Fisiologia vascolare dell’erezione del pene e del ritorno alla flaccidità

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Rappresentazione schematica della struttura e vascolarizzazione del pene
in condizioni di detumescenza (A) ed erezione (B)

Il processo dell’erezione peniena determina un progressivo aumento della lunghezza e della circonferenza del pene che acquista progressivamente la rigidità cioè la durezza necessaria alla penetrazione vaginale. Essenzialmente, il pene in condizioni di rigidità piena può realizzare la penetrazione grazie all’intrappolamento al suo interno di una notevole quantità di sangue che raggiunge valori pressori simili a quelli del sangue arterioso. Come un gommone sgonfio, il pene nello stato di flaccidità è relativamente piegabile ed occupa poco spazio. Allorché, però, viene immessa aria nei tubolari (sangue) da una pompa (il cuore), grazie all’apertura di apposite valvole (le lacune dei corpi cavernosi), lo stato di flaccidità si modifica e, come l’aria rimane intrappolata nei tubolari con il classico meccanismo a valvola, nel pene il sangue rimane intrappolato all’interno dei corpi cavernosi per l’ostacolato deflusso venoso (meccanismo veno-occlusivo).

Flaccidità iniziale del pene

Lo stato di flaccidità peniena, che caratterizza l’organo per la maggior parte delle 24 ore, quando cioè non si verifica attività sessuale, è legato allo stato di contrazione della muscolatura liscia delle pareti delle arterie cavernose ed elicine nonché delle trabecole delle lacune dei corpi cavernosi. In questa situazione, il calibro delle arterie cavernose è ridotto e vi è uno scarso afflusso ematico al pene, per cui le lacune contengono poco sangue, la pressione intracavernosa è bassa e così anche la tensione di ossigeno (vedi immagine in alto nell’articolo). In pratica nel pene circola il sangue normalmente e l’organo rimane nello stato di riposo.

Sangue e muscolatura liscia

In seguito ad appropriati stimoli nervosi e alla conseguente liberazione di mediatori locali, la muscolatura liscia delle arterie cavernose, delle arterie elicine e delle lacune si rilascia. Ciò comporta un aumento del flusso arterioso alle lacune che quindi si riempiono di sangue e si dilatano. La distensione delle lacune porta alla progressiva compressione delle vene subtunicali e delle vene emissarie contro l’albuginea, per cui la resistenza al deflusso venoso del sangue dai corpi cavernosi aumenta progressivamente e il pene aumenta di volume (fenomeno della tumescenza). In pratica nel pene arriva più sangue rispetto alla circolazione normale e rimane in esso intrappolato, causando maggiore turgore e rigidità al pene.

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Pressione intracavernosa del pene

Dato che l’estensibilità dell’albuginea è limitata, una volta raggiunto un certo volume penieno si arriva allo schiacciamento completo delle venule emissarie contro l’albuginea, per cui la pressione intracavernosa aumenta progressivamente fino a raggiungere i livelli della pressione arteriosa sistemica (circa 100 mmHg). In queste condizioni il flusso arterioso si riduce e la quantità di sangue necessaria al mantenimento dell’erezione è di soli 4-5 ml/min. La contrazione dei muscoli ischiocavernosi e bulbocavernosi determina un ulteriore aumento della pressione intracavernosa, con interruzione del flusso nelle arterie cavernose o addirittura l’instaurarsi di un flusso in direzione opposta e raggiungimento della massima rigidità peniena. L’aumento della resistenza venosa legato all’occlusione venosa è quindi il fenomeno centrale dell’erezione, che è a sua volta legata al rilasciamento della muscolatura liscia delle trabecole, che consente l’espansione delle lacune, il loro
riempimento e quindi l’aumento della pressione intracavernosa. L’alterazione di uno solo dei meccanismi fin qui descritti può determinare a una disfunzione erettile (fino al 1993 chiamata “impotenza”) più o meno grave.

Dopo l’eiaculazione

Dopo l’eiaculazione e l’orgasmo, dalla fase della rigidità si passa gradualmente alla detumescenza peniena e al ritorno allo stato di flaccidità La muscolatura liscia delle arterie cavernose e delle pareti delle lacune si contrae, per cui si ha una decompressione graduale delle vene subtunicali e, conseguentemente, una riduzione progressiva della pressione intracavernosa: il flusso nelle arterie cavernose riprende riducendosi però rapidamente ai livelli della fase di flaccidità.

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