Con “claudicatio intermittens” (in inglese “intermittent claudication”) in medicina si indica una difficoltà di deambulazione dovuta ad un dolore simile ad un crampo muscolare, che colpisce l’arto inferiore (in particolare il polpaccio, cioè quella zona compresa tra ginocchio e piede), che si aggrava con lo sforzo muscolare e diminuisce con il riposo: il paziente assume quindi una deambulazione “intermittente”, cioè cammina per un certo tratto finché lo sforzo muscolare non gli procura un dolore acuto che lo costringe a fermarsi; quando il dolore si placa, il paziente ricomincia a camminare per un certo tratto finché non sentirà nuovamente lo stimolo doloroso e così via. La claudicatio intermittens può abbassare di molto la qualità della vita del paziente, limitandolo nelle attività quotidiane, nel lavoro e nello sport, specie se anziano.
Etimologia
L’espressione “claudicatio intermittens” deriva dei termini latini “claudicatio” (che significa “zoppicare”) e “intermittens” (che significa “intermittente, in maniera discontinua nel tempo”).
Diffusione
La claudicatio intermittens si manifesta solitamente in uomini di oltre 50 anni, mentre è rara nei giovani. La claudicatio intermittens interessa circa il 5% delle persone > 65 anni.
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Cause e fattori di rischio
In base alle cause, la claudicatio intermittens può essere principalmente di due tipi:
- claudicatio intermittens vascolare: ha cause vascolari, cioè relative alla circolazione sanguigna;
- claudicatio intermittens neurologica (o “neurogena”): ha cause nervose, cioè relative al sistema nervoso (in questo caso “periferico”).
Claudicatio intermittens vascolare
La claudicatio intermittens vascolare è la manifestazione della vasculopatia periferica agli arti inferiori, in particolare di una arteriopatia conseguente alla stenosi (restringimento) delle arterie in genere determinata o favorita da aterosclerosi (deposito di placca ateromatosa nell’arteria) e trombosi. Il flusso sanguigno alterato determina un minor afflusso di ossigeno e sostanze nutritive ai muscoli preposti alla deambulazione e ciò genera il dolore. All’esordio della malattia, il dolore non si manifesta a riposo, perché i muscoli dispongono di ossigeno a sufficienza. Per contro, dopo uno sforzo piuttosto prolungato la richiesta di ossigeno aumenta e le arterie non sono più in grado di soddisfarla, fenomeno che provoca dolore. L’aterosclerosi a sua volta è causata o favorita da numerosi fattori di rischio cardiovascolari, tra cui:
- età;
- sesso maschile;
- famigliarità;
- fumo di sigaretta;
- ipercolesterolemia totale ed LDL (colesterolo “cattivo”);
- bassi livelli di colesterolo HDL (colesterolo “buono”);
- ipertensione;
- coagulopatie;
- sovrappeso e obesità;
- diabete;
- iperomocisteinemia;
- vita sedentaria.
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- Differenza tra aterosclerosi e arteriosclerosi
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Claudicatio intermittens neurologica
La claudicatio intermittens neurologica o “neurogena” è dovuta a compressione del midollo spinale e/o delle radici dei nervi spinali all’interno della colonna vertebrale. Si manifesta con improvvisa debolezza o rigidità delle gambe, che può essere associata a lombalgie o a sciatica. Anche in questo caso, l’esistenza di un perimetro di marcia è un elemento caratteristico: se, quando lo ha percorso, il malato non si ferma, corre il rischio di cadere. I disturbi possono diventare bilaterali dopo un certo lasso di tempo. La compressione di midollo spinale e/o delle radici nervose dei nervi spinali, può essere determinata o favorita da qualsiasi patologia o condizione che determina o favorisce un restringimento del canale spinale, tra cui:
- spondilosi cervicale;
- spondilosi lombare;
- artrosi;
- vari tipi di discopatie, come l’ernia del disco;
- spondilolistesi;
- siringomielia (da malformazione di Chiari, da trauma, da tumore o da scoliosi/cifosi);
- masse ossee anomale come da malattia di Paget o tumori/metastasi ossei;
- tumori spinali;
- malformazioni congenite della colonna vertebrale;
- infezioni;
- postura cronicamente scorretta;
- traumi alla colonna (da incidenti stradali, sportivi…).
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Sintomi e segni
La claudicatio intermittens neurologica o vascolare portano entrambe ad una sensazione dolorosa dell’arto affetto localizzata al polpaccio, più raramente alle cosce o ai glutei. Il dolore è di tipo crampiforme e si manifesta tipicamente dopo un dato perimetro di marcia, vale a dire che in un dato soggetto insorge sempre dopo che ha percorso la stessa distanza di marcia e proprio per questo la gravità del disturbo si può misurare tramite il numero di metri che l’individuo può percorrere prima della comparsa del dolore. In genere un importante cut off tra un claudicatio intermittens più lieve ed una più grave è il valore di 150 metri di camminata ad andatura normale: provare dolore intenso entro questa distanza è indice di maggiore gravità. In caso di occlusione vascolare, tanto più diminuisce il flusso sanguigno e tanto prima il muscolo inizierà a lavorare in anaerobiosi con comparsa di acido lattico e dolore in un tempo più breve. In parole povere: tanto meno si riesce a camminare prima che compaia il dolore, tanto più grave è la situazione. In caso di claudicatio intermittens vascolare, il dolore è tipicamente localizzato:
- a livello del polpaccio: quando è interessata l’arteria femoro-poplitea;
- a livello del fianco o della natica: quando è interessata l’arteria iliaca.
Se il dolore permane a lungo anche al termine dell’esercizio fisico, o non si placa del tutto con il riposo, l’occlusione vascolare o il danno nervoso potrebbero essere particolarmente gravi.
Sintomi e segni associati
In base alla patologia a monte che l’ha determinata, una claudicatio intermittens può essere associata a numerosi altri sintomi, oltre al tipico dolore da sforzo. Ad esempio una claudicatio intermittens neurogena da compressione nervosa può determinare anche:
- dolore nella sede di insorgenza della compressione di midollo e/o nervi spinali, ad esempio collo, torace, schiena, zona lombare e/o arti superiori o inferiori, in alcuni casi irradiati fino a piedi o mani;
- senso di rigidità a collo, schiena e/o arti superiori o inferiori;
- disturbi urinari: ad esempio incontinenza urinaria e difficoltà alla minzione;
- disturbi intestinali: ad esempio incontinenza fecale e stipsi;
- disturbi sessuali: difficoltà a mantenere l’erezione e/o anorgasmia;
- sintomi influenzali come febbre, cefalea, nausea, vomito, stanchezza diffusa, perdita di appetito, malessere generale (soprattutto in caso di infiammazione/infezione del midollo spinale);
- spasmi muscolari;
- fascicolazioni muscolari;
- perdita dei riflessi;
- perdita di forza agli arti superiori e/o inferiori;
- difficoltà motorie;
- paralisi degli arti superiori e/o inferiori;
- perdita della sensibilità cutanea;
- indolenzimento;
- formicoli e bruciore a mani e/o piedi (parestesie);
- intorpidimento al volto;
- instabilità della postura a volte con perdita di equilibrio;
- atrofia muscolare.
Diagnosi
Le indagini utili per diagnosticare la causa a monte che determina la claudicatio, sono diverse in base alla patologia che il medico arriva a sospettare tramite l’anamnesi (raccolta di tutti i dati relativi al paziente ed alla sua storia) e l’esame obiettivo (la visita vera e propria). Nella maggioranza dei casi la risonanza magnetica può evidenziare una stenosi di midollo spinale, mentre all’elettromiografia sono evidenti gli eventuali segni di sofferenza neurogena, in particolare le radici o i nervi colpiti, col segmento muscolare o cutaneo corrispondente. La diagnosi si basa inoltre tramite l’indice di pressione sistolica a riposo e sotto sforzo (rapporto tra pressione arteriosa misurata alla caviglia ed al braccio), ecografia con colordoppler (per ottenere informazioni sul flusso sanguigno), angiografia, angio RM. Utile il dosaggio plasmatico del colesterolo totale, HDL, LDL, trigliceridi, fibrinogeno, glicemia e VES.
In generale esami che potrebbero essere utili alla diagnosi differenziale, sono:
- analisi del sangue;
- misurazione delle pressioni sanguigne;
- risonanza magnetica;
- tomografia computerizzata (TAC);
- radiografia;
- ecografia con colordoppler;
- angiografia;
- angio RM;
- mielografia;
- analisi posturale;
- esame vestibolare;
- elettromiografia;
- elettroencefalogramma;
- puntura lombare.
IMPORTANTE: non tutti gli esami elencati sono sempre necessari.
La diagnosi (e la cura) di una claudicatio intermittens può richiedere l’intervento di varie figure professionali, tra cui neurologo, neurochirurgo, chirurgo vascolare, ortopedico, fisiatra, immunologo, reumatologo, otorinolaringoiatra, posturologo, radiologo, ematologo, fisioterapista ed altre figure professionali.
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Terapie
Non esiste un trattamento unico valido in tutti i casi di claudicatio intermittens: la terapia mira infatti a curare la causa specifica a monte che l’ha determinata. Ad esempio in caso di una claudicatio intermittens neurogena da compressione nervosa, il medico può decidere di eseguire:
- un semplice follow-up (non intervenire e seguire nel tempo l’andamento della malattia);
- cure fisioterapiche;
- cure farmacologiche (ad esempio farmaci per controllare il dolore o antibiotici in caso di infezioni);
- cure chirurgiche (ad esempio interventi neurochirurgici od ortopedici).
Nella claudicatio intermittens vascolare, il medico può avvalersi di farmaci e integratori alimentari, tra cui:
- antiaggreganti piastrinici;
- ipocolesterolemizzanti;
- vasodilatatori;
- anti-ipertensivi;
- ipotrigliceridemizzanti.
Nei casi più gravi la claudicatio intermittens vascolare può richiedere un intervento chirurgico di by-pass o tecniche di angioplastica che ristabiliscano il normale flusso sanguigno ai muscoli deputati alla deambulazione.
Prognosi
Come abbiamo visto in questo articolo, la claudicatio intermittens è un sintomo che può essere provocato o favorito da patologie molto diverse tra loro, quindi è impossibile esprimere in questa sede una prognosi unica per tutte loro. La prognosi varia enormemente in base a molti fattori, tra cui:
- patologia a monte che ha determinato il sintomo;
- gravità e zona di insorgenza della eventuale mielopatia e/o della radicolopatia e/o della vasculopatia;
- rapidità nel raggiungere la diagnosi;
- rapidità nell’iniziare la terapia;
- età del paziente;
- presenza di eventuali altre patologie (cardiopatie, diabete, malattie della coagulazione…);
- capacità del paziente di osservare le terapie assegnate dal medico;
- risposta del paziente alla terapia;
- aiuto e supporto da parte di famigliari ed amici del paziente;
- reale volontà del paziente di affrontare la malattia (ad esempio alcuni pazienti anziani tendono a “lasciarsi andare”);
- bravura del medico.
Nella maggioranza dei casi, curata la causa a monte, il sintomo diminuisce o sparisce. L’evoluzione della claudicatio intermittens non trattata è caratterizzata dalla persistenza dei sintomi (tra cui dolore cronico e paralisi temporanea), che possono manifestarsi anche a riposo.
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Consigli
In alcuni casi ridurre alcuni fattori di rischio può diminuire il rischio di progressione e peggioramento di una stenosi vertebrale; a tal proposito si consiglia di:
- non fumare;
- evitare alcolici;
- perdere peso se obesi o in sovrappeso;
- evitare una vita sedentaria;
- controllare periodicamente pressione arteriosa, colesterolo e trigliceridi;
- svolgere periodicamente attività sportiva adeguata all’età ed alle condizioni del paziente;
- alimentarsi ed idratarsi in modo corretto.
L’attività fisica adeguata al paziente è capace di migliorare la situazione e diminuire il dolore: è importante, specie per i pazienti più anziani, evitare il circolo vizioso in cui, a causa della zoppia, il livello di esercizio fisico viene progressivamente ridotto: ciò cronicamente aumenta il dolore. Per l’esercizio fisico possono essere utili la bicicletta da camera reclinata o le attività in acqua, sempre eseguiti dopo parere positivo dal medico.
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Lo Staff di Medicina OnLine
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