La “sifilide” (anche chiamata “lue” o “morbo gallico“) è una patologia che appartiene al gruppo delle malattie a trasmissione sessuale (MTS) causata dal batterio Treponema pallidum, capace di interessare uomini e donne indistintamente in diversi distretti corporei tra cui genitali, ano, perineo, bocca e labbra. Il contagio avviene tramite rapporti sessuali non protetti con persone infette: la sifilide infatti si trasmette direttamente attraverso le ferite e le ulcere che si formano nelle zone genitali, rettali e sulla bocca a seguito di contatto sessuale. Il contagio può avvenire anche dalla madre al feto durante la gravidanza. Dopo il contagio da Treponema pallidum, il periodo di incubazione oscilla tra 2 e 12 settimane, anche se mediamente dura circa 3 settimane. In tale periodo il paziente non ha sintomi, ma nel suo corpo è presente il batterio e può quindi contagiare altri partner.
Cause e fattori di rischio
La sifilide è una infezione causata dal batterio Treponema pallidum sottospecie pallidum, un batterio Gram-negativo di cui l’uomo è unico serbatoio naturale. I fattori che più contribuiscono alla diffusione della sifilide e, in genere, di tutte le infezioni sessualmente trasmissibili (MTS), sono:
- tendenza al non uso del profilattico;
- tendenza ad avere numerosi partner sessuali;
- tendenza ad avere rapporti sessuali con partner sconosciuti;
- scarsa percezione del pericolo relativo alle MTS;
- mancanza di sintomi di alcune MTS (il soggetto non sa di essere infetto);
- la scarsa igiene delle zone intime;
- frequenti rapporti omosessuali tra uomini;
- il ricorso frequente a pratiche di sesso orale non protetto;
- il ricorso frequente a pratiche di sesso anale non protetto (il sesso anale, a causa del grande attrito del canale rettale, contribuisce a creare ferite sanguinanti che facilitano la diffusione delle MTS);
- la carenza di informazione soprattutto tra i giovani, sia in famiglia che a scuola;
- la difficoltà a ricorrere alle strutture specialistiche di prevenzione e diagnosi.
Alcune malattie a trasmissione sessuale che sembravano in passato in diminuzione, sono probabilmente di nuovo aumentate anche a causa dei flussi migratori.
Sifilide in gravidanza e conseguenze sul feto
Una donna incinta che ha la sifilide, o altra malattia sessualmente trasmissibile, sintomatica o asintomatica, potrebbe trasmetterla al suo bambino: per tale ragione sono previsti esami di screening durante le comuni verifiche di routine prenatali, cioè appositi test per scoprire la presenza di malattia sessualmente trasmessa anche in pazienti che sono apparentemente sane. Il contagio può estendersi al feto attraverso la placenta (trasmissione transplacentare). In tal caso, il feto presenta un quadro di sifilide congenita con malformazioni che possono interessare la cute e le mucose, l’apparato scheletrico, l’occhio, il fegato, il rene e il sistema nervoso centrale. La malattia può causare nascita prematura e/o sofferenza fetale e/o aborto.
Sifilide congenita e suoi sintomi
La sifilide congenita può essere contratta da feto durante la gravidanza o durante il parto. Due terzi dei bambini nascono senza sintomi, mentre circa un terzo sviluppa segni e sintomi che poi si svilupperanno nel corso degli anni di vita, tra cui:
- epatosplenomegalia (70% dei casi);
- rash (70%);
- febbre (40%);
- neurosifilide (20%);
- polmonite (20%).
Se non trattata, la sifilide congenita può portare a deformazioni del naso, alla presenza del segno di Higoumenakis, alla tibia a sciabola, all’articolazione di Clutton e ad altre patologie.
Screening e diagnosi
Lo screening sierologico della sifilide, effettuato con un test specifico per il treponema, è raccomandato in tutte le donne alla prima visita e alla fine della gravidanza.
Nessun neonato dovrebbe lasciare l’ospedale senza che la valutazione sierologica della madre sia stata effettuata almeno una volta durante la gravidanza o, preferibilmente, al momento del parto. Ogni donna gravida con reazione sierologica positiva per la sifilide dovrebbe essere considerata infetta a meno che non sia già stata trattata e si sia già dimostrato un declino dei titoli anticorpali. La diagnosi di sifilide congenita è complicata dal passaggio transplacentare di IgG al feto, e quindi dalla difficile interpretazione dei test sierologici sul neonato. I test sierologici da effettuare sul bambino (e non con prelievo dal cordone ombelicale, per la possibilità di falsi positivi) sono di tipo quantitativo (RPR o VDRL), mentre i test specifici (TP-PA e FTA-ABS) non sono necessari. Incostante l’indicazione di effettuare il dosaggio delle IgM. Sono indicati l’esame della placenta e dall’essudato nasale o da lesioni sospette mediante immunofluorescenza diretta o identificazione del Treponema pallidumcon osservazione microscopica in campo oscuro.
Terapie
Il farmaco di elezione per trattare la sifilide è la penicillina G per via parenterale (disponibile come benzilpenicillina benzatinica) ed è anche l’unico farmaco con documentata efficacia nella terapia dell’infezione in gravidanza. La penicillina è efficace nel trattare l’infezione ma anche nel prevenire la trasmissione materno-fetale. Il regime terapeutico dipenderà dallo stadio della malattia (primario, secondario, latente o terziario).
Alcuni specialisti raccomandano una seconda dose di antibiotico a distanza di una settimana in caso di sifilide primaria, secondaria e latente di recente insorgenza. Le terapie con antibiotici alternativi in caso di soggetti allergici alla penicillina, non sono supportate ad oggi da dati sufficienti, i soggetti allergici dovrebbero quindi essere desensibilizzati e poi trattati. Tetracicline e doxiciclina non devono essere utilizzate in gravidanza, mentre l’eritromicina non va usata perché non affidabile per il trattamento del feto.
Per approfondire su cause, sintomi, diagnosi e terapia della sifilide, leggi anche il nostro articolo: Sifilide: cause, sintomi, durata, immagini, contagio, prevenzione e cura
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