Bullismo e prepotenza a scuola: il disturbo della condotta

MEDICINA ONLINE SCUOLA STUDENTI ELEMENTARI MEDIE PRIMARIA SECONDARIA BAMBINI BULLI NO AL BULLISMO SEGNI INSEGNANTE PENE SOSPENSIONE ESPULSIONE SCOLASTICO LIBRI RABBIA BIMBI IRA DISTURBO CONDOTTA.jpgCon “disturbo della condotta” (in inglese “conduct disorder”) in medicina e psicologia si indica un disturbo caratterizzato dalla sistematica e persistente violazione dei diritti dell’altro e delle norme sociali, con conseguenze molto gravi sul piano del funzionamento scolastico e sociale. La fenomenologia del disturbo si caratterizza principalmente per la presenza di aggressività a diversi livelli. I bambini e gli adolescenti con disturbo della condotta possono mostrare un comportamento prepotente ed intimidatorio verso i propri coetanei, innescare risse, rubare soldi o altro (ad esempio merendine, pennarelli, smartphone…), costringere l’altro a fare cose che non vuole (in alcuni casi arrivando fino agli abusi sessuali, spesso usando come grimaldello la forza bruta e/o materiale compromettente (ad esempio foto di nudo o in atteggiamenti che possono scatenare vergogna). In parole povere, stiamo parlando di un comportamento che viene comunemente identificato col termine “bullismo“, capace di infliggere danni anche molto gravi sia psicologici che fisici nei soggetti più deboli che hanno a che fare col “bullo” e che possono innescare idee suicidarie.

Età d’insorgenza

Il disturbo della condotta emerge solitamente intorno ai 9 anni, quindi più tardivamente rispetto al disturbo oppositivo provocatorio, che invece ha una età di esordio di circa 6 anni.

Cause e fattori di rischio

Le esatte cause a monte del disturbo della condotta non sono attualmente note, ma si ritiene che svolga un ruolo importante una combinazione di fattori biologici, genetici, ambientali, psicologici e sociali. Sul piano ambientale, la disorganizzazione dell’attaccamento, gli stili di parenting caratterizzati dal ricorso a controllo psicologico, il neglect e l’abuso, le esperienze traumatiche, una storia familiare di abuso di sostanze, il ricorso ad una disciplina incoerente da parte dei genitori, sono tutti fattori che possono contribuire allo sviluppo del disturbo della condotta. In relazione agli ingredienti cognitivi e agli stati mentali prossimi all’emissione della condotta sintomatica in esame, molti esperti ritengono che il disturbo della condotta possa riflettere un problema che coinvolge ragionamento e consapevolezza morale. In particolare, caratteristica centrale sarebbe la mancanza di senso di colpa e l’assenza di rimorso, fenomeni fondati sulla considerazione del fatto che le regole vengano imposte da autorità riconosciute come ostili ed umilianti.

Eventi scatenanti il disturbo

Quando un soggetto è affetto da un disturbo della condotta, all’anamnesi spesso si scopre che a questi soggetti da giovanissimi è stato fatto del male fisico e/o psicologico o che hanno subito un evento stressogeno molto intenso: il loro comportamento nasce da rabbia e frustrazione correlati a tali eventi. A volte un genitore di questi bambini, spesso la madre, ha un atteggiamento ambivalente: da una parte rimprovera il figlio per il suo comportamento, dall’altra, senza esserne consapevole, lo incoraggia. Vi sono pertanto in uno o in entrambi i genitori degli atteggiamenti incoerenti o eccessivamente permissivi. Secondo alcuni autori il disturbo della condotta nasce quando il bambino è sottoposto a un’eccessiva pressione e pertanto è costretto a usare massicciamente le sue manovre difensive per fronteggiare l’ansia crescente.

In molti casi i bambini che soffrono di disturbo della condotta:

  • hanno assistito frequenti conflitti genitoriali che li hanno coinvolti profondamente (ad esempio “lotta per l’affidamento in caso di divorzio”);
  • hanno sofferto per il rifiuto o l’abbandono da parte di uno o di entrambi i genitori (sindrome da abbandono);
  • sono stati rifiutati dai loro compagni o dagli adulti che li avrebbero dovuto avere in cura e proteggere;
  • hanno subito una disciplina eccessivamente rigida e frustrante, in quanto fin da piccoli sono stati giudicati come bambini cattivi e monelli da rifiutare, allontanare, punire e non da comprendere, sostenere e aiutare;
  • hanno subito un precoce allontanamento dal nido familiare per essere inseriti dai servizi sociali in varie istituzioni;
  • hanno sofferto per malattie organiche di una certa importanza senza avere accanto dei genitori o degli adulti attenti e comprensivi nei loro riguardi.

Sintomi e segni

I comportamenti sintomatici più importanti assumono la forma di vere e proprie aggressioni perpetrate a danno di persone o animali, aggressioni che nei casi più gravi si traducono in episodi di stuproviolenza e omicidio (APA 2002) e che sembrano essere accompagnate da una particolare riduzione del senso di colpa. Il disturbo è considerevole per le pesanti conseguenze personali e sociali che la questione presenta. I comportamenti tipici del soggetto con disturbo della condotta, sono di seguito elencati. Il soggetto una o più volte:

  • ha fatto il prepotente, minacciato o intimorito gli altri;
  • ha dato inizio a colluttazioni fisiche (in cui è coinvolto in prima persona o ha semplicemente aizzato altri a parteciparvi);
  • ha usato un’arma che può causare seri danni fisici ad altri (per esempio un bastone, una barra, una bottiglia rotta, un coltello, una pistola);
  • è stato fisicamente crudele con le persone;
  • è stato crudele con gli animali (ad esempio tortura e/o uccisione di animali);
  • ha rubato ai coetanei di nascosto;
  • ha rubato ai coetanei affrontandoli, ad esempio con aggressioni, scippo, estorsioni e rapina a mano armata;
  • ha rubato nelle attività commerciali (ad esempio al supermercato);
  • ha ricattato gli altri usando materiale compromettente (ad esempio video o foto fatte con lo smartphone);
  • ha costretto qualcuno ad abusi di tipo sessuale;
  • ha deriso uno o più compagni in modo offensivo evidenziando malattie, condizioni e difetti o presunti tali (sovrappeso, obesità, tipo di vestiario, orientamento sessuale o religioso, bruttezza, problemi dei genitori, povertà, colore della pelle, ritardo mentale, difficoltà a parlare…);
  • ha appicca il fuoco volontariamente e con l’intenzione di causare un danno a persone e/o animali e/o oggetti;
  • ha deliberatamente distrutto proprietà altrui (in modo diverso dall’appiccare il fuoco);
  • è penetrato in un edificio, un domicilio, o un’automobile altrui;
  • ha mentito per ottenere vantaggi o favori o per evitare obblighi (raggira gli altri);
  • ha frequentemente trascorso fuori la notte nonostante le proibizioni dei genitori e spesso senza avvertirli;
  • è fuggito da casa di notte mentre viveva a casa dei genitori, allontanandosi senza avvertire e per lunghi periodi prima di tornare a casa;
  • ha marinato spesso la scuola.

Diagnosi

La diagnosi si basa essenzialmente sull’anamnesi raccolta dal bambino, dai loro genitori ed eventualmente dai loro insegnanti.

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Trattamento del disturbo della condotta

Per i bambini e gli adolescenti con problemi di condotta e di aggressività, il trattamento è basato su un modello socio-cognitivo scientificamente fondato, relativo alle modalità di elicitazione della rabbia nei bambini con Problemi di Aggressività e Condotta (PAC) e ai processi attraverso i quali questa sfocia in risposte aggressive. Nel modello in questione si opera una distinzione tra i deficit cognitivi, che si riferiscono ad inabilità in specifiche attività cognitive, e le distorsioni cognitive, che si riferiscono, invece, alle percezioni erronee e/o disfunzionali dei soggetti con problemi di aggressività. Tale modello socio-cognitivo rende evidente il fatto che, quando il bambino incontra uno stimolo potenzialmente attivante la rabbia, sono soprattutto i processi di percezione e di valutazione che questi compie ad influenzare le sue reazioni emozionali e fisiologiche, piuttosto che l’evento in quanto tale. Queste percezioni e valutazioni possono essere accurate o inaccurate e, in larga parte, sono influenzate dalle iniziali aspettative del soggetto, che filtrano la percezione della situazione ed orientano l’attenzione selettiva a specifici aspetti, o stimoli, dell’evento attivante. Se il bambino ha interpretato l’evento come minaccioso, provocatorio o frustrante, egli sperimenterà un’attivazione neurovegetativa intensa e successivamente ingaggerà in un set di attività cognitive, dirette a decidere circa un opportuno corso di azione per rispondere all’evento stesso, altamente influenzate dalla valutazione iniziale e dal relativo arousal. L’arousal interno, infatti, ha un’interazione reciproca con i processi di valutazione del bambino, dal momento che egli deve interpretare ed etichettare le connotazioni emotive di tale attivazione neurovegetativa. Inoltre, a causa del fatto che l’accresciuta attivazione emotiva focalizza l’attenzione del bambino soprattutto sugli stimoli associati con possibili minacce, egli tenderà molto frequentemente a sentirsi arrabbiato. Questi tre insiemi di attività interne contribuiscono alle risposte comportamentali del bambino, alle successive conseguenze che egli elicita da parte dei coetanei e degli adulti, ed alla sperimentazione interna come auto-valutazioni:

  1. Percezione e valutazione
  2. Attivazione neurovegetativa
  3. Problem-solving interpersonale

Le reazioni da parte delle altre persone possono poi diventare degli eventi stimolo, che danno vita ad un nuovo ciclo, attraverso circuiti di feedback, diventando ricorrenti unità comportamentali, collegate tra loro. Non di rado può essere utile concentrare l’attenzione sulle cognizioni dei genitori e degli insegnanti piuttosto che su quelle dei bambini. In generale, i genitori possono fare attribuzioni pessimistiche riguardo al locus of control del problema, la sua stabilità e la sua possibile risoluzione. Per esempio, le madri di bambini con problemi comportamentali tendono a credere che la causa (e di conseguenza la soluzione) delle difficoltà del figlio riguardi il bambino e non il genitore o l’interazione tra l’uno e l’altro.

Le attribuzioni materne, infatti, tendono a focalizzarsi su caratteristiche stabili e disposizionali del bambino, come spiegazione primaria delle sue difficoltà. Le madri potrebbero pensare, per esempio

  1. Che i loro bambini siano responsabili dei loro comportamenti;
  2. Che il bambino intenzionalmente si comporti male manifestando rabbia o ripicche/dispetti nei confronti dei genitori;
  3. Che i problemi del bambino siano relativamente non modificabili o incontrollabili.

In altre parole, i genitori dei bambini con tali problemi potrebbero non accettare facilmente la premessa che le loro pratiche genitoriali abbiano giocato un ruolo importante nello sviluppo dei problemi o che possano essere usate per modificare l’attuale situazione. Inoltre, alcuni genitori non si sentono competenti o capaci di fronteggiare il comportamento del bambino e sperano che il terapeuta si assuma la piena responsabilità di aiutare il figlio. In altri casi, alcuni genitori ritengono che i problemi del bambino siano totalmente causati da loro, perché non sono bravi genitori. Le attribuzioni genitoriali negative e pessimistiche sono da tenere in debito conto, dal momento che, non solo generano stati emotivi negativi nei genitori (per esempio rabbia e frustrazione), ma li inducono anche ad assumere delle pratiche disciplinari fallimentari o peggiorative.

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