Glicogenosi di tipo II (malattia di Pompe): sintomi, diagnosi, cura, film

MEDICINA ONLINE MEDICO PAZIENTE CONSULTO DIAGNOSI MEDICO DI BASE FAMIGLIA ANAMNESI OPZIONI TERAPIE STUDIO OSPEDALE AMBULATORIO CONSIGLIO PARERE IDEA RICHIESTA ESAME LABORATORIO ISTOLOGICO TUMORE CANCROLa glicogenosi di tipo II (o di “tipo 2” o “malattia di Pompe” o “morbo di Pompe“) appartiene a un gruppo di malattie ereditarie caratterizzate dall’accumulo di glicogeno all’interno delle cellule o di alcuni organuli. In particolare, in questa malattia l’accumulo è a livello dei lisosomi, gli organuli intracellulari in cui avviene la degradazione di vari tipi di molecole. L’accumulo di glicogeno si verifica in vari tessuti: nel muscolo scheletrico, nel sistema nervoso, nel cuore e nel fegato, compromettendone la normale funzione. Alla base c’è il deficit di un enzima, chiamato acido alfaglucosidasi e deputato allo smaltimento del glicogeno nei lisosomi stessi.

Trasmissione

La glicogenosi di tipo 2 è dovuta a mutazioni nel gene GAA e si trasmette con modalità autosomica recessiva: l’allele alterato deve essere presente in coppia (omozigosi), cioè sono necessarie due copie dell’allele difettoso per far sì che la malattia si esprima, a prescindere dal sesso. Non basta un solo genitore portatore sano o malato, bensì entrambi i genitori devono essere portatori sani o malati. Il fenotipo quindi si esprime quando nel genotipo dell’individuo sono presenti entrambi gli alleli responsabili, fatto che spiega l’alta probabilità di sviluppare malattie genetiche in caso di incesto. Quindi:

  • un individuo che possegga entrambi gli alleli alterati: è portatore ed è malato;
  • un individuo che possegga solo un allele alterato: è portatore ma è sano;
  • un individuo che non possegga nessun allele alterato: NON è portatore ed è sano.

Essere portatore sano vuol dire quindi NON avere la patologia ma possedere nel proprio genotipo un allele mutato, che può essere trasmesso alle generazioni successive.

Dalla combinazione delle possibili condizioni di genitori sani, malati e portatori sani, deriva la distribuzione probabilità che la malattia sia trasmessa ai figli:

  • genitori malato-malato: la probabilità che il figlio/a nasca malato è del 100%;
  • genitori sano-malato: la probabilità che il figlio/a nasca portatore sano è del 100%;
  • genitori malato-portatore sano: la probabilità che il figlio/a nasca malato è del 50% e del 50% che nasca portatore sano;
  • genitori sano-portatore sano: la probabilità che il figlio/a nasca sano è del 50% e del 50% che nasca portatore sano;
  • genitori portatore-portatore: la probabilità che il figlio/a nasca portatore sano è del 50% mentre è del 25% che nasca sano o malato.

Se nessuno dei genitori ha un allele mutato, non c’è ovviamente alcuna trasmissione autosomica recessiva ed i figli saranno tutti sani e NON portatori dell’allele mutato.

Nell’immagine che segue, è raffigurata la tipica situazione in cui entrambi i genitori sono sani ma portatori dell’allele mutato:

  • un figlio su quattro avrà entrambi gli alleli alterati e sarà malato ed ovviamente portatore;
  • due figli su quattro avranno un allele normale ed uno alterato e saranno sani ma anche portatori;
  • un figlio su quattro avrà entrambi gli alleli normali e sarà sano e NON portatore.

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Le altre quattro situazioni possibili sono raffigurate nelle seguenti immagini:

Sintomi e complicanze

Le manifestazioni della malattia sono variabili, a seconda dell’età di insorgenza. Le forme infantili sono le più gravi: caratterizzate da cardiomiopatia e grave debolezza muscolare, possono portare alla morte nel primo anno di vita. Le forme più tardive sono in genere più lievi, ma sono comunque caratterizzate da un indebolimento muscolare progressivo che può portare col tempo all’incapacità di camminare e all’insufficienza respiratoria.

Diagnosi

L’osservazione clinica porta a un sospetto diagnostico che può essere confermato dal dosaggio dell’enzima coinvolto in fibroblasti coltivati, in linfociti o in un campione di biopsia muscolare. È inoltre possibile effettuare l’analisi genetica (anche prenatale) con ricerca della mutazioni nel gene GAA. Attualmente questa malattia non rientra tra quelle oggetto dello screening neonatale esteso, se non in alcune Regioni (come per esempio la Toscana e il Veneto) dove è in corso una sperimentazione pilota: tuttavia le evidenze scientifiche emerse finora indicano come una diagnosi – e quindi una presa in carico – precoce possa contribuire a migliorare la qualità di vita di questi pazienti, per cui sarebbe auspicabile che in futuro anche la malattia di Pompe rientrasse tra quelle oggetto di screening alla nascita.

Terapia

E’ disponibile una terapia enzimatica sostitutiva, con iniezione periodica dell’enzima prodotto per via ricombinante (una volta ogni due settimane, per diverse ore). Questa terapia è molto efficace nelle forme infantili, mentre in alcune forme tardive può portare alla sola stabilizzazione della malattia e non a un efficace miglioramento. Inoltre, la somministrazione sistemica attraverso il sangue non permette di raggiungere efficacemente tutti gli organi colpiti. Per questo sono in fase di studio anche terapie alternative, come per esempio la terapia genica, o complementari, come l’impiego di farmaci chaperon in grado di migliorare gli effetti dalla terapia enzimatica sostitutiva.

Morbo di Pompe al cinema

La malattia di Pompe è citata nel film del 2010 “Misure straordinarie” diretto da Tom Vaughan ed interpretato da Harrison Ford e Brendan Fraser nella parte di John Crowley, basato su una storia vera, descritta nel libro “The Cure” scritto da Geeta Anand.

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