Euristiche e bias cognitivi: i 16 modi con cui il tuo cervello ti porta a sbagliare

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Sentirsi “tutti i media contro” è un tipico bias cognitivo

Vi è mai capitato di prendere velocemente una decisione che in seguito si è rivelata completamente errata? Se la risposta è sì, probabilmente quella decisione era influenzata da un bias. I bias sono degli automatismi mentali basati sulle scorciatoie che quotidianamente il cervello ci propone per risolvere rapidamente e senza sforzo delle problematiche, facendo dei veri e propri balzi all’interno dei diagrammi di flusso che regolano le nostre scelte. Queste scorciatoie, dette euristiche (dal greco εὑρίσκω che significa “trovare, scoprire“), sono processi mentali semplici ed intuitivi, come gli stereotipi, che ci permettono di crearci un’idea rapida di qualcosa, sviluppatesi nel corso del tempo per diminuire l’enorme carico di informazioni che il cervello si trova a gestire quotidianamente e permetterci di prendere decisioni e agire più rapidamente.

Etimologia

“Bias” deriva dal francese provenzale biais, che significa “obliquo, inclinato” e che a sua volta deriva dal latino e, prima ancora, dal greco ἐπικάρσιος, che significa “obliquo, che forma un angolo”.
In origine il termine riguarda il gioco delle bocce ma già nella seconda metà del 1500 acquista un significato più ampio e indica un modo di vedere la realtà “obliqua” o “distorta”, cioè filtrata da “pregiudizi”.

Euristiche e bias cognitivi

Tutti noi, per districarci nella complessità del mondo, ci affidiamo a strategie di pensiero che si chiamano euristiche. Le euristiche sono procedimenti mentali intuitivi e sbrigativi, che ci permettono di farci un’idea di qualsiasi cosa rapidamente e sfruttando la minor quantità possibile di dispendio cerebrale. I bias cognitivi (in inglese “cognitive bias”) sono fondamentalmente automatismi mentali che ci portano a prendere decisioni in fretta e senza fatica, quindi in teoria sarebbero qualcosa di positivo: peccato che si tratti di decisioni molto spesso sbagliate perché fondate su percezioni errate o deformate (“oblique”) da pregiudizi ed ideologie. Insomma, sono decisioni prese a partire da un errore di giudizio, che – nella maggioranza dei casi – non portano a nulla di buono. Semplificando, i bias cognitivi sono il “lato oscuro” delle euristiche, essendo in pratica delle scorciatoie “cattive” che semplificano la realtà in modo sbagliato, inefficaci, logorate e corrotte: dei veri e propri vicoli ciechi nei quali ci addentriamo fino a sbattere contro un muro irrazionale fatto di nonsenso, soprattutto se siamo vittime di fallacie logiche, di effetto Dunning-Kruger e condiamo il tutto con l’analfabetismo funzionale: il risultato è un marasma che nei social degenera spesso in discussioni assurde, ai limiti del demenziale, e che viene sempre più sfruttato da scaltri politici per cavalcare l’onda del populismo. Non solo: praticamente tutto il marketing usa i bias congnitivi come grimaldello per arrivare a venderci prodotti costosi e che in realtà non ci servono.

Vi proponiamo ora alcuni dei bias cognitivi più diffusi: scommettiamo che – almeno di uno – ne avete sofferto anche voi in vita vostra?

1) Bias di conferma e di illusione della frequenza

A causa del bias di conferma (confirmation bias) tendiamo a cercare, a prendere in considerazione ed a valorizzare solo notizie, pareri o evidenze che confermano quello di cui già siamo convinti. E’ in pratica quel bias che ci spinge a comprare il giornale che più favorisce la nostra parte politica, quando invece – per ampliare il modo di vedere il mondo – dovremmo comprare quello che favorisce la parte politica opposta che vede quindi le cose da un lato completamente diverso. Per lo stesso motivo vediamo un dato telegiornale piuttosto che un altro e ci iscriviamo più frequentemente allo stesso gruppo Facebook che conferma le nostre idee e dove siamo circondati da gente che la pensa come noi, piuttosto che a quello che le confuta.

Il bias di conferma è cementato giorno dopo giorno sempre più nella nostra testa, anche se non ce ne accorgiamo e siamo invece certi di essere liberi da condizionamenti. Il “cemento” è rappresentato soprattutto dalla struttura stessa dei social network e di internet in generale: avete mai provato ad esempio a vedere su You Tube dei video complottisti, ad esempio contrari alle vaccinazioni? Nel giro di pochi giorni avrete nella “home” una invasione di video complottisti e questo avviene perché il sistema automatico di profiliazione, basato su complessissimi algoritmi, intuisce che voi siate interessati a quell’argomento specifico, quindi ve lo ripropone in decine e decine di video correlati. Ciò avviene non solo in You Tube ma anche in Facebook, Twitter ed in qualsiasi angolo di internet: provate a cercare ad esempio olio per motori e vedrete che vi ritroverete presto pieni di pubblicità su oggetti per la cura del vostro autoveicolo. Se quindi siete contro i vaccini ed un giorno vedete per intero un video complottista che parla per 15 minuti di come le vaccinazioni provochino l’autismo, sarete presto sommersi da video complottisti, e non solo contro i vaccini, ma anche ad esempio sulla Terra piatta, sull’uomo che non è mai stato sulla Luna e sul 5G che è causa del coronavirus. In parole semplici, a causa della profiliazione automatica, l’algoritmo dei social cucirà su di voi un abito su misura fatto di notizie che sicuramente leggerete e di video che sicuramente vedrete, poiché tale algoritmo – in base a ciò che avete visto in passato – predice con sempre maggiore chirurgica precisione ciò che voi “volete sentirvi dire” e che condividerete, in una vera e propria dittatura dell’informazione virale autoregolata ed autoinflitta. Tutto con l’obiettivo di farti rimanere incollato allo schermo dello smartphone e manipolarti, in modo da dirigerti verso la pubblicità ed il prodotto in vendita più adatto a te. Il risultato è che ognuno di noi pensa di essere libero, quando invece è in catene, o meglio ancora, è il “prodotto” che viene venduto su internet. Il complottista avrà ogni giorno sempre meno a che fare con “noiose notizie vere” (che lui considera frutto del complotto) e sempre più con coinvolgenti fake news, clickbait e video che confermano le sue teorie, non che le confutano: ciò gli permette di dire “lo avevo detto, io!” il che gli regala tanta dopamina che lo incolla nel circolo vizioso di quelle che io chiamo “psicotecnopatologie”, in particolare la dipendenza da social. Per questo parlo di “cemento”: internet è strutturato in modo da “dirti sempre si e raramente no” e ciò controlla i tuoi pensieri e blocca la tua mente, quando pensi di ampliarla navigando e scegliendo liberamente cosa vedere.

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A causa del bias di conferma, non solo cerchiamo di ottenere le informazioni da chi molto probabilmente confermerà le nostre idee, ma soprattutto ci ostiniamo ad ignorare tutte le evidenze che contraddicono le nostre convinzioni, in primo luogo (ma non solo) quelle più profondamente innestate nella nostra mente, cioè quelle politiche e religiose. Il bias di conferma è connesso al bias dell’illusione della frequenza: il cervello non solo è portato a pensare che tutte le notizie che circolano confermino le proprie idee (a causa della profiliazione tipica di internet prima citata), ma, anche qualora ci sia una effettiva scelta tra varie informazioni diverse, tende comunque a selezionare inconsciamente solo le informazioni che si riferiscono a quello che noi crediamo, sovrastimando di conseguenza la frequenza di informazioni a noi affini e reputandole erroneamente più frequenti e quindi necessariamente più giuste di altre (reputate) meno frequenti. Una visione “razzista” della società, verrà ad esempio confermata in tre modi diversi in un individuo che “odia i migranti”:

  • l’utente vede un video contro i migranti, You Tube gli proporrà video correlati contro gli stranieri che confermeranno il suo odio verso i migranti: l’utente sarà sempre più razzista;
  • l’utente legge un giornale neutrale, con argomenti sia contro che a favore i migranti, ma tenderà inconsciamente a leggere solo gli articoli che confermano il suo odio verso i migranti: l’utente sarà sempre più razzista;
  • l’utente seleziona a monte un giornale “di parte” (o un politico “di parte” o un telegiornale “di parte”) che pubblica articoli e video contro il “migrante cattivo”. Questi articoli confermeranno il suo odio verso i migranti: l’utente sarà sempre più razzista.

In tutte queste situazioni, quindi, l’utente verrà portato sempre più su terreni che non solo confermano il suo odio verso il “diverso” dal giornale (o media o politico) di riferimento, ma arriva a sovrastimare la frequenza degli episodi negativi relativi al “diverso”. Questo bias funziona anche per le idee politiche “opposte”. Una visione “buonista” della società, verrà ad esempio confermata in tre modi diversi in un individuo che “pensa che i migranti siano tutti buoni”:

  • l’utente vede un video a favore dei migranti, You Tube gli proporrà video correlati a favore degli stranieri che confermeranno la sua propensione a favore dei migranti: l’utente sarà sempre più “buonista”;
  • l’utente legge un giornale neutrale, con argomenti sia contro che a favore i migranti, ma tenderà inconsciamente a leggere solo gli articoli che confermano il fatto che i migranti siano tutti “buoni”: l’utente sarà sempre più “buonista”;
  • l’utente seleziona a monte un giornale “di parte” (o un politico “di parte” o un telegiornale “di parte”) che pubblica articoli e video a favore del “migrante buono”. Questi articoli confermeranno il suo amore verso i migranti: l’utente sarà sempre più “buonista”.

Questo bias è connesso con l’hostile media effect (vedi paragrafo seguente).

2) Hostile media effect

Come appena visto, un soggetto con bias di conferma tende ad ignorare tutto ciò che è in contrasto con la sua opinione, trovando “ovunque” riscontri della sua visione del mondo, soprattutto nella ideologia politica e religiosa. Strettamente correlato al bias di conferma, è l’hostile media effect cioè la tendenza paranoica a percepire la copertura mediatica come ostile alla propria visione politica e affine agli avversari. In pratica il soggetto si sente accerchiato da media (giornali, televisioni, blog…) che lo attaccano da ogni lato. Vedendo come tutta la stampa, che lui considera “distopica” e “di regime”, attacchi la sua visione del mondo, ciò non fa che confermare il fatto che le sue idee siano giuste e l’unica verità “contro il sistema” in grado di smascherare il “complotto”.

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3) Illusione di controllo

L’illusione di controllo (illusion of control) è la tendenza a sovrastimare la nostra capacità di influenzare gli eventi esterni. È un bias proprio dei manager, dei politici e in generale delle persone che detengono qualche forma di potere, o che casualmente hanno ottenuto un risultato positivo. Il bias è stato individuato da Ellen Langer nel 1975. È connesso con l’overconfidence (vedi paragrafo seguente).

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4) Eccesso di fiducia

L’eccesso di fiducia (overconfidence) è l’eccessiva fiducia nelle nostre valutazioni e nei nostri giudizi. Deriva dal credere che abbiamo informazioni più accurate e complete di quanto non siano realmente. È il bias forse più diffuso e, per molti versi, devastante. Gli investitori troppo fiduciosi nelle proprie capacità combinano guai, gli studenti sovrastimano la loro preparazione, e perfino molti guidatori di auto esagerano nel valutare la propria abilità, con gli effetti che tutti possiamo immaginare. Qui trovate diversi esempi. L’eccesso di fiducia è connesso con l’Effetto Dunning Kruger.

5) Effetto Dunning Kruger

Per l’Effetto Dunning Kruger, più le persone sono incompetenti, meno capiscono di esserlo e più si convincono di essere capaci in un certo campo. E’ un mezzo usato spesso in politica per convincere le masse. Per approfondire: Charles Darwin, effetto Dunning-Kruger e sindrome dell’impostore

6) Punto cieco

Il punto cieco (bias blind spot) è una sorta di madre di tutti i bias cognitivi: consiste nella convinzione di essere più obiettivi rispetto alla maggior parte della gente, essendo di fatto immuni ai bias cognitivi che hanno tutti gli altri (tranne che noi). È una sorta di sovrastima delle proprie capacità di giudizio, avente come conseguenza la difficoltà di ammettere di poter sbagliare: in pratica ci si vede come gli unici “intelligenti” in un mondo di stupidi che si fanno ingannare e manipolare dal “sistema”. Quando arrivate a pensare così, statene certi: siete probabilmente i primi che si stanno facendo manipolare da qualcuno.

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7) Fallacia dello scommettitore (fallacia del giocatore d’azzardo)

La fallacia dello scommettitore (in inglese “gambler’s fallacy“) è un errore logico che consiste nel ritenere che il futuro verificarsi di un evento casuale sia influenzato dal passato verificarsi di un altro evento, altrettanto casuale. Più in particolare, nella fallacia dello scommettitore, si arriva a pensare che, se in passato è successo un dato evento o si è verificato spesso, necessariamente quell’evento non si ripeterà più o comunque si verificà meno spesso. Nel gioco della roulette, per esempio, è l’idea che “debba” uscire il nero perché il rosso è appena uscito. Ma anche: “siccome ieri mi hanno rubato il portafoglio in metropolitana, è impossibile che me lo rubino anche oggi”. E’ l’idea che nel lancio di una moneta debba uscire testa perchè è appena uscito croce. Tipicamente è quello che avviene quando nel lotto vengono giocati numeri “ritardatari”. La fallacia dello scommettitore viene anche chiamata “fallacia del gambler” (gambler in inglese significa appunto scommettitore). Alcune persone chiamano erroneamente la fallacia dello scommettitore con l’espressione “fallacia di Gabler“.

Per approfondire: Fallacia dello scommettitore o del giocatore d’azzardo

8) Fallacia della mano calda (fallacia inversa dello scommettitore)

La fallacia della mano calda (in inglese “hot hand fallacy“) è un errore logico che consiste nel ritenere che il futuro verificarsi di un evento casuale sia influenzato dal passato verificarsi di un altro evento, altrettanto casuale: detta in questi termini la fallacia della mano calda è identica a quella vista nel punto precedente, tuttavia, mentre nella fallacia dello scommetitore si pensa che se in passato è successo un dato evento, necessariamente quell’evento non si ripeterà più, al contrario nella fallacia della mano calda si pensa che se in passato è successo un dato evento o si è presentato spesso, necessariamente quell’evento tenderà a ripetersi o comunque a ripresentarsi spesso. Ad esempio se si ha avuto una buona mano a poker, si pensa che anche le successive saranno fortunate. Questo bias porta, più in generale, all’errata convinzione che, se abbiamo fatto qualcosa che ha ottenuto ottimi risultati nel passato, allora anche senza continuare a metterci impegno i risultati saranno comunque positivi.

Per approfondire: Fallacia della mano calda: significato ed esempi

9) Bias della resistenza al cambiamento

Bias dello status quo, o resistenza al cambiamento: in cui ogni cambiamento spaventa e preoccupa, per questo si tende mantenere le cose così come sono.

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10) Bias dell’omissione

La tendenza, in una situazione in cui è necessario correre dei rischi, a non agire è il bias di omissione. Ritov e Baron, i due scienziati che si sono occupati di questo argomento, sono giunti a questa conclusione grazie ad uno studio che portava dei soggetti a dover prendere una decisione difficile in una situazione stressante: i partecipanti, nel ruolo di genitori, si trovavano a dover decidere, durante un’epidemia letale per i bambini, se vaccinare o no i loro figli, consapevoli che nel secondo caso il rischio sarebbe stato più elevato. Sorprendentemente, la maggior parte dei soggetti decise di non vaccinare i figli, una scelta razionalmente del tutto ingiustificata. La spiegazione a questo comportamento fornita dagli autori del progetto è che la paura dei soggetti di commettere una scelta errata li porterebbe a preferire la passività, cosa che oltretutto attenuerebbe i sensi di colpa nel caso in cui la conseguenza dovesse essere la morte del bambino.

11) Bias dell’azione

Il contrario del bias di omissione è il bias di azione, ovvero la tendenza di determinate persone ad agire in casi in cui la scelta più saggia sarebbe l’inazione. Il caso in cui questo bias è più facilmente osservabile è quello dei portieri che, durante un rigore, preferiscono lanciarsi da una parte o dall’altra della porta nonostante la scelta più saggia sia quella di restare al centro.

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12) Bias di proiezione

Grazie al bias di proiezione una persona arriva a pensare che la maggior parte delle altre persone la pensi come lei: in pratica si proietta sulla massa quella che è invece una idea soggettiva. Una idea che appartiene alla massa, è più probabilmente giusta e nella mente del soggetto diventa oggettiva. In pratica la nostra idea diventa automaticamente giusta perché siamo sicuri che quasi tutti la pensino come noi.

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13) Bias della negatività

Il bias della negatività determina un’eccessiva attenzione rivolta verso elementi negativi, che sono considerati come i più importanti. A causa di questa distorsione cognitiva, si tende a dare maggior peso agli errori o agli aspetti negativi, ad esempio sottovalutando i successi e le competenze acquisite ed attribuendo così una valutazione negativa alla prestazione.

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14) Bias dell’ottimismo

Avete mai pensato al vostro futuro? Indubbiamente ve lo siete immaginato roseo, con una casa, un lavoro e una famiglia. Nessuno, o quasi, avrà valutato l’opzione di ammalarsi, di divorziare o di perdere il lavoro. Eppure, la maggior parte della gente, se interrogata sul futuro del pianeta o anche solo del proprio Stato, sembra pronta a profetizzare sciagure incommensurabili. Come si possono conciliare questi due approcci? La risposta è il bias dell’ottimismo, la tendenza a immaginare un futuro roseo per noi nonostante il pessimismo che si riserva per la propria società. L’idea alla base è che le cose brutte succedono, ma agli altri.

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15) Bias del presente

A causa del bias del presente, le decisioni sono volte a ottenere una immediata gratificazione, ignorando le possibilità di conseguire risultati migliori in futuro e in diversi ambiti. Si preferisce l’uovo oggi, ad una gallina che si potrebbe facilmente avere domani.

16) Bias di ancoraggio

Il bias di ancoraggio non permette una corretta valutazione di un dato fatto: si tende ad ancorarsi, o fissarsi, ad un elemento che funge da termine di paragone per le valutazioni in atto, invece che basarsi sul valore assoluto.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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