In alcune patologie che riguardano l’occhio, l’unica terapia realmente efficace risiede nella rimozione chirurgica dell’intero occhio, ipotesi affrontata con estremo intuibile disagio da parte del paziente, purtuttavia spesso salvavita. Negli ultimi anni ci sono stati notevoli sviluppi e perfezionamenti nella chirurgia della cavità anoftalmica sia nella fase di pianificazione di asportazione del contenuto dell’orbita sia nella fase di ricostruttiva. Come per altre procedure di microchirurgia oftalmica, l’asportazione di un occhio malato e non vedente, deve essere effettuata meticolosamente per ottenere il miglior risultato funzionale ed estetico e per evitare sequele che possano aggravare ulteriormente la già difficile condizione dei pazienti. La rimozione dell’occhio o del contenuto dell’orbita, è una delle decisioni più gravi e difficili di un paziente e del medico che deve eseguire questo intervento. Pur essendo l’occhio rimosso ben mascherato esteticamente da protesi adatte, molto spesso i pazienti a fronte di un intervento di asportazione del bulbo oculare necessitano di farmaci antidepressivi e di un ausilio psicologico.
Vedi: foto di una paziente dopo rimozione chirurgica dell’occhio destro
Patologie
Le patologie che potrebbero determinare la terapia chirurgica di rimozione dell’occhio sono spesso secondarie a precedenti interventi chirurgici oculari od orbitari, traumi, infezioni o tumori.
Tipi di intervento
Esistono due tipi principali di intervento in relazione allo stato del bulbo oculare o alla causa che ne ha determinato la malattia e la cecità:
- enucleazione: rimozione del globo, compresa cornea, sclera ed una porzione del nervo ottico;
- eviscerazione: rimozione del contenuto del globo lasciando il nervo ottico e sclera in situ.
Sia nel caso di enucleazione, sia in quello di eviscerazione viene ricostituito il contenuto dell’orbita inserendo un impianto endoorbitario con biglie di idrossiapatite (materiale biocompatibile di sintesi molto poroso, facilmente colonizzabile e vascolarizzabile allo strato superficiale) o PMMA (polimetilmetacrilato). L’impianto primario, inserito nella sclera, va suturato ai quattro muscoli retti per trasmettere il movimento Pur essendo fondamentale per il risultato funzionale e cosmetico l’impianto può presentare dei problemi postoperatori quali esposizione o estrusione. Obiettivi finali degli interventi, sono:
- rimuovere in modo sicuro ed efficace l’occhio malato o il contenuto dell’orbita;
- eliminare interamente (o il più possibile) la patologia oculare di base;
- garantire il miglior risultato estetico possibile.
Oltre alla procedura chirurgica, l’oftalmologo spesso deve coordinare cure accessorie, come la radioterapia, una opportuna terapia sistemica antinfiammatoria / antidolorifica e una specifica riabilitazione protesica per l’impianto di una protesi personalizzata. Quest’ultima fase è gestita da un ocularista, tecnico specializzato nella costruzione, manutenzione ed impianto delle protesi oculari. Anche se il chirurgo (in genere un oculistica specializzato in chirurgia oftalmoplastica) che esegue interventi questo tipo di interventi pratica una ottima procedura è utile fornire un particolare sostegno emotivo ai pazienti ed in alcuni pazienti (soprattutto se bambini) avrà bisogno di riferimenti psicologici e il contatto con gruppi di sostegno.
Enucleazione
L’intervento di enucleazione consiste nella rimozione del bulbo oculare per la presenza di una patologia degenerativa o evolutiva, per la presenza di dolore incoercibile, per il rischio di oftalmia simpatica controlaterale o per l’impossibilità di poter indossare un guscio protesico.
Anestesia
L’anestesia più frequentemente usata è quella generale. Si può prevedere una anestesia locale unita a una sedazione in caso di controindicazioni formali al primo tipo di anestesia.
Intervento
Durante l’intervento (che dura circa tra mezz’ora e un’ora) il globo oculare è sostituito da un impianto la cui taglia, simile a quella di un occhio normale, permette l’adattamento di una protesi oculare. Questo impianto può essere un innesto prelevato dal paziente durante l’operazione stessa (innesto dermo-adiposo) o essere costituito da un biomateriale inerte. I muscoli che assicurano i movimenti oculari sono nella maggior parte dei casi fissati su questo impianto in modo da assicurare la mobilità. I tessuti che ricoprono l’occhio (capsula di Tenone e congiuntiva) sono suturati adeguatamente per poter inserire un conformatore (piccolo guscio in materiale sintetico) che sostituisce la futura protesi. L’intervento permette generalmente una adeguata mobilità del globo oculare. In ogni caso una protesi non sarà mai essere mobile esattamente come un occhio a causa della sua rigidità.
Dopo l’intervento
Nel post-operatorio un edema delle palpebre e dolore sono da considerarsi normali per i 3 o 4 giorni che seguono l’operazione. Normalmente vengono prescritti analgesici ed antibiotici per via generale e colliriantibiotici e/o antinfiammatori per alcune settimane.
Rischi e complicanze
L’intervento è generalmente privo di rischi elevati, tuttavia possono essere riscontrate le seguenti complicanze:
- apertura della cicatrice congiuntivale;
- esposizione e/o espulsione della biglia;
- infezione;
- irritazione localizzata;
- scarso confort oculare;
- dolenzia;
- ipoestesia;
- parestesie periorbitarie;
- lassità palpebrale;
- ptosi (abbassamento della palpebra superiore);
- enoftalmo (volume orbitario inferiore con “incavamento” dell’occhio);
- instabilità della biglia impiantata.
Tali complicanze possono verificarsi anche in seguito ad un intervento correttamente condotto.
Risultati
I risultati vengono valutati a distanza (dopo alcuni mesi) e dipendono da diversi fattori tra cui il tipo di operazione, lo stato del sacco congiuntivale e delle palpebre, la qualità della protesi. Sono generalmente buoni sul piano estetico. I risultati in alcuni casi possono richiedere atti chirurgici complementari.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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