Sindrome di Rett: cause, sintomi, tipi, diagnosi, stadi, cure, morte

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© Elizabeth Halford {Gracie May Photography}

Con “sindrome di Rett“, anche chiamata “sindrome delle bimbe dagli occhi belli” (in inglese “Rett syndrome” o “RTT” o “Rett complex”) in medicina si indica una malattia neurologica congenita (presente alla nascita) grave di probabile origine genetica e che colpisce soprattutto le femmine (i maschi generalmente muoiono nel grembo materno e, se anche riescono a venire al mondo, hanno una aspettativa di vita di pochissimi anni). La malattia è subdola, in quanto non è subito evidente alla nascita: si manifesta intorno al secondo anno di vita e non oltre i 4 anni. Colpisce circa 1 bambino su 10.000 e può determinare gravi ritardi nell’acquisizione del linguaggio e nell’acquisizione della coordinazione motoria, spesso associati a ritardo mentale grave o gravissimo, con perdita delle prestazioni generali progressiva che costringe il paziente ad essere dipendente dagli altri per tutta la vita. I pazienti che vivono abbastanza a lungo, generalmente solo le pazienti donne, vengono purtroppo progressivamente private della parola e dei movimenti: questa sindrome è soprannominata “la malattia delle bambine dagli occhi belli” quasi a ricordare che nei casi più gravi lo sguardo rimane pian piano l’unico strumento che resta al paziente (quasi sempre femmina) per poter comunicare. Prende il nome dal medico austriaco Andreas Rett, che per primo la descrisse nel 1966.

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Sindrome di Rett tra DSM-IV e DSM-5

Il disturbo di Rett, prima della scoperta di una causa genetica, era presente nel DSM-IV (il penultimo “Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali”, vero e proprio punto di riferimento mondiale per medici e psichiatri) ed inserito nel gruppo dei disturbi pervasivi dello sviluppo che comprendeva anche:

  • autismo (anche chiamato “disturbo autistico”);
  • sindrome di Asperger;
  • disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato (DPS-NAS);
  • disturbo disintegrativo dell’infanzia (anche chiamato “sindrome di Heller”, “demenza infantile” o “psicosi disintegrativa”).

Tutte queste patologie erano accumulate dal fatto di coinvolgere principalmente tre aree:

  • comunicazione non verbale e verbale;
  • interazione sociale;
  • repertorio di attività ed interessi.

Dopo che la ricerca ha dimostrato il meccanismo molecolare, nel 2013 il DSM-5 (ultima versione del manuale) ha rimosso completamente la sindrome dalla classificazione come disturbo mentale.

Cause

Le cause di questa sindrome non sono state ancora del tutto chiarite. Nella maggior parte dei casi, la sindrome di Rett (RTT) è causata da mutazioni sporadiche nel gene MECP2, localizzato sulla parte distale del cromosoma X (precisamente nella zona Xq28), deputato alla produzione di una proteina omonima. Tuttavia, sono anche stati osservati casi in cui, pur essendo presente questa anomalia, i soggetti non soddisfacevano i criteri che definiscono la sindrome di Rett. In meno del 10% dei casi, la sindrome è causata da mutazioni nei geni CDKL5 o Foxg1. La Sindrome di Rett viene inizialmente diagnosticata mediante osservazione clinica, ma la diagnosi è definitiva solo quando si individua un difetto in uno dei suddetti geni. In alcuni casi molto rari, non si riesce a individuare alcuna anomalia in tali geni, e ciò suggerisce che anche altri geni mutati possano causare sintomi analoghi a quelli della RTT.

Sintomi

Dopo una fase iniziale di sviluppo normale che in genere dura il primo anno di vita, si assiste ad un arresto dello sviluppo e poi a una regressione, o perdita delle capacità acquisite. Si osserva:

  • rallentamento dello sviluppo del cranio (che alla nascita era invece normale) tra i primi 5 e i 48 mesi di vita, in cui il cranio appare progressivamente più piccolo relativamente al corpo;
  • sviluppo psicomotorio normale entro i primi 5 mesi di vita, ma con successiva perdita delle capacità manuali precedentemente sviluppate;
  • comparsa di movimenti stereotipati delle mani come ad esempio torcerle, batterle, muoverle e stringerle ripetutamente, senza alcun motivo.

Si assiste anche a una progressiva perdita di interesse per l’ambiente sociale, che tuttavia in alcuni casi ricompare con l’adolescenza (nel terzo stadio della malattia, vedi paragrafo successivo).

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Bimba con sindrome di Rett con le mani tipicamente “accartocciate”

Possono inoltre anche essere presenti:

  • irregolarità nella respirazione;
  • anomalie dell’EEG;
  • epilessia;
  • deformità del corpo
  • deformità facciali;
  • strabismo;
  • atrofia muscolare;
  • deambulazione a base allargata (in circa il 50% dei soggetti);
  • scoliosi;
  • ritardo della crescita.

Stadi

In base alla clinica, la patologia viene distinta in 4 diversi stadi:

  • Stadio 1°: inizia in genere tra i 6 e i 18 mesi di età. Questa fase è spesso trascurata perché i sintomi del disturbo possono essere alquanto vaghi e genitori e medici potrebbero non notare inizialmente il lieve rallentamento dello sviluppo. Il bambino può iniziare a mostrare meno contatto visivo e avere un interesse ridotto nei giocattoli. Ci possono essere dei ritardi nelle abilità motorie come la seduta o la scansione. Potrebbero verificarsi torcimenti della mano e diminuzione della crescita della testa, ma non abbastanza per attirare l’attenzione. Questa fase di solito dura per alcuni mesi, ma può continuare per più di un anno.
  • Stadio 2°: di solito inizia tra 1 e 4 anni e può durare per settimane o mesi. Il suo esordio può essere rapido o graduale, in quanto il bambino perde abilità manuali e lingua parlata. Movimenti caratteristici della mano come strizzare, lavare, battere le mani o picchiettare, nonché muovere ripetutamente le mani in bocca spesso iniziano durante questa fase. Il bambino può tenere le mani intrecciate dietro la schiena o tenute ai lati, toccando, afferrando e rilasciando casualmente. I movimenti continuano mentre il bambino è sveglio ma scompare durante il sonno. Possono verificarsi irregolarità respiratorie come episodi di apnea e iperventilazione, sebbene la respirazione di solito migliori durante il sonno. Alcuni mostrano anche sintomi di tipo autistico come la perdita di interazione sociale e di comunicazione. Camminare può essere instabile e l’avvio di movimenti motori può essere difficile. La crescita rallentata della testa di solito si nota durante questa fase.
  • Stadio 3°: di solito inizia tra i 2 e i 10 anni e può durare per anni. L’aprassia, i problemi motori e le convulsioni sono prominenti in questa fase, tuttavia ci possono essere miglioramenti nel comportamento, con meno irritabilità, pianto e caratteristiche di tipo autistico rispetto al secondo stadio: in questa fase potrebbe esserci infatti maggiore interesse nei dintorni e la vigilanza, l’attenzione e le capacità comunicative potrebbero migliorare. Molti pazienti rimangono in questa fase per la maggior parte della loro vita.
  • Stadio 4°: può durare per anni o decenni. Le caratteristiche principali includono ridotta mobilità, curvatura della colonna vertebrale e debolezza muscolare, rigidità, spasticità e aumento del tono muscolare con postura anormale. I pazienti che prima erano in grado di camminare, potrebbero non riuscire più a camminare in questa fase. Cognizione, comunicazione o abilità manuali generalmente non diminuiscono nello stadio 4 rispetto al terzo. I movimenti ripetitivi delle mani possono diminuire mentre lo sguardo degli occhi potrebbe migliorare.

Tipologie

Sono state descritte delle varianti cliniche, le principali sono:

  • Forma Frusta: compare più tardi. Minori stereotipie e uso delle mani parzialmente preservato.
  • Forma congenita: inizio immediato.
  • Forma con inizio accelerato e epilessia già a 6 mesi.
  • La forma più grave, conosciuta come variante congenita della Sindrome di Rett: le pazienti non evidenziano nessun periodo di sviluppo normale nel primo periodo di vita;
  • La variante con preservazione del linguaggio (Zappella Variant of Rett Syndrome), che è una forma più lieve della malattia e nella quale le bambine riescono ad acquisire alcune abilità sia verbali sia manuali. È spesso caratterizzata da peso, altezza e dimensione della testa nella norma;
  • La forma a convulsioni a esordio precoce di Hanefeld.

Per questo motivo, la definizione stessa della patologia è stata affinata nel corso degli anni: poiché accanto alla forma classica sussistono anche forme atipiche (Hagberg & Gillberg, 1993) è stato introdotto l’utilizzo della terminologia di “Rett Complex”.

Diagnosi

I criteri diagnostici sono organizzati nel seguente schema:

A) Tutti i seguenti:
  1. sviluppo prenatale e perinatale apparentemente normale;
  2. sviluppo psicomotorio apparentemente normale nei primi 5 mesi dopo la nascita;
  3. circonferenza del cranio normale al momento della nascita.
B) Esordio di tutti i seguenti dopo il periodo di sviluppo normale:
  1. rallentamento della crescita del cranio tra i 5 e i 48 mesi;
  2. perdita di capacità manuali finalistiche acquisite in precedenza tra i 5 e i 30 mesi con successivo sviluppo di movimenti stereotipati delle mani (per es., torcersi o lavarsi le mani);
  3. perdita precoce dell’interesse sociale lungo il decorso (sebbene l’interazione sociale si sviluppi spesso in seguito);
  4. insorgenza di andatura o movimenti del tronco scarsamente coordinati;
  5. sviluppo della ricezione e dell’espressione del linguaggio gravemente compromesso con grave ritardo psicomotorio.

Contribuiscono alla diagnosi, la presenza di:

  • anomalie EEG a partire dai 2 anni;
  • glicolipidi cerebrali atipici;
  • elevati livelli di CSF di beta-endorfina e glutammato;
  • riduzione della sostanza P;
  • diminuzione dei livelli dei fattori di crescita del nervo CSF.

La diagnosi della sindrome di Rett implica l’osservazione frequente della crescita e dello sviluppo del bambino per osservare eventuali anomalie rispetto alle tappe dello sviluppo. Una sospetto può risultare un campanello d’allarme importante: si osserva una diminuzione della crescita della testa del soggetto. Un esame del sangue può escludere o escludere la presenza della mutazione MECP2, tuttavia questa mutazione è presente anche in altre condizioni quindi non è un dato sufficiente per fare diagnosi. Le condizioni con sintomi simili devono essere escluse ma ciò spesso è di difficile realizzazione; spessi ai bambini affetti da Rett sono erroneamente diagnosticate altre patologie simili come l’autismo, la paralisi cerebrale o un’altra forma di ritardo dello sviluppo.

Trattamento farmacologico

Allo stato attuale della ricerca, purtroppo non esiste una terapia risolutiva per la sindrome di Rett. Tuttavia, studi recenti, in particolare su modelli murini, hanno mostrato che riportando i livelli di MECP2 a valori fisiologici è possibile in massima parte ripristinare le funzioni compromesse dalla malattia. Un’altra area di ricerca è basata sull’uso del fattore IGF-1 (Insulin-like Growth Factor 1). Inoltre, gran parte degli autori ritiene che il decorso della malattia possa essere modificato da una varietà di terapie, mirate a ritardare la progressione della disabilità motoria e a migliorare le capacità di comunicazione. Per questo la somministrazione di farmaci è volta principalmente a contrastare il disturbo motorio. Sono stati impiegati L-dopa e dopamino-agonisti. Tra questi, la bromocriptina e la lisuride hanno dato alcuni esiti positivi. Miglioramenti nei sintomi respiratori e comportamentali, e nelle crisi epilettiche, si sono riscontrati con la somministrazione di naltrexone, che blocca l’azione delle endorfine antagonizzando i recettori oppiacei. Per contrastare le crisi epilettiche sono impiegati con successo anche gli antiepilettici tradizionali (carbamazepina e valproato di sodio), o più recenti (lamotrigina e gabapentin).

Trattamenti complementari

I farmaci si affiancano a terapie volte a conseguire miglioramenti sul piano educativo, cognitivo, comportamentale ed emozionale. Nei primi anni di vita si consiglia un trattamento di tipo psicomotorio: lo scopo è mantenere le funzioni che erano state acquisite affinché non vadano perse; si parla quindi delle abilità relative all’uso della comunicazione (non solo strettamente linguistica ma anche gestuale, mimica, tonica), delle modulazioni affettive emozionali (gestione dei comportamenti emozionali problematici, soluzioni e strategie sostituive per affrontarle), del mantenimento delle abilità motorie (non solo a livello esecutivo pratico, ma anche a livello cognitivo nella elaborazione dello schema corporeo), dell’utilizzo dello spazio (sua organizzazione e investimento) e del tempo, della motivazione del soggetto; il tutto in questa terapia viene incoraggiato con strategie ludiche. Per l’incoraggiamento della componente comunicativo-linguistica si raccomanda il trattamento logopedico. Con il procedere degli anni si consigliano lavori volti alla maturazione emozionale come l’ippoterapia, la pet therapy, la musicoterapia.

Prognosi e morte

I maschi con mutazioni patogene di MECP2 di solito muoiono entro i primi 2 anni dall’encefalopatia grave, a meno che non abbiano un cromosoma X extra (spesso descritto come sindrome di Klinefelter), o abbiano un mosaicismo somatico. I feti maschi con il disturbo raramente sopravvivono a termine e muoiono nel grembo materno. Poiché il gene che causa la malattia si trova sul cromosoma X, una femmina nata con una mutazione MECP2 sul suo cromosoma X ha un altro cromosoma X con una copia apparentemente normale dello stesso gene, mentre un maschio con la mutazione sul suo cromosoma X non ha altro cromosoma X, solo un cromosoma Y; quindi, non ha un gene normale. Senza un gene normale per fornire proteine ​​normali oltre alle proteine ​​anomale causate da una mutazione MECP2, il feto XY cariotipo maschile non è in grado di rallentare lo sviluppo della malattia, quindi molti feti maschi con una mutazione MECP2 non sopravvivono. Le femmine con una mutazione MECP2, al contrario, hanno un cromosoma non mutante che fornisce loro abbastanza proteine ​​normali per sopravvivere più a lungo. La ricerca mostra che i maschi con sindrome di Rett possono derivare dalla sindrome di Klinefelter, in cui il maschio ha un cariotipo XXY quindi un gene MECP2 non mutante è necessario per un embrione affetto da Rett per sopravvivere nella maggior parte dei casi, e l’embrione, maschio o femmina, deve avere un altro cromosoma X. Vi sono stati tuttavia numerosi casi di maschi del cariotipo 46, XY con una mutazione MECP2 (associata alla classica sindrome di Rett nelle femmine) portati a termine, che erano affetti da encefalopatia neonatale e sono morti prima dei 2 anni. Sono comunque noti maschi affetti da Rett che hanno superato gli 8 anni di età. Le femmine hanno una aspettativa più lunga: possono vivere fino a 40 anni o più.

Tra i pazienti con Rett, un’alta percentuale di morti è improvvisa e spesso non ha una causa identificabile; in alcuni casi la morte è il risultato più probabile di:

  • arresto cardiaco, probabilmente correlato a sindrome del QT lungo, tachicardia ventricolare o altre aritmie cardiache;
  • disfunzione spontanea del tronco cerebrale;
  • convulsioni;
  • perforazione gastrica con grave emorragia.

Per tale motivo, curare o prevenire tali patologie, potrebbe aumentare l’aspettativa di vita del paziente.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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