuito chiuso invece di quelli a circuito aperto, ma si raccomanda, nei soggetti allettati, di effettuare lo svuotamento periodico della sacca e la chiusura della clamp qualora la sacca venga mobilizzata. Nei soggetti autonomi è preferibile l’uso del catetere con valvola unidirezionale.
Durata del cateterismo
La durata del cateterismo è il più importante fattore associato alla batteriuria. Il rischio di sviluppare batteriuria aumenta infatti dal 3 al 7% per ogni giorno di cateterismo e il rischio è maggiore nelle donne e nelle persone anziane. I cateteri possono rimanere in situ:
- 20-30 giorni se a media permanenza;
- 30-60 giorni se a lunga permanenza.
Il catetere urinario a permanenza di lunga durata dovrebbe essere sostituito periodicamente in accordo con le indicazioni delle ditte fornitrici. In caso di pazienti a rischio di frequenti ostruzioni del catetere, l’intervallo di sostituzione deve essere personalizzato e deve essere comunque più breve di quanto indicato dalle aziende.
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Linee guida in caso di infezione
Si raccomanda di evitare la profilassi antibiotica in caso di batteriuria non sintomatica in quanto inutile. Tra il 60 e l’80% delle persone con catetere vescicale assume una antibiotico profilassi anche se non ha una infezione vera e propria. Tale utilizzo della profilassi antibiotica ha contribuito in modo significato all’espansione di ceppi batterici resistenti e attualmente la gestione delle infezioni delle vie urinarie è complicata da problemi correlati alla farmacoresistenza. Se in passato la farmacoresistenza era un problema solo della realtà nosocomiale, sempre più oggi si assiste a un incremento del fenomeno anche nella medicina di comunità. In caso di infezione delle vie urinarie con segni e sintomi in un soggetto portatore di catetere vescicale le linee guida raccomandano di raccogliere le urine per l’urinocoltura e di rimuovere il catetere se è in sede da più di 7 giorni. Se i sintomi sono locali si possono aspettare i risultati dell’urinocoltura prima di iniziare una terapia antibiotica; se invece i sintomi sono sistemici si raccomanda di eseguire due emocolture e di iniziare subito una terapia antibiotica. La durata della terapia antibiotica dipende dal quadro clinico, in genere se i sintomi sono esclusivamente locali la terapia antibiotica dovrebbe protrarsi per 5-7 giorni, se i sintomi sono sistemici si consiglia un regime di 7-14 giorni.
Catetere vescicale ostruito da coagulo
L’occlusione del catetere vescicale da coagulo rappresenta una complicanza che interessa principalmente i pazienti sottoposti ad intervento chirurgico urologico endoscopico alla prostata o alla vescica; il paziente che sperimenta questo tipo di complicanza si presenta con segni e sintomi che provocano dolore e discomfort. Gli interventi preventivi e di trattamento descritti in letteratura sono molteplici e spesso non tutti concordi soprattutto sull’uso dell’irrigazione vescicale. La prima raccomandazione volta a prevenire l’occlusione, è incoraggiare l’assunzione da parte del paziente di almeno 2 Litri di acqua al giorno poiché cosi facendo si ottiene un aumento della quantità di urine e nel contempo si favorisce il deflusso dei coaguli dalla vescica. L’irrigazione vescicale continua, che prende il nome di “ continuous bladder irrigation” in termini anglosassoni, consiste nella somministrazione di un fluido sterile all’interno della vescica con lo scopo di prevenire la formazione dei coaguli post intervento chirurgico endoscopico alla prostata o alla vescica e mantenere pervio il catetere evitando una ritenzione urinaria acuta da coagulo e complicanze ad essa associata. Essa viene utilizzata anche per il trattamento delle irritazioni, infiammazioni e infezioni della parete vescicale. Questo tipo di trattamento viene eseguito a scopo preventivo per i coaguli che possono formarsi in seguito ad un intervento urologico endoscopico, in quanto, sia la prostata che la vescica sono strutture altamente vascolarizzate e, dopo un intervento chirurgico alcuni vasi sanguigni possono rimanere aperti determinando il sanguinamento (che giustifica la presenza di sangue nelle urine) e di conseguenza la probabilità di formazione dei coaguli e di ritenzione urinaria.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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