Discalculia: significato, tipi, sintomi, diagnosi e terapia

MEDICINA ONLINE BAMBINI BIMBI SCUOLA PRIMARIA ELEMENTARE ETA PICCOLI EDUCAZIONE INSEGNANTE DISTURBI SPECIFICI APPRENDIMENTO DSA INTELLIGENZA DISLESSIA DISGRAFIA DISORTOGRAFIA ATTENZIONE DISCALCULIA SCRIVERE NUMERI ERRORI.jpgLa discalculia (anche chiamata disturbo dell’aritmetica) è un disturbo specifico dell’apprendimento e nella comprensione dell’aritmetica, cioè nella gestione dei numeri e nella loro manipolazione, che si manifesta in bambini a sviluppo tipico, di intelligenza normale e che non hanno subito danni neurologici. La discalculia fa parte del gruppo dei disturbi specifici di apprendimento (DSA), e spesso è presente insieme ad altri disturbi dello stesso gruppo, come dislessia, disgrafia, disortografia e al disturbo specifico della compitazione. La discalculia non deve essere confusa con la normale difficoltà che incontra il bambino nella scuola primaria (le elementari), quando impara i numeri e la loro gestione per la prima volta (intorno ai 6 anni di età). Sebbene la discalculia sia un disturbo di interesse prevalentemente pediatrico, può interessare anche gli adulti.

Tipi e sintomi

I sintomi tipici di discalculia sono una serie di errori frequentemente commessi, tra cui:

  • errori nel recupero di fatti aritmetici;
  • errori nel mantenimento e nel recupero delle procedure;
  • errori nell’applicazione delle procedure;
  • difficoltà visuospaziali.

In base ai sintomi si distinguono due tipi di discalculia:

  • prima tipologia: è caratterizzata da debolezza nella strutturazione cognitiva delle componenti numeriche (cioè negli aspetti basilari, quali subitizing, meccanismi di quantificazione, seriazione, comparazione, strategie di calcolo mentale, ecc.);
  • seconda tipologia: è caratterizzata da compromissioni a livello procedurale e di calcolo (lettura, scrittura e incolonnamento dei numeri, recupero dei fatti numerici e degli algoritmi del calcolo scritto).

La prima tipologia di discalculia è da intendersi come “cecità ai numeri”, cioè l’incapacità del bambino di comprendere e di manipolare le numerosità a causa del funzionamento alterato di quello che Butterworth chiamava “cervello matematico”, una struttura innata specializzata nel categorizzare il mondo in termini di numerosità. Nei bambini con questo profilo di discalculia si evidenziano difficoltà fin dai primi anni di vita nell’esecuzione dei compiti più semplici come riconoscimento di quantità, counting, subitizing e comparazioni. Tali difficoltà di base costituiscono ovviamente un impedimento all’acquisizione delle abilità matematiche superiori.
Il secondo profilo di discalculia si riferisce invece in modo specifico alla compromissione del processo di acquisizione delle procedure e degli algoritmi del calcolo.

Diagnosi

Come riportato nella Consensus Conference del 2009 e nella Legge nazionale 170/2010, anche per il Disturbo Specifico del Calcolo, come per quelli della lettura (Dislessia) e della scrittura (Disgrafia), vi è un generale accordo sulla necessità di somministrare prove standardizzate che forniscano parametri per valutare la correttezza e la rapidità, e di applicare il criterio di -2ds (meno due Deviazioni Standard) dai valori medi attesi per l’età e/o classe frequentata nelle prove specifiche. Tuttavia, considerata la complessità dei fattori che intervengono nella descrizione della discalculia evolutiva e la facilità di identificare profili di falsi positivi, è necessario chiarire che nessun test basta da solo per porre la diagnosi clinica di tale disturbo. L’indice principale necessario a distinguere un disturbo da una difficoltà di calcolo, come dimostrano le più recenti evidenze sperimentali, è identificabile nella “resistenza al trattamento”. Se un bambino in difficoltà nell’area del calcolo, con cadute nei test specifici, viene aiutato in modo adeguato e migliora significativamente le proprie competenze, è possibile escludere l’ipotesi di discalculia evolutiva. Nella pratica quotidiana tuttavia, può capitare che si diagnostichino bambini come discalculici ancora prima che si sia fatto almeno un tentativo di approfondimento del profilo, e soprattutto prima di verificare l’efficacia di un intervento di potenziamento mirato. Pertanto risulta possibile incappare in un “falso positivo”, ossia diagnosticare una discalculia quando in realtà si tratta di una semplice difficoltà nel calcolo, che, con un adeguato potenziamento, può facilmente evolvere fino ad ottenere risultati in norma con l’età.

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Terapia e potenziamento

Con “potenziamento” si intende un intervento educativo in grado di favorire il normale sviluppo di una funzione che sta emergendo, offrendo situazioni di apprendimento con elementi di novità e complessità maggiore rispetto a quanto il bambino potrebbe imparare se agisse da solo. Il concetto di potenziamento deriva da quello di “sviluppo prossimale” proposto da Vygotskij. Secondo lo studioso, la “zona di sviluppo prossimale” si può identificare tra il livello di sviluppo attuale del bambino, determinato dalla sua capacità di soluzione di problemi in modo indipendente, ed il suo livello di sviluppo potenziale, definito dalla sua capacità di soluzione di problemi con l’assistenza di un adulto, o attraverso la collaborazione con bambini più capaci. In altre parole, il potenziamento è quel percorso che garantisce al bambino di raggiungere il miglior sviluppo di ogni sua competenza. Un buon metodo di potenziamento implica che:

  • l’educatore conosca i processi dominio-specifici, e le fasi evolutive della loro maturazione;
  • l’intervento sia finalizzato ad aiutare il bambino nelle abilità più affaticate;
  • l’evoluzione del processo risulti migliore rispetto all’evoluzione naturale attesa.

In sintesi, il processo che parte dalla valutazione iniziale fino alla programmazione dell’intervento di potenziamento è il seguente: la valutazione iniziale viene attuata attraverso test oggettivi, e consente di individuare una o più aree carenti nel profilo del bambino in base al principio di discrepanza nel dominio specifico interessato. Una volta individuato tale profilo, è possibile programmare il percorso di potenziamento più adeguato, che deve essere specifico, ovvero volto a promuovere la migliore evoluzione delle abilità più deboli (differenziale di sviluppo). Alla fine del percorso di potenziamento è necessario valutarne l’efficacia attraverso la ripetizione delle valutazioni del profilo (follow-up).

Cosa fare?

Quando un genitore deve affrontare il problema di un figlio con un disturbo di apprendimento può sperimentare sentimenti di ansia, aggressività, frustrazione rispetto alla diagnosi ricevuta. I genitori che si lasciano trasportare da questo tipo di vissuti e sentimenti non aiutano però i loro bambini a superare con successo il disturbo. È importante che i genitori si attivino in prima persona cercando di capire che cosa significa la discalculia e quali difficoltà (non solo in ambito matematico, ma anche psicologico) implichi per il loro bambino. Solo in questo modo potranno implementare e portare avanti le modalità e le strategie più adeguate per affrontare questo disturbo. Il bambino riceverà quindi un supporto fondamentale per affrontare e superare i suoi problemi. Il genitore dovrà quindi:

  • informarsi il più possibile sul problema discalculia per conoscere il problema a fondo e non sottovalutarlo (ma neanche sopravvalutarlo!);
  • cercare una valutazione diagnostica appropriata;
  • contattare associazioni che si occupano dei disturbi dell’apprendimento;
  • non incolpare il bambino, mortificandolo, specie di fronte ad altri bambini che non hanno il suo stesso problema;
  • aiutare il bambino nelle attività scolastiche, in particolare attuando esercizi che puntino a favorire il conteggio a mente e scritto in modo divertente, utilizzando anche esempi pratici mascherati da giochi, con oggetti della casa, ad esempio: ci sono in frigorifero 8 mele quante ne rimangono se ne mangio 2?;
  • associare l’apprendimento delle tabelline con filastrocche e canzoncine in rima
  • aiutare il riconoscimento da parte del bambino della grandezza di un insieme utilizzando oggetti della vita quotidiana, ad esempio: quante sono queste caramelle?;
  • effettuare delle “gare” di calcolo tra il genitore ed il bambino in cui si mette in palio una piccola ricompensa, come un gelato;
  • rinforzare il bambino nei successi che ottiene;
  • aiutare il bambino ad acquisire una buona autostima, complimentandosi con lui quando riesce ad effettuare un calcolo ed evitando di arrabbiarsi quando non ci riesce;
  • aiutare il bambino ad affrontare le attività scolastiche e in particolare la matematica e in generale il campo scientifico in modo divertente, ad esempio comprandogli un microscopio o un telescopio se mostra interesse verso la biologia o l’astronomia;
  • stimolare le sue domande e i suoi interrogativi in modo intelligente, magari “sfruttando” sui suoi interessi, ad esempio: vediamo insieme quanto è lungo un campo di calcio e quanti giocatori ci giocano?;
  • mostrarsi interessato a lui, confrontandosi su tematiche che non riguardano direttamente l’ambito scolastico ma anche la sua vita in generale, come ad esempio amicizie, interessi, sport, squadra del cuore di calcio.

Nel rapporto con la scuola e gli insegnanti, il genitore dovrà:

  • discutere del problema con tutti gli insegnanti;
  • evitare di incolpare gli insegnanti (o sé stessi!) del problema discalculia.

Il genitore dovrà richiedere agli insegnanti che il bambino sia aiutato con con strumenti compensativi previsti dalla dalla legge 170/10, tra cui:

  • uso del computer e di programmi appositi sulla discalculia;
  • uso della tavola pitagorica;
  • uso della calcolatrice.

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