Con “trapianto renale” ci si riferisce ad un intervento chirurgico caratterizzato dal prelevare un rene sano da un donatore vivente o cadavere ed impiantarlo nella parte anteriore dell’addome del paziente ricevente in sede extraperitoneale. Il trapianto renale rappresenta oggi il trattamento preferenziale per pazienti con insufficienza renale cronica, in quanto è capace di restituire una normale funzionalità renale e permettere alla maggior parte dei pazienti un netto miglioramento della qualità della vita.
Indicazioni al trapianto di rene
Le patologie che più frequentemente rappresentano indicazione al trapianto renale, sono tutte quelle che determinano insufficienza renale cronica:
- nefropatia diabetica;
- glomerulonefriti croniche;
- pielonefrite cronica;
- rene policistico.
I candidati al trapianto devono sottoporsi a una serie di esami, per escludere l’eventuale presenza di malattie che controindichino l’intervento e la successiva terapia immunosoppressiva antirigetto. Ugualmente anche il rene prelevato viene esaminato al fine di escludere patologie trasmissibili, con esami effettuati su campioni ematici del donatore, e valutarne la funzionalità; quest’ultima viene stimata tramite una biopsia renale nel trapianto da donatore cadavere, e valutata tramite scintigrafia renale e ecografia color-doppler nel caso di donatore vivente.
Controindicazioni al trapianto di rene
Le controindicazioni al trapianto variano in base alla legislazione del paese e al centro trapianti di riferimento. Le controindicazioni più comuni al trapianto sono: età avanzata, insufficienza cardiaca, insufficienza respiratoria, neoplasie, infezioni in atto, sieropositività a HIV, HBV, HCV, scarsa adesione alla terapia immunosoppressiva.
Quanto dura un trapianto renale?
L’intervento ha una durata che generalmente può variare dalle 2 alle 4 ore, salvo imprevisti.
Istocompatibilità e successo del trapianto
Il successo di un trapianto renale, come avviene per tutti i trapianti, è legato al grado di similarità genetica tra donatore e ricevente. Il sistema HLA rappresenta nell’uomo il complesso maggiore di istocompatibilità, che si esprime sulla superficie cellulare attraverso un gruppo di antigeni. Il riconoscimento di questo sistema antigenico da parte dell’organismo ricevente rappresenta nel trapianto la maggiore barriera immunologica, e attiva la risposta che induce al rigetto. Gli antigeni costituenti il sistema HLA sono glicoproteine codificate da geni presenti sul braccio corto del Cromosoma 6 in sei differenti loci. Sono valutati 2 differenti gruppi antigeni nel sistema HLA:
- gli antigeni di classe I sono espressi dai loci A, B, C;
- gli antigeni di classe II sono espressi dai loci DP, DQ, DR.
In ordine decrescente, la compatibilità HLA determina una priorità nella selezione di donatore e ricevente, secondo questa sequenza:
- gemello omozigote;
- gemello dizigote;
- fratello o sorella con HLA-A,B e DR identico;
- fratello o sorella con un aplotipo HLA identico;
- fratello o sorella con almeno 2 antigeni identici;
- figli con aplotipo HLA identico;
- genitori con aplotipo HLA identico;
- parenti di primo grado;
- cadavere con 2 o + antigeni HLA identici.
Il trapianto di rene in ricevente AB0 incompatibile o iperimmunizzato
La presenza di anticorpi diretti verso antigeni AB0 o HLA del donatore è stata lungamente considerata un criterio di esclusione dal trapianto renale, per via dell’alta incidenza di rigetto iperacuto e acuto. Per quanto riguarda l’incompatibilità di gruppo sanguigno, è dimostrato come la rimozione delle isoagglutinine tramite plasmaferesi eseguita precedentemente al trapianto possa prevenire il rigetto iperacuto, garantendo risultati a lungo termine sovrapponibili al trapianto tra individui compatibili. Per quanto riguarda i pazienti iperimmunizzati, ovvero che presentino un elevato titolo di anticorpi anti-HLA, il trattamento con plasmaferesi unito a infusione di immunoglobuline permette di evitare il rigetto acuto del trapianto garantendo un’aspettativa di sopravvivenza dell’organo in linea con il trapianto eseguito in riceventi non iperimmunizzati. Entrambe le procedure sono però eseguibili solo nel caso di trapianto da donatore vivente, conseguentemente alla necessità di desensibilizzare il paziente prima dell’intervento chirurgico.
Il trapianto doppio di rene
Normalmente, nel trapianto di rene da donatore cadavere, i reni sono destinati a due distinti riceventi compatibili. Nel caso di un donatore in cui la funzionalità del rene singolo non sia sufficiente per il ricevente, generalmente per l’avanzata età del donatore, è possibile trapiantare entrambi gli organi nello stesso paziente. I due organi prelevati vengono allocati generalmente nella stessa sede (fossa iliaca destra o sinistra), e garantiscono un’ottima sopravvivenza al ricevente.
Tecnica chirurgica del trapianto renale
Nel caso di prelievo multiorgano il rene è generalmente l’ultimo a essere rimosso, essendo quello che meno subisce conseguenze dell’ischemia. Nel caso di prelievo da donatore vivente la nefrectomia può essere effettuata per via laparotomica o laparoscopica e viene prelevato il rene meno funzionante oppure, a parità di funzionalità, il sinistro nel caso serva una vena renale più lunga o il destro nel caso sia necessaria un’arteria renale più lunga. Il trapianto renale viene eseguito collocando l’organo nella fossa iliaca in sede extraperitoneale. Si tratta dunque di un trapianto eterotopico in quanto il rene non è trapiantato nella sua posizione anatomica normale. Le anastomosi vascolari vengono realizzate suturando l’arteria renale del donatore all’arteria iliaca esterna del ricevente in modo terminolaterale, e allo stesso modo la vena renale del donatore alla vena iliaca esterna del ricevente.
Al termine delle anastomosi vascolari, l’uretere viene suturato alla vescica del paziente mediante un uretero-cistostomia che prevede un meccanismo antireflusso (detto “a becco di flauto”) atto a impedire la risalita delle urine dalla vescica al rene trapiantato.
Trapianto renale nei bambini
La chirurgia è di tipo diverso se il paziente è un bambino con con un peso minore di 20 kg o un’età inferiore ai 6 anni. In questi casi avviene un accesso diretto al rene, ovvero il peritoneo viene inciso, per potere rimuovere l’organo insufficiente. In seguito verrà inserito il nuovo rene in maniera ortotopica. Quest’ultimo spesso è donato da un adulto e di conseguenza comporta alti rischi di compressione delle strutture adiacenti, se impiantato eterotopicamente. Le anastomosi vascolari avvengono in maniera leggermente diverse: i due vasi renali vengono legati direttamente all’aorta o rispettivamente alla vena cava inferiore, cercando così di ricreare la normale anatomia dello spazio retroperitoneale.
Conseguenze e ripresa funzionale post intervento
La maggioranza degli organi, una volta terminate le anastomosi vascolari, riprendono quasi subito la loro funzione, ma a volte il rene va incontro ad un fenomeno di non funzionalità iniziale dovuto a necrosi tubulare acuta. Questo fenomeno è la conseguenza di un danno subito dall’organo durante la fase di prelievo, o, nel caso di donatore cadavere, durante il periodo nel quale è stato conservato in soluzione fredda. La non-funzione è solitamente reversibile entro la settimana, sempre se non intervengono altre complicanze, soprattutto infettive. Particolarmente importante, nella prima settimana post-trapianto, è il monitoraggio della vascolarizzazione venosa realizzabile con l’ecocolor Doppler: ogni eventuale riduzione di calibro dei vasi venosi o arteriosi è indice di trombosi del vaso stesso, complicanza molto temibile che può essere contrastata con appropriata terapia anticoagulante.
Complicanze non immunologiche
Le complicanze dopo un trapianto possono essere essenzialmente complicanze legate al gesto chirurgico stesso (infezione di ferita, ascesso) oppure complicanze legate alla terapia immunosoppressiva che il paziente deve continuare a vita; tra queste ultime, due particolarmente gravi sono il rischio infettivo legato all’immunosoppressione (soprattutto infezioni virali da Citomegalovirus), e il rischio di sviluppo di neoplasie quali carcinoma del polmone e carcinoma a cellule renali e linfomi, per i quali la prevalenza è attualmente in calo in seguito all’utilizzo di nuovi farmaci immunosoppressori. I pazienti diabetici hanno un elevato rischio cardiovascolare e il trapianto, da effettuarsi una volta instauratasi l’insufficienza renale cronica da nefropatia diabetica, può avere durata inferiore. Il trapianto simultaneo di rene e pancreas è un’ottima opzione terapeutica per i pazienti con diabete mellito di tipo 1, perché permette una maggior sopravvivenza del rene trapiantato in conseguenza di un miglior controllo metabolico.
Complicanze immunologiche
Il rigetto è un rischio sempre presente nella storia di un trapianto, anche a distanza di anni, o anche su reni perfettamente compatibili; e non è sempre prevedibile dalla tipizzazione. Di per sé il rigetto è un processo immunologico per via del quale il sistema immunocompetente riconosce come “non propri” gli antigeni dell’organo trapiantato, reagendo così contro di essi.
Rigetto
In relazione al momento in cui si verifica, è possibile distinguere 4 tipi di rigetto:
- rigetto iperacuto: nel corso delle prime 24 ore post-trapianto
- rigetto acuto accelerato: durante le prime 24-72 ore post-trapianto
- rigetto acuto: tra il decimo giorno e la fine del terzo mese
- rigetto cronico (o tardivo): si verifica a distanza di anni dal trapianto, come esito finale di una serie di insulti ricevuti dall’organo trapiantato, come ripetuti episodi di rigetto acuto e nefrotossicità indotta dai farmaci antirigetto.
L’esito di ogni trapianto dipende da numerose e complesse variabili: la sopravvivenza dell’organo è in genere migliore nei trapianti da donatore vivente, grazie al breve tempo di conservazione del rene e dalla giovane età (di solito) del donatore. La sopravvivenza del rene trapiantato a cinque anni dall’intervento è di circa l’80% nei trapianti realizzati da donatore vivente, rispetto al 69% osservato nei trapianti eseguiti da donatore cadavere.
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Lo Staff di Medicina OnLine
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