Sindrome epatorenale: terapia, sopravvivenza, aspettativa di vita

MEDICINA ONLINE ANATOMIA ORGANI INTERNI UMANI ITALIANO INGLESE MILZA STOMACO POLMONI INTESTINO CUORE COLON FEGATO PANCREAS CISTIFELLEA ADDOME TORACE SEMEIOTICA QUADRANTI SETTORI RENELa sindrome epatorenale è una condizione medica, pericolosa per la vita, che consiste in un rapido deterioramento della funzionalità renale in soggetti con cirrosi epatica o insufficienza epatica fulminante.

Sopravvivenza

La sindrome epatorenale è solitamente mortale, a meno che non venga eseguito un trapianto di fegato, tuttavia, alcuni trattamenti come la dialisi, possono aumentare la sopravvivenza dei pazienti. In caso di sindrome epatorenale non trattata, la mortalità oscilla tra il 95 ed il 99% dei casi e la sopravvivenza mediana è inferiore a 2 settimane.

Classificazione

La sindrome epatorenale è una causa particolare di insufficienza renale che colpisce gli individui con cirrosi epatica o, più raramente, con insufficienza epatica fulminante. La condizione comporta la costrizione dei vasi sanguigni renali e la dilatazione dei vasi nella circolazione splancnica che perfonde l’intestino. La classificazione della sindrome epatorenale individua due categorie di insufficienza renale, il “tipo 1” e il “tipo 2”; entrambe si verificano in soggetti che presentano o cirrosi o insufficienza epatica fulminante. In entrambe le categorie, il deterioramento della funzionalità renale è quantificato dall’aumento dei livelli di creatinina nel sangue o tramite l’osservazione di una ridotta clearance della creatinina nelle urine.

Sindrome epatorenale di “tipo 1”

La sindrome epatorenale di “tipo 1” è caratterizzata da insufficienza renale rapidamente progressiva, definita in base al valore della creatinina sierica (raddoppio rispetto ai valori di base fino a valori superiori a 2,5 mg/dL) in un periodo inferiore alle due settimane. La prognosi delle persone che presentano il “tipo 1” è particolarmente infausta, con un tasso di mortalità superiore al 50% dopo un mese. I pazienti presentano generalmente ipotensione e possono richiedere una terapia farmacologica per migliorare la forza di contrazione del muscolo cardiaco (farmaci inotropi) o altri farmaci per mantenere la pressione arteriosa (vasocostrittori).

Sindrome epatorenale di “tipo 2”

Al contrario, il “tipo 2” presenta una insorgenza e una progressione più lente. Essa è definita da un aumento del livello sierico di creatinina che diviene superiore ai 133 mmol/L (1,5 mg/dL) o una clearance della creatinina inferiore a 40 mL/min con il sodio urinario inferiore ai 10 µmol/L. La sopravvivenza mediana è di circa sei mesi, se non viene effettuato un trapianto di fegato. Si ritiene che il “tipo 2” sia associato a ipertensione portale (aumento della pressione nella circolazione della vena porta), che esordisce con lo sviluppo di liquido nell’addome (ascite). Con la progressione del quadro clinico, l’ascite diventa resistente alla terapia diuretica, poiché i reni non sono più in grado di eliminare sufficiente sodio. La maggior parte delle persone con il “tipo 2” presenta ascite diuretico-resistente prima di sviluppare un deterioramento della funzionalità renale.

Segni e sintomi

Entrambi i tipi di sindrome epatorenale condividono tre scenari principali: funzione epatica alterata, alterazioni nella circolazione e insufficienza renale. Poiché questi fenomeni non necessariamente presentano sintomi nei primi stadi della malattia, gli individui con la sindrome epatorenale ricevono una diagnosi della loro condizione sulla base di esami di laboratorio alterati. La maggior parte delle persone che sviluppano la sindrome presentano cirrosi e possono avere segni e sintomi della stessa, i quali possono include ittero, alterazione dello stato mentale, capacità nutritizia diminuita e presenza di ascite. In particolare, ascite resistente all’uso di farmaci diuretici è caratteristica di “tipo 2”. L’oliguria, che è una diminuzione del volume di urina, può verificarsi come conseguenza dell’insufficienza renale. Tuttavia, alcuni individui con la sindrome epato-renale continuano a produrre una quantità normale di urina.

Eziologia

La sindrome epatorenale di solito colpisce gli individui con cirrosi e con una pressione elevata nel sistema della vena porta (condizione chiamata ipertensione portale). Mentre la sindrome può svilupparsi in qualsiasi tipo di cirrosi, è più comune nei soggetti con cirrosi alcolica, in particolare se vi è una concomitante epatite alcolica identificabile grazie a biopsie epatiche. La sindrome può verificarsi anche in individui privi di cirrosi, ma con insufficienza epatica fulminante. Sono stati trovati alcuni fattori che rendono gli individui con cirrosi o insufficienza epatica più vulnerabili allo sviluppo della condizione. Questi includono un’infezione batterica, l’epatite acuta alcolica o il sanguinamento del tratto gastrointestinale superiore. La peritonite batterica spontanea, che è l’infezione del liquido ascitico, è un fattore comune negli individui cirrotici che sviluppano la sindrome. La sindrome a volte può essere innescata da trattamenti per le complicanze della malattia epatica: fattori causali iatrogeni della condizione includono l’uso aggressivo di farmaci diuretici o la rimozione di grandi volumi di liquido ascitico attraverso la paracentesi dalla cavità addominale senza l’adeguata compensazione di fluidi per via endovenosa.

Diagnosi

Vi possono essere molte cause di insufficienza renale in soggetti che presentano cirrosi o insufficienza epatica fulminante. Di conseguenza, risulta difficile distinguere la sindrome epatorenale da altre patologie che causano insufficienza renale in pazienti con malattia epatica avanzata. Come risultato, sono stati indicati diversi criteri per aiutare la diagnosi. I criteri principali includono: malattia epatica con ipertensione portale, insufficienza renale, assenza di shock, presenza di infezioni, un recente trattamento con farmaci che influenzano la funzionalità renale e le perdite di fluido, assenza di un prolungato miglioramento della funzionalità renale nonostante la somministrazione di 1,5 litri di soluzione fisiologica per via endovenosa, assenza di proteinuria e l’assenza di malattia renale o ostruzione del flusso renale, come si può osservare mediante ecografia. I criteri minori sono i seguenti: una diminuita escrezione urinaria (meno di 500 ml al giorno), bassa concentrazione di sodio nelle urine, una osmolalitàdell’urina maggiore di quella nel sangue, assenza di globuli rossi nelle urine e una concentrazione sierica di sodio inferiore a 130 mmol/L. Molte altre malattie del rene sono associate a malattia epatica e devono essere escluse prima di formulare una diagnosi di sindrome epatorenale. Gli individui con pre-insufficienza renale non presentano danni ai reni ma, allo stesso modo degli affetti dalla sindrome, presentano disfunzione renale a causa della riduzione del flusso ematico ai reni. Inoltre, analogamente alla sindrome epatorenale, la condizione di pre-insufficienza provoca la formazione di urina che ha una concentrazione molto bassa di sodio. Tuttavia, in contrasto con la sindrome, la pre-insufficienza renale risponde al trattamento con fluidi per via endovenosa, con conseguente riduzione della creatinina sierica e aumentata escrezione di sodio. La necrosi tubulare acuta (ATN) comporta danni ai tubuli renali e può essere una complicazione nei soggetti con cirrosi, a causa della somministrazione di farmaci potenzialmente dannosi per lo sviluppo di una ipotensione arteriosa. A causa dei danni ai tubuli, i reni colpiti da necrosi tubolare acuta solitamente non sono in grado di riassorbire gran parte del sodio. Come risultato, l’ATN può essere distinta dalla sindrome epatorenale sulla base di esami di laboratorio: gli individui affetti da ATN avranno livelli di sodio urinario molto superiori a quelli con la sindrome epatorenale. Tuttavia, questo non è sempre vero nel caso dei pazienti cirrotici. Alcune infezioni virali epatiche, compresa l’epatite B e l’epatite C possono anche portare all’infiammazione del glomerulo renale. Altre cause di insufficienza renale in soggetti con malattia epatica sono: tossicità da farmaci (in particolare la gentamicina) o nefropatia da contrasto, causata dalla somministrazione endovenosa di mezzo di contrasto utilizzati per indagini di imaging biomedico.

 

Trapianto di fegato

Il trattamento definitivo per la sindrome epatorenale è il trapianto di fegato, tutte le altre terapie possono essere utilizzate come propedeutiche al trapianto. Anche se il trapianto di fegato è di gran lunga la migliore opzione disponibile, la mortalità è stata dimostrata essere più elevata del 25% entro il primo mese dopo il trapianto. Gli individui affetti dalla sindrome che evidenziavano una disfunzione epatica maggiore (quantificata come un punteggio MELD superiore a 36) sono stati trovati identificati come al massimo rischio di mortalità precoce dopo il trapianto di fegato. Un ulteriore deterioramento della funzione renale, anche dopo il trapianto, è stata dimostrata in diversi studi, tuttavia ciò appare transitorio e si ritiene che possa essere causato dell’assunzione di farmaci tossici per i reni, in particolare gli immunosoppressori, come la ciclosporinae il tacrolimus, che sono noti per peggiorare la funzionalità renale. Sul lungo termine, la funzionalità renale, negli individui con sindrome epatorenale che hanno ricevuto un trapianto, tende a recuperare in quasi ogni caso e gli studi dimostrano che i tassi di sopravvivenza a tre anni sono simili a chi ha ricevuto un trapianto di fegato per motivi diversi. In attesa di trapianto di fegato, altre strategie possono essere messe in atto per preservare la funzionalità renale: queste includono l’uso di infusioni endovenose di albumina, la somministrazione di farmaci (in particolar modo analoghi della vasopressina, che produce una vasocostrizione splancnica), procedure di radiologia interventistica per diminuire la pressione nella vena porta, dialisi e dialisi epatica.

Terapia medica

Molti studi mostrano importanti miglioramenti della funzionalità renale, in pazienti con sindrome epatorenale, grazie all’espansione del volume plasmatico per mezzo di albumina per via endovenosa. La quantità di albumina somministrata è di 1 grammo per chilogrammo di peso corporeo al primo giorno, seguita da 20 a 40 grammi nei giorni successivi. In particolare, gli studi hanno dimostrato che il trattamento con sola albumina, è inferiore al trattamento con altri farmaci in combinazione con la stessa. La maggior parte degli studi di valutazione pre-trapianto comportano terapie con l’uso di albumina in combinazione con altri trattamenti medici o procedurali. La midodrina è un farmaco alfa-agonista e l’octreotide è un peptide analogo della somatostatina, un ormone coinvolto nella regolazione del tono dei vasi sanguigni nel tratto gastrointestinale. I farmaci sono, rispettivamente, vasocostrittori sistemici e inibitori della vasodilatazione splancnica e non hanno mostrato utilità se usati singolarmente nel trattamento della sindrome epatorenale. Tuttavia, uno studio condotto su 13 pazienti affetti dalla sindrome, ha mostrato un miglioramento significativo della funzionalità renale quando i due sono stati usati insieme (con la midodrina somministrata per via orale e l’octreotide per via sottocutanea ed entrambi dosati a seconda della pressione del sangue), con tre pazienti sopravvissuti alla condizione. Un altro studio, non randomizzato, osservazionale sui pazienti con sindrome epatorenale trattati con octreotide per via sottocutanea e midodrina orale, ha dimostrato che non vi è stato un aumento della sopravvivenza a 30 giorni. L’ornipressina, un vasocostrittore, è stata trovata, in alcuni studi, essere utile nel miglioramento della funzionalità renale nei pazienti con sindrome epatorenale, ma il suo utilizzo è limitato in quanto può causare gravi ischemie in importanti organi. La terlipressina è un analogo della vasopressina, che si è dimostrata utile per migliorare la funzionalità renale nei pazienti con sindrome epatorenale comportando una minore incidenza di ischemia. Una critica fatta a tutte queste terapie farmacologiche è che è stata utilizzata la funzionalità renale, invece della mortalità, come misura dell’esito. Altri agenti studiati per il trattamento della sindrome epatorenale includono: pentossifillina, acetilcisteina e misoprostol. La prova di tutte queste terapie è basata o su una serie di casi o, nel caso della pentossifillina, i dati estrapolati da un sottogruppo di pazienti trattati per epatite alcolica.

Trattamenti interventistici

Lo shunt portosistemico intraepatico transgiugulare comporta la decompressione delle elevate pressioni presenti nella circolazione portale, inserendo un piccolo stent tra la vena porta e la vena epatica. Questo viene fatto attraverso cateteri, guidati radiologicamente, che vengono passati nella vena epatica o attraverso la vena giugulare interna o la vena femorale comune. Teoricamente, una diminuzione della pressione portale è ritenuta in grado di invertire i fenomeni emodinamici che alla fine portano allo sviluppo della sindrome epatorenale. La procedura ha dimostrato di migliorare la funzionalità renale nei pazienti con sindrome epatorenale. Le complicazioni della TIPS per il trattamento della sindrome includono il peggioramento della encefalopatia epatica (in quanto la procedura prevede la creazione forzata di uno shunt porto-sistemico, aggirando, di fatto, la capacità del fegato di elaborare le tossine), l’impossibilità di raggiungere una riduzione adeguata della pressione portale e un possibile sanguinamento.

La dialisi epatica comporta una dialisi extracorporea allo scopo di rimuovere le tossine dalla circolazione, solitamente attraverso l’aggiunta di un secondo circuito di dialisi contenente una membrana costituita da albumina. Questa tecnica ha già dato buoni risultati, ma tuttavia è ancora in via di sviluppo.

La terapia di sostituzione renale (emodialisi) può essere richiesta per trattare individui con sindrome epatorenale in attesa di trapianto di fegato, anche se la condizione del paziente può decidere le modalità da utilizzare. L’uso della dialisi, tuttavia, non porta a recupero o alla conservazione della funzionalità renale nei pazienti con sindrome epatorenale ed è, essenzialmente, utilizzata solo per evitare le complicazioni dovute ad insufficienza renale fino a quando il trapianto può avvenire. In pazienti sottoposti ad emodialisi, vi si potrebbe anche riscontrare un aumentato del rischio di mortalità dovuta a ipotensione, sebbene studi adeguati debbano ancora essere eseguiti. Come risultato, il ruolo della terapia di sostituzione renale nei pazienti con la sindrome rimane ancora poco chiara.

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