Con dischezia in medicina si indica una stitichezza dovuta ad incapacità a effettuare l’atto della defecazione anche in presenza di feci, causata da una alterazione funzionale del retto. Le feci si formano regolarmente nel colon, ma quando giungono nell’ampolla rettale (la parte dilatata del retto) non riescono ad essere espulse normalmente attraverso l’ano e si accumulano: la defecazione diviene in questi casi dolorosa o addirittura impossibile. La dischezia infantile è relativamente diffusa, inoltre la discrezia è uno dei principali sintomi della endometriosi. La dischezia di lunga durata, con sforzo cronico, può essere correlata a molte complicazioni, tra cui enterocele, ulcerazione, rettorragia e prolasso rettale.
Cause e fattori di rischio
La dischezia è dovuta alla mancanza di coordinazione tra i muscoli del pavimento pelvico e gli sfinteri anali e può essere causata o favorita da varie condizioni e patologie, tra cui:
- età avanzata: i soggetti anziani e debilitati sono i più colpiti poiché l’azione dei muscoli addominali è inefficace;
- età pediatrica;
- enterocele;
- malattie del retto o dell’ano che rendono doloroso l’atto della defecazione (ragadi, ascessi, prolassi, fistole) per cui esso viene procrastinato;
- disturbi neurologici per cui risultino alterati i riflessi nervosi a livello dell’ultimo tratto di intestino che permettono l’espulsione delle feci;
- abitudine di rimandare a lungo l’atto della defecazione inibendo così gli stimoli allo svuotamento del retto (che originano dallo stato di distensione della sua parete);
- stati di ansia e malattie psichiatriche;
- pazienti disabili, allettati, affetti da paralisi;
- infiammazioni e infezioni anali o perianali;
- endometriosi;
- uso di alcuni farmaci (anticolinergici, oppiacei, come codeina, ossicodone, idrocodone, tramadolo, farmaci contro la diarrea, alluminio);
- blocco del transito intestinale a causa vari fattori come tumori intestinali o addominali o gomitolo di parassiti intestinali;
- colite;
- fecaloma;
- dieta povera di liquidi;
- vomito e sudorazione intensi e prolungati;
- tumore al colon (specie a livello di sigma e retto);
- tumore che comprime il colon dall’esterno;
- polipi intestinali;
- diverticoli;
- blocco intestinale;
- parassiti nel retto;
- malformazioni del retto o dell’ano;
- tumori del retto;
- rettocele;
- lesioni del midollo spinale;
- ictus cerebrale;
- ipotiroidismo;
- gravidanza;
- morbo di Parkinson;
- bambino che disobbedisce al genitore che cerca di imporgli una certa regolarità nelle abitudini di defecazione.
Sintomi e segni
Il paziente avverte normalmente la presenza di feci nell’ampolla rettale ed ha lo stimolo ad evacuare, ma – nel momento in cui prova ad espellere il materiale fecale dall’ano – non ne è capace, nonostante ci provi a lungo e con grandi sforzi. Il contenuto intestinale si arresta così nell’ampolla rettale e tende ad accumularsi, anche formando fecalomi: il paziente lamenta una progressiva sensazione di blocco/ostruzione e dolore prima, durante o dopo la defecazione. Possono essere associati svariati sintomi, molto utili al medico per raggiungere la diagnosi, tra cui:
- dolore ai quadranti inferiori dell’addome;
- pienezza rettale;
- distensione addominale;
- tenesmo;
- dolore di tipo colico nella fossa iliaca sinistra;
- perdita di peso;
- nausea;
- vomito;
- disidratazione;
- cefalea;
- meteorismo;
- flatulenza;
- rettorragia;
- malessere generale;
- encopresi;
- diarrea;
- sintomi urinari come disuria, ritenzione urinaria, pollachiuria e – nei casi più gravi – anuria e globo vescicale.
Tipo ed andamento del dolore
Tipo ed andamento del dolore aiutano il medico a comprendere le sue cause. Un dolore crampiforme addominale profondo e di tipo colico prima delle defecazione, potrebbe indicare un blocco intestinale, ad esempio da fecaloma. Un dolore acuto e massimo durante la defecazione che tende a diminuire gradatamente al termine delle defecazione, in genere indica emorroidi. Un dolore minimo all’inizio della defecazione, che aumenta progressivamente durante la defecazione ed è massimo al suo termine, generalmente indica ascesso anale o ragadi.
Diagnosi
La diagnosi della causa a monte che determina dischezia viene effettuata durante la visita proctologica con anoscopia, in cui anamnesi ed ispezione della zona anale sono spesso sufficienti a raggiungere una diagnosi. L’esame fisico del paziente con palpazione dell’addome può permettere al medico di palpare una eventuale massa dura di origine fecale in fossa iliaca sinistra, probabile segno di fecaloma. L’esplorazione digitale rettale può aiutare il medico nella diagnosi. La rettosigmoidoscopia è particolarmente utile in tutti i dolore durante la defecazione, stipsi ostinata e blocchi intestinali. In alcuni casi si può ricorrere alla radiografia diretta dell’addome. L’esame delle feci con coprocoltura e ricerca di sangue occulto è in molti casi utile al medico per raggiungere la diagnosi, come anche la defecografia e la colonscopia tradizionale e virtuale.
Terapia
Non esiste una unica cura capace di guarire tutte le forme di dischezia: il trattamento dovrà necessariamente essere impostato in base alle cause che l’ha determinata.
In caso di fecalomi la terapia può includere un clistere evacuativo (leggi la nostra guida per fare un clistere) o, se posizionati vicino all’ano, tramite una esplorazione rettale e frantumazione del fecaloma con un dito indossando prima dei guanti di lattice, eseguita da personale qualificato in modo fermo ma delicato per evitare traumi all’ano o al retto.
Per favorirne la frantumazione manuale si possono prima praticare clisteri di glicerina o olio minerale caldo (come ad esempio olio di vaselina), trattenendoli per circa 20-30 minuti prima di procedere con lo svuotamento manuale o con l’ausilio di uno speciale cucchiaio. In alcuni casi la dischezia potrebbe richiedere l’intervento chirurgico.
In caso di occlusione intestinale paralitica, a volte la situazione si risolve spontaneamente nel giro di qualche giorno; se i medici lo ritengono opportuno, la guarigione può comunque essere favorita od accelerata dalla somministrazione di farmaci che aumentano la contrattilità della muscolatura addominale, favorendo l’avanzamento del contenuto enterico bloccato dall’occlusione intestinale.
Consigli
- evitare le abbuffate;
- alimentarsi in modo adeguato;
- assumere la giusta quantità di fibre (né troppe, né troppo poche);
- perdere peso se sovrappeso o obesi;
- bere adeguate quantità d’acqua (almeno 1,5 litri al giorno);
- svolgere periodicamente attività fisica;
- evitare la vita sedentaria;
- indossare biancheria intima di cotone;
- evitare biancheria sintetica non traspirante;
- mantenere la zona anale e perianale pulita, usando detergenti appropriati dopo ogni defecazione;
- evitare l’igiene eccessiva o maniacale che potrebbe causare irritazione;
- utilizzare carta igienica morbida, non colorata e non profumata;
- lavare la zona anale dopo l’attività sportiva per eliminare sudore e sporcizia recuperata da eventuali attrezzi sportivi;
- asciugare la zona genitale ed anale con il phon o con un panno morbido di cotone, evitando di lasciarla umida;
- evitare il grattamento dell’ano;
- lavare l’ano con acqua tiepida o lievemente calda o lievemente fredda: NON usare acqua gelata o bollente;
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