Autismo: definizione, cause, sintomi, diagnosi e cure

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  • comunicazione non verbale e verbale;
  • interazione sociale;
  • repertorio di attività ed interessi.

L’autismo è ora chiamato disturbo dello spettro autistico (ASD): nel DSM-5 (cioè l’ultima versione del “Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali”), la “vecchia” categoria del disturbo pervasivo dello sviluppo (e tutti i disturbi in essa compresi, tra cui anche autismo ed Asperger), è stata sostituita appunto dal “disturbo dello spettro autistico“. L’asse a cui il disturbo dello spettro autistico fa riferimento è, nel DSM-5, quello dei “disturbi del neurosviluppo“. Per approfondire: Disturbi pervasivi dello sviluppo (disturbi dello spettro autistico)

La gravità dell’autismo varia molto in base al livello di compromissione che limita l’autonomia nella vita quotidiana. Gli autistici possono avere alcuni aspetti della propria vita gravemente compromessi, ma altri possono essere normali o addirittura migliori rispetto ai sani, grazie ad alcune qualità specifiche che possono farli primeggiare ad esempio negli studi. L’autismo è quattro volte più comune negli uomini che nelle donne. Non conosce confini razziali, etnici o sociali. Il reddito familiare, lo stile di vita o i livelli di istruzione non influiscono sulla possibilità di un bambino di essere o non essere autistico. Un celebre esempio di persona famosa con autismo è Temple Grandin.

Cause

Le cause dell’autismo risultano ancora ad oggi sconosciute, anche se i ricercatori concordano nel affermare che nei disturbi dello spettro autistico entrano in gioco cause neurobiologiche, costituzionali e psicoambientali acquisite.

Fattori di rischio

Esistono tre categorie di fattori di rischio che contribuiscono all’autismo: genetico, ambientale, differenze nella biologia cerebrale. La ricerca sostiene che una combinazione di questi fattori di rischio si traduce in autismo, ma, proprio come ogni bambino con disturbo dello spettro autistico è diverso, le potenziali “cause” o “combinazioni” di fattori di rischio si manifestano in modo diverso.

L’autismo è causato dai vaccini?

ASSOLUTAMENTE NO. È ormai del tutto screditata una vecchia ipotesi sulla presunta causa vaccinale dell’autismo: l’ipotesi, avanzata dal dott. Andrew Wakefield, si è rivelata poi una vera frode scientifica per cui il medico è stato radiato, a tal proposito leggi: I vaccini provocano l’autismo? La risposta da un nuovo studio

Sintomi

L’autismo appare durante l’infanzia e in genere segue un percorso costante senza remissione. I sintomi iniziano lentamente a manifestarsi generalmente a partire dall’età di sei mesi, fino ad essere più espliciti dall’età di due o tre anni e continuando ad aumentare fino all’età adulta, anche se spesso in una forma meno evidente. I singoli sintomi dell’autismo si possono riscontrare nella popolazione in generale ma perché si possa parlare di patologia è necessario distinguere la situazione per gravità.

I bambini con autismo hanno difficoltà a comunicare, a comprendere il pensiero altrui ed hanno una difficoltà ad esprimersi con parole o attraverso la gestualità e i movimenti facciali. Oltre a soffrire di una ipersensibilizzazione nei confronti di rumori e suoni, i bambini autistici possono avere:

  • movimenti del corpo ripetitivi e stereotipati, come dondolio, auto stimolazione o battito di mani;
  • risposte insolite alle persone;
  • attaccamenti agli oggetti;
  • resistenza al cambiamento nella loro routine;
  • comportamento aggressivo o autolesionista;
  • comportamento ripetitivo di tipo ossessivo compulsivo;
  • la disposizione degli oggetti in pile o linee (ad esempio giocattoli od oggetti sulla scrivania);
  • incapacità di utilizzare in modo adeguato, per regolare l’interazione sociale, lo sguardo, la gestualità, la mimica;
  • monotonia (resistenza al cambiamento): ad esempio l’autistico insiste sul fatto che i mobili del proprio ambiente non debbano essere spostati o cambiati;
  • comportamenti ritualistici con modello invariabile delle attività quotidiane, come ad esempio una alimentazione immutabile in orari e tipologie o un rituale nella vestizione che comprenda esattamente gli stessi gesti ogni giorno;
  • interessi o attività focalizzate su un argomento specifico, come ad esempio l’attenzione ad un unico programma televisivo, ad un unico giocattolo o un gioco in particolare, ad un unico argomento di studio;
  • possibile autolesionismo che comprende movimenti che possono danneggiare o ferire le persone, qualora la routine dell’autistico venga cambiata.

A volte possono sembrare non notare persone, oggetti o attività nell’ambiente circostante. Alcuni bambini con autismo possono anche sviluppare crisi epilettiche e – in alcuni casi – questi attacchi possono essere assenti inizialmente per verificarsi solo dell’adolescenza in poi. Si stima che circa il 70% delle persone con autismo abbiano segni motori che includono scarso tono muscolare, aprassia e deambulazione prevalente sulle punte: i deficit nella coordinazione motoria sono molto diffusi negli individui con autismo. Gli autistici hanno spesso una vera e propria ossessione per l’ordine, o per quello che viene da loro considerato “ordine”, inoltre hanno spesso pochi interessi, che tuttavia tendono a coltivare in modo profondo ed ossessivo. L’autistico è generalmente estremamente attaccato agli oggetti che considera propri e diventa possessivo qualora qualcuno provi ad impossessarsene.

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Relazione col cibo

In circa i tre quarti dei bambini con autismo, si riscontra un insolito comportamento alimentare. La selettività dei cibi che “possono essere mangiati” è il problema più comune, anche una alimentazione rituale e il rifiuto del cibo si possono verificare, tuttavia ciò non sembra causare episodi di malnutrizione. L’autistico generalmente non gradisce che nessuno prenda cibo o parte di un cibo che lui crede sia destinato a sé stesso.

Parlare ed interagire con gli altri

I soggetti autistici possono esprimersi modo considerato bizzarro: spesso ripetono parole, suoni o frasi sentite pronunciare (ecolalia). L’ecolalia può essere immediata (ripetizione di parole o frasi subito dopo l’ascolto), oppure ecolalia differita (ripetizione a distanza di tempo di frasi o parole sentite in precedenza, anche molto tempo prima). Accanto alle ecolalie sono spesso presenti le stereotipie verbali, cioè il bambino ripete parole o frasi non collegate alla situazione ed ai vissuti del momento. Alcuni bambini con autismo inventano nuove parole ed a volte la loro melodia del linguaggio può apparire cantilenante o eccessivamente manierato.
Gli autistici hanno difficoltà nel cominciare una conversazione o a rispettarne i “turni” di un dialogo, oltre a difficoltà a rispondere alle domande e a partecipare alla vita o ai giochi di gruppo. Non è infrequente che bambini affetti da autismo vengano inizialmente sottoposti a controlli per verificare una sospetta sordità, dal momento che non mostrano apparenti reazioni (proprio come se avessero problemi uditivi) quando vengono chiamati per nome. Nel rapportarsi agli altri, gli autistici hanno spesso parziale o totale incapacità di utilizzare in modo adeguato lo sguardo, la gestualità, la mimica: un autistico non riesce generalmente ad intuire il significato del linguaggio del corpo. Difficilmente un autistico comprende una battuta ironica o marcatamente sarcastica, o una storiella che includa comportamenti correlati all’emotività dei personaggi. Possono apparire marcatamente indifferenti agli stimoli emotivi e da bambini tendono ad evitare lo sguardo degli altri. A causa di tutti questi modi di comportarsi, gli autistici spesso mostrano genuinamente agli altri un comportamento caratterizzato da basso interesse verso il prossimo che può essere scambiato per egoismo e sono caratterizzati da tendenza all’isolamento ed alla chiusura sociale, spesso voluto sia dall’autistico che dai suoi coetanei (specie da bambini, quando gli altri non riescono a comprendere il motivo di alcuni comportamenti “bislacchi”). L’autistico spesso, vedendo che il suo comportamento genuinamente “egoistico” non viene compreso dagli altri, non riesce a comprendere il motivo per cui gli altri lo considerino egoista.

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Resistenza al cambiamento ed avversione per il disordine

Nell’autistico si spesso riscontra una esasperata resistenza al cambiamento che rasenta la vera e propria fobia se viene allontanato dal proprio ambiente abituale o se qualcosa in esso viene cambiato (mobili, colori delle pareti, lampadari, tappeti…). La stessa crisi può scatenarsi qualora si lascino nell’ambiente oggetti in disordine (o considerati in disordine: bastano pochi millimetri di differenza rispetto al solito) come ad esempio sedie spostate, finestre aperte, giornali in disordine, soprattutto se gli oggetti appartengono all’autistico. Il disordine può essere “reale” o considerato tale solo dalla mente dell’autistico. La reazione spontanea dell’autistico di fronte ad oggetti disordinati sarà quella di riportare immediatamente le cose al loro ordine millimetrico o – se impossibilitato a farlo – manifestare comunque marcata inquietudine. Anche se nel frattempo l’autistico farà altro, la sua mente sarà comunque disturbata dall’oggetto lasciato in “disordine” e tale ansia in genere non cessa finché egli non sia in grado di rinnovare l’ordine abituale. Qualora per lui sia impossibile ripristinare quello che per lui è “ordine”, l’autistico può allora esplodere in crisi di riso o pianto inconsolabile, o anche diventare autolesionista e aggressiva verso gli altri o verso gli oggetti. Altri soggetti, al contrario, mostrano un’eccessiva passività, aprassia motoria e ipotonia, che sembra renderli impermeabili a qualsiasi stimolo.

ATTENZIONE: Nessun singolo comportamento fin qui descritto compreso nell’autismo è specifico solo per l’autismo bensì può appartenere a varie altre patologie specialmente di interessa psichiatrico, ma nell’autismo tali comportamenti sono in genere presenti contemporaneamente ed in modo marcato.

Genitori e fratelli di autistici

I genitori dei bambini autistici sono colpiti mediamente da livelli più elevati di stress rispetto ai genitori di bimbi sani. I fratelli di bambini con autismo presentano generalmente un rapporto di maggiore ammirazione e di minor conflittualità con il fratello, in modo simile a quello che avviene con i fratelli di bambini con sindrome di Down.

Gli autistici sono meno intelligenti o sono dei geni?

La risposta è: dipende da caso a caso e dipende da cosa intendiamo per “intelligenza” e per “genio”. Alcune persone con diagnosi di autismo sono in qualche modo compromesse dal punto di vista cognitivo, ma, in contrasto con la più tipica compromissione cognitiva,che è caratterizzata da ritardi relativamente uniformi in tutte le aree di sviluppo, le persone con autismo mostrano invece uno sviluppo non uniforme delle competenze. Tipicamente l’autistico può avere problemi in alcune aree, in particolare la capacità di comunicare, relazionarsi con gli altri e comprendere gli stati d’animo altrui, ma può al contempo avere abilità insolitamente sviluppate in altre aree, come disegnare, suonare, risolvere problemi matematici o memorizzare informazioni: per tale motivo un autistico può risultare sopra la media su test di intelligenza non verbale. Un autistico può ad esempio non essere capace di comprendere una barzelletta o l’ironia di un interlocutore, ma riuscire a suonare il violino in modo virtuoso. Alcuni autistici manifestano abilità inusuali, che vanno dalle grandi capacità in attività specifiche, come una straordinaria capacità di memorizzazione di dettagli irrilevanti, allo sviluppo di condizioni note come “sindrome del savant” (in lingua italiana resa con sindrome dell’idiota sapiente dal francese idiot savant)”. Molte persone con il disturbo dello spettro autistico mostrano abilità superiori alla popolazione generale, nella percezione e nell’attenzione.

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Jim Parsons nei panni di Sheldon Cooper mentre esegue il “saluto vulcaniano” di Star Treck

Per fornirvi un esempio generale di un disturbo dello spettro autistico, potreste pensare al personaggio di Sheldon Cooper, uno dei protagonisti della celebre sitcom The Big Bang Theory, interpretato da Jim Parsons (vedi immagine in alto): Cooper è incapace di relazionarsi normalmente con gli altri, è selettivo nel cibo, ha routine estremamente organizzate, ha interessi maniacali e ben focalizzati su pochi argomenti, non apprezza spostamenti o cambi di mobilio nei suoi ambienti, ha un deficit nella coordinazione motoria, ha “egoismo emotivo”, ma al contempo è estremamente capace in quanto a memoria e calcolo matematico. E’ chiaro che questo è un esempio generale che non vale per tutti i casi di autismo.

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Esordio

sintomi dell’autismo appaiono tipicamente durante i primi tre anni di vita. Alcuni bambini mostrano segni dalla nascita. Altri sembrano svilupparsi normalmente all’inizio, per poi scivolare improvvisamente nei sintomi quando hanno tra i 18 e i 36 mesi. Tuttavia, ora è riconosciuto che alcuni individui non possono mostrare i sintomi di un disturbo della comunicazione fino a quando le richieste dell’ambiente non superano le loro capacità.

Diagnosi

La diagnosi di disturbo dello spettro autistico viene fatta con riferimento alla classificazione internazionale dei disturbi mentali attraverso il DSM che ad oggi è alla sua quinta versione. La diagnosi viene effettuata oggi ancora relativamente tardi, poiché la maggior parte dei bambini riceve una diagnosi attorno ai 4 anni, quando essa potrebbe essere raggiunta almeno un anno prima. Professionisti molto esperti in alcuni casi potrebbero riconoscere i sintomi dell’autismo molto più precocemente, addirittura intorno ai 18 mesi di vita, anche se questo è un dato ancora contestato da alcuni medici. La diagnosi viene generalmente formulata almeno dopo due anni dopo che i genitori hanno iniziato a preoccuparsi di alcuni sintomi del bimbo ed a ricercare un aiuto.
La diagnosi e la diagnosi differenziale sono processi anche molto lunghi, poiché alcuni sintomi dell’autismo sono presenti in molte altre patologie. La valutazione dei bambini è difficile anche a causa dell’estrema variabilità del disturbo cognitivo-comportamentale, della necessità di adeguare l’osservazione all’età di sviluppo, di integrare fonti di informazione multiple e della necessità di valutare il bambino in contesti diversi. A tale scopo è necessario combinare informazioni ottenute tramite osservazioni dirette da parte dell’esaminatore in situazioni diverse con informazioni ottenute dai genitori e da chi si occupa della persona affetta da autismo nella sua quotidianità.
L’iter della diagnosi dell’autismo, inoltre, differisce a seconda dell’età, in quanto la necessità di approfondimenti strumentali diminuisce con il progredire dell’età, mentre il raggiungimento dell’età adulta esclude di per sé l’esecuzione di alcuni accertamenti. Ma, d’altra parte con l’avanzare dell’età si rende possibile l’esecuzione di alcune indagine prima non effettuabili.
Il percorso della diagnosi prevede la segnalazione, la diagnosi, il trattamento. Quanto più precoce è la diagnosi, tanto più efficace è la cura. Oggi è assodato che una condotta riabilitativa impostata precocemente può migliorare le condizioni del soggetto e che l’intervento psicoeducativo di tipo globale è quello che può dare i risultati più soddisfacenti. Una diagnosi precoce si basa sulle carenze e atipicità nello sviluppo delle tappe cognitive, emozionali e linguistiche dei primi anni di vita e sui sintomi comportamentali caratteristici dell’autismo. I segnali sospetti riguardano la specificità degli stadi di sviluppo, ossia cose che dovrebbero essere acquisite o che invece non sono presenti, soprattutto il linguaggio e la comunicazione non verbale ma anche le tappe di sviluppo emotivo.

IMPORTANTE: il fatto che un bambino venga “segnalato” non significa che la diagnosi  di autismo venga poi confermata.

Trattamenti

A causa dell’altissima variabilità individuale, non esiste un unico intervento specifico che sia valido per tutti i soggetti autistici nella medesima maniera. Per questo, sono molti e diversi i trattamenti rivolti all’autismo. Raramente è possibile ottenere la remissione totale dei sintomi. La continuità e la qualità del percorso terapeutico sono garantite attraverso:

  • il coinvolgimento dei genitori in tutto il percorso;
  • la scelta in itinere degli obiettivi intermedi da raggiungere e quindi degli interventi da attivare (prospettiva diacronica);
  • il coordinamento, in ogni fase dello sviluppo, dei vari interventi individuati per il conseguimento degli obiettivi (prospettiva sincronica);
  • la verifica delle strategie messe in atto all’interno di ciascun intervento.

Si raccomanda un intervento precoce e intensivo, che tenga conto della necessità di intervenire sul disturbo dell’intenzionalità del bambino. È importante quindi lavorare precocemente non nel senso dell’addestramento comportamentale, ma proprio dello sviluppo dell’intenzionalità motoria e comunicativa autonoma. Le persone con un importante disturbo della comunicazione, come nel DSA, nei disturbi con gravi difficoltà recettive e anche nella disprassia verbale, possono anche beneficiare, come suggerisce Rapin, di supporti cognitivi quali le tavole di comunicazione, del linguaggio dei segni, dell’apprendimento del linguaggio usando il computer, della lettura di materiale didattico illustrato predisposto e di altri strumenti comunicativi.

Tali supporti devono essere forniti precocemente, al fine di:

  • aumentare il livello dell’apprendimento del linguaggio;
  • sfruttare al massimo il periodo utile per l’apprendimento del linguaggio del bambino;
  • minimizzare le conseguenze comportamentali secondarie a un’inadeguata capacità di comunicazione;
  • anticipare le difficoltà potenziali successive con l’acquisizione del linguaggio scritto.

L’impiego mirato dei farmaci è volto alla riduzione o all’estinzione di alcuni comportamenti problematici, o di disturbi clinici associati come l’epilessia e i deficit di attenzione, col fine di evitare ulteriori aggravamenti clinici o per migliorare la qualità della vita.

In gennaio 2012 è stata presentata dall’Istituto Superiore di Sanità anche la versione della Linea guida n.21 in una sintetica versione destinata al grande pubblico.

Intervento psicologico-clinico

In numerosi paesi, psicologi e psicoterapeuti (prevalentemente a orientamento cognitivo, ma anche sistemico o psicodinamico) sono coinvolti nell’intervento clinico nelle situazioni di autismo, così come di altri tipi di disturbi dello sviluppo: non tanto nel senso del vecchio tipo di intervento psicoanalitico diretto solo al bambino, ma anche e soprattutto nelle forme di sostegno psicoeducativo per il bambino, dell’aiuto alla famiglia per sostenerla e diminuirne possibili aspetti disfunzionali, nella valutazione clinica del disturbo e dei suoi correlati funzionali, oltre che nel lavoro di collaborazione con educatori, riabilitatori e insegnanti per accompagnare utilmente bambino e famiglia nella riabilitazione cognitiva e comunicativa, nel supporto psicopedagogico, nell’intervento clinico sui problemi del comportamento, e nel sostegno ai processi di sviluppo psicoaffettivo, integrando una serie di interventi multidimensionali in quella che è una situazione clinica complessa

Tra le tipologie di intervento psicologico più diffuse e potenzialmente efficaci nella gestione clinica del disturbo e nella riduzione delle sue conseguenze funzionali, vi sono le logiche Applied behavior analysis (ABA) (tra cui si ricorda l’Early Intensive Behavioural Intervention (EIBI), ideato dal professor Ole Ivar Lovaas della UCLA), il metodo TEACCH, e gli approcci cosiddetti “Eclettici”. Recenti review hanno evidenziato tassi complessivi di efficacia piuttosto simili tra i vari approcci; in ogni caso, le tipologie di intervento clinico maggiormente utili sono solitamente di tipo intensivo, dovrebbero essere avviate il più precocemente possibile, e necessitano di essere proseguite per periodi di tempo piuttosto prolungati.

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