La prossemica (dall’inglese proxemics, termine coniato dallo studioso statunitense E. T. Hall) indaga l’organizzazione delle distanze tra le persone e i modi in cui gli uomini utilizzano lo spazio e le abitudini territoriali che instaurano fra loro. In primo luogo, dunque, la prossemica analizza i gradi di distanza che l’uomo decide di frapporre tra sé e gli altri, sia nelle relazioni interpersonali sia nella pianificazione degli spazi urbani. La prossemica si basa sulla constatazione che la comunicazione non si fonda solamente sullo scambio di parole, gesti ed espressioni, ma anche sul “linguaggio” dell’avvicinarsi e allontanarsi tra le persone. Si tratta di un linguaggio fortemente codificato nelle diverse culture, ma nel quale sembrano esistere alcuni presupposti universali comuni.
I tre territori di Morris
Come l’esperienza ci insegna, quando ci troviamo con persone intime o che ci
interessano, aboliamo le distanze. Negli altri casi, invece, viviamo una vicinanza corporea troppo marcata come un’invasione del nostro “territorio personale”. Ma cosa si intende esattamente per “territorio ” L’etologo britannico Desmond Morris
(nato nel 1928) ne individua tre tipi:
- territorio personale: l’area più immediatamente intorno a noi stessi, che riteniamo “vitale” e che ci disturba vedere violata, se non da persone con cui abbiamo un contatto intimo (il partner, i genitori). È lo spazio che portiamo sempre con noi e che preserviamo dagli attacchi esterni, anche se non sempre è possibile (per esempio, sull’autobus affollato, situazione che infatti ci crea fastidio);
- territorio familiare: il luogo, più ampio dello spazio personale, che riteniamo “nostro” e che possiamo controllare. Coincide grossomodo con lo spazio della casa, ma può essere allargato anche all’esterno (la “nostra” macchina); ammette l’intrusione da parte di terzi ma limitata a persone che conosciamo (pensiamo al disagio che ci provocherebbe vedere entrare improvvisamente un estraneo nella nostra stanza, territorio familiare per eccellenza);
- territorio tribale: uno spazio, per lo più pubblico, che diventa “nostro” in seguito a ripetute occupazioni: la “curva” dei tifosi (che essi difendono attraverso rituali come cori o insegne), ma anche il quartiere dove viviamo, il “nostro” bar ecc.
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I quattro gradi di distanza di Hall
Lo studio del significato della distanza fra i corpi è stato introdotto dallo studioso americano Edward Hall, che parte dall’etologia dimostrando come gli animali delimitino frazioni precise del loro territorio preservandolo dalle invasioni degli altri animali. Anche noi, analogamente, “marchiamo” il territorio: a tavola o in classe, per esempio, tendiamo a occupare sempre lo stesso posto. Hall individua quattro diversi gradi di distanza significativi per l’interazione umana:
1. Distanza intima (da 0 a 45 cm): da 0 a 15 cm è la distanza (o meglio l’assenza di distanza) fra due persone nell’amplesso, nella lotta o in altre situazioni di totale coinvolgimento fisico ed emotivo; da 15 a 45 cm i soggetti non sono in contatto diretto, ma la reciproca presenza è evidente e coinvolgente; tutti i nostri sensi partecipano all’interazione (si percepisce facilmente l’odore dell’altro e se ne controllano bene i movimenti).
2. Distanza personale (da 45 a 120 cm): pur marcando un distacco preciso prevede
la possibilità del contatto (è ancora possibile trattenere o afferrare l’altro). È tipica per esempio delle discussioni fra familiari o amici stretti. I 120 cm rappresentano il confine del dominio fisico inteso nel suo senso più proprio: a questa distanza, tocchiamo le dita dell’altro solo se entrambi allunghiamo le braccia.
3. Distanza sociale (da 120 a 360 cm): è tipica delle situazioni lavorative e degli affari impersonali: per esempio, l’interrogazione in classe o un esame universitario. A circa 360 cm avvengono incontri occasionali e convenzionali, e questa distanza può anche essere usata per isolare o proteggere i soggetti, poiché si può non interagire senza apparire sgarbati.
4. Distanza pubblica (da 3,60 m a 7,50 e oltre): è una “distanza di sicurezza”, poiché un individuo se minacciato, mantenendosi al di fuori di tale limite spaziale, può facilmente fuggire. La distanza oltre i 7 m e 50 caratterizza rapporti con marcate differenze gerarchiche e di ruoli: l’avvocato che parla in tribunale, gli attori sul palcoscenico. Si distingue male il corpo e non si vedono i particolari del volto.
Hall ha svolto i suoi studi sulla borghesia bianca statunitense: occorre rilevare, però, che i modelli prossemici subiscono variazioni anche rilevanti da cultura a cultura e da società a società. Gli arabi, gli europei del Sud e i latino-americani, per esempio, prediligono le distanze ravvicinate più dei nordeuropei e degli americani. Se, abituati alle distanze “italiane”, chiediamo informazioni a qualcuno in una strada di NewYork, potremmo mettere in imbarazzo il nostro interlocutore, poiché nel parlargli probabilmente oltrepasseremo quella che lui considera la sua “distanza di sicurezza”.
Libri consigliati
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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