Shock ipovolemico non emorragico: cause, sintomi, rischi, diagnosi, terapie, prognosi, morte

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Una grave ustione può determinare perdita di liquidi, ipovolemia e shock

Con “shock” in medicina si indica una sindrome, cioè un insieme di sintomi e segni, causata da una ridotta perfusione a livello sistemico con sbilanciamento fra la disponibilità di ossigeno e la sua domanda a livello tessutale. Lo shock viene classificato in due grandi gruppi:

  • shock da diminuzione della gittata del cuore: cardiogeno, ostruttivo, ipovolemico emorragico e ipovolemico non emorragico;
  • shock distributivo (da diminuzione delle resistenze periferiche totali): settico, allergico (“shock anafilattico”), neurogeno e spinale.

In questo articolo parleremo in particolare dello shock ipovolemico di tipo NON emorragico.

Shock ipovolemico emorragico

Lo shock ipovolemico è lo stato di shock causato dalla diminuzione acuta della massa sanguigna circolante, causata da emorragia o da perdita di liquidi. L’emorragia e/o la perdita di liquidi porta a diminuzione del volume di sangue circolante (volemia), cioè porta a “ipovolemia”. Lo shock ipovolemico NON emorragico è il tipo di shock ipovolemico in cui l’ipovolemia NON è causata da emorragia, bensì da perdita di liquidi dovuta ad altra causa, ad esempio una grave ustione. In questo tipo di shock si verifica, semplificando, questa sequenza di eventi:

  1. la grave perdita di liquidi determina riduzione del volume di sangue circolante (ipovolemia);
  2. l’ipovolemia determina riduzione del precarico ventricolare, riduzione della pressione diastolica del ventricolo, ridotta eiezione cardiaca e ipotensione arteriosa (abbassamento della pressione sanguigna);
  3. l’ipotensione arteriosa porta ad ipoperfusione dei tessuti;
  4. l’ipoperfusione dei tessuti porta ad anossia tissutale;
  5. la sofferenza ischemica determina necrosi (morte) dei tessuti, che smettono di funzionare.

Se la perdita di liquidi è grave ed il paziente non viene trattato, questo tipo di shock è mortale.

Classificazione e sintomi

In questo tipo di shock si riscontrano segni clinici differenti a seconda della quantità della perdita di liquidi: in parole semplici maggiore sarà il volume di liquidi persi e più gravi saranno l’ipovolemia, l’ipoperfusione ed i segni clinici.

Nei pazienti con perdite di liquidi minori, possibili sintomi e segni di shock ipovolemico non emorragico, sono:

  • nessun sintomo o segno;
  • parametri vitali normali;
  • diuresi normale;
  • lieve agitazione psichica;
  • lieve tachipnea (lieve aumento della frequenza respiratoria);
  • debolezza;
  • sete;
  • ansia;
  • vista annebbiata;
  • moderata tachipnea (moderato aumento della frequenza respiratoria);
  • moderata tachicardia (moderato aumento della frequenza cardiaca);
  • riduzione della pressione arteriosa differenziale da aumento della pressione diastolica;
  • lieve contrazione della diuresi.Nei pazienti con perdite di liquidi moderate, possibili sintomi e segni di shock ipovolemico non emorragico, sono:
  • pallore;
  • vertigini;
  • confusione;
  • mancanza di forze;
  • severa tachicardia;
  • severa tachipnea;
  • severa riduzione della pressione sistolica;
  • dispnea;
  • vista annebbiata;
  • importante contrazione della diuresi (5-15 ml/h);
  • riduzione del livello di coscienza;
  • perdita di coscienza.

Nei pazienti con perdite di liquidi severe, possibili sintomi e segni di shock ipovolemico non emorragico, sono:

  • sintomi e segni di disfunzione multiorgano;
  • grave riduzione del livello di coscienza;
  • coma;
  • crollo della pressione arteriosa
  • elevatissima frequenza cardiaca
  • elevatissima frequenza respiratoria;
  • anuria;
  • arresto cardiaco;
  • arresto polmonare;
  • decesso.

A tali sintomi e segni si devono associare anche altri sintomi e segni causati dalla condizione e/o patologia a monte che ha determinato lo shock ipovolemico; ad esempio in caso di ustione saranno presenti ovviamente anche sintomi e segni dell’ustione.

Cause e fattori di rischio

Patologie e condizioni che causano e/o favoriscono una perdita di liquidi del nostro organismo, sono molteplici:

  • gravi ustioni;
  • lesioni essudative;
  • diabete insipido;
  • diabete mellito;
  • aumento eccessivo della permeabilità capillare (ad esempio shock allergico);
  • infezioni dell’apparato gastroenterico con vomito e diarrea gravi;
  • sequestro di liquidi negli spazi peritoneale, toracico e addominale (emoperitoneo, emotorace e ascite);
  • severa disidratazione;
  • colpo di calore (ipertermia);
  • danni renali;
  • abuso di farmaci diuretici;
  • iposurrenalismo;
  • febbre;
  • sudorazione abbondante.

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Decorso di uno shock

In uno shock si possono generalmente identificare tre diverse fasi:

  • fase iniziale compensatoria: la depressione cardiocircolatoria si aggrava e l’organismo fa partire meccanismi di compenso mediati da sistema nervoso simpatico, catecolamine e produzioni di fattori locali, come le citochine. La fase iniziale è più facilmente trattabile. La diagnosi precoce porta a prognosi migliore, tuttavia è spesso ardua visto che in questa fase i sintomi e segni possono essere sfumati o aspecifici;
  • fase di progressione: i meccanismi di compenso divengono inefficaci e il deficit di perfusione agli organi vitali si aggrava rapidamente, provocando gravi squilibri fisiopatologici con ischemia, danno cellulare ed accumulo di sostanze vasoattive. La vasodilatazione con l’aumento della permeabilità tissutale può portare sino alla coagulazione intravascolare disseminata. A tal proposito, leggi: Coagulazione intravascolare disseminata (CID): cause e terapie
  • fase di irreversibilità: è la fase più grave, dove sintomi e segni marcati facilitano la diagnosi che però, eseguita in questa fase, porta spesso ad eseguire terapie inefficaci e prognosi sfavorevole. Si può verificare coma irreversibile e riduzione della funzione cardiaca sino all’arresto cardiaco ed al decesso del paziente.

Diagnosi

La diagnosi dello shock si basa su vari strumenti, tra cui:

  • TAC;
  • coronarografia;
  • angiografia polmonare;
  • elettrocardiogramma;
  • radiografia del torace;
  • ecocardiogramma con colordoppler.

Anamnesi ed esame obiettivo sono importanti e devono essere eseguiti molto rapidamente. In caso di paziente senza conoscenza, l’anamnesi si può servire dell’aiuto dei familiari o di amici, se presenti.

All’esame obiettivo il soggetto con shock si presenta spesso pallido, con la cute fredda e umida, tachicardico, con polso carotideo ridotto, con funzionalità renale alterata (oliguria) e con lo stato di coscienza compromesso. Durante la diagnosi, servirà assicurare la pervietà delle vie aeree nei pazienti con turbe alla coscienza, mettere il soggetto in posizione antishock (supina), coprire l’infortunato, senza farlo sudare, per prevenire lipotimia e quindi un ulteriore aggravamento delle stato di shock.

Ecograficamente si apprezza vena cava inferiore piccola, segno di diminuita pressione venosa centrale, cuore ipercinetico con cavità non dilatate, polmone asciutto. Per quanto attiene agli esami di laboratorio fondamentale nella diagnostica dello shock è l’emogasanalisi arteriosa o venosa, per la valutazione dell’equilibrio acido-base dell’organismo. Caratteristicamente lo shock si accompagna ad un quadro di acidemia metabolica con incremento dei lattati e deficit di basi.

Nello shock ipovolemico non emorragico si verifica questa situazione:

  • precarico: diminuisce;
  • postcarico: aumenta per via riflessa;
  • contrattilità: normale;
  • satO2 venosa centrale: diminuisce;
  • concentrazione Hb: normale/diminuita;
  • diuresi: diminuisce;
  • resistenze periferiche: aumentate;
  • sensorio: agitazione, confusione, perdita di coscienza (con perdite di circa 2000 ml di sangue nell’adulto).

Ricordiamo al lettore che la gittata sistolica dipende per la legge di Starling dal precarico, dal postcarico e dalla contrattilità del cuore che possono essere monitorati a livello clinico in maniera indiretta con varie metodiche:

  • precarico: misurando la pressione venosa centrale tramite l’uso del catetere di Swan-Ganz, tenendo ben presente che questa variabile non è in funzione lineare col precarico, ma questo dipende anche dalla rigidità delle pareti del ventricolo destro;
  • postcarico: misurando la pressione arteriosa sistemica (in particolare la diastolica, cioè la “minima”);
  • contrattilità: tramite ecocardiogramma o scintigrafia miocardica.

Gli altri parametri importanti in caso di shock si controllano tramite:

Durante la diagnosi di osserva il paziente in maniera continua, per controllare come evolve la situazione tenendo sempre a mente la “regola ABC“, cioè controllando:

  1. pervietà delle vie aeree:
  2. presenza di respiro:
  3. presenza di circolo.

Tali tre fattori sono vitali per la sopravvivenza del paziente, e devono essere controllate -ed eventualmente ristabilite – in quest’ordine.

Terapia

La terapia deve essere tesa per prima cosa alla rapidissima individuazione della causa della perdita di liquidi, per interromperla. Successivamente dovrà essere ripristinata la corretta volemia tramite somministrazione di liquidi al paziente sulla base della perdita stimata. È fondamentale controllare i parametri vitali. Se necessario somministrare O2 con sondino nasale. Ai liquidi somministrati possono essere associati farmaci per controllare la funzionalità del cuore e dei vasi. Scopo ultimo è quello di ripristinare i liquidi dell’organismo e quindi la volemia, in modo di assicurare nuovamente la normale perfusione a tutte le strutture dell’organismo. All’arrivo al Pronto Soccorso saranno importanti eseguire subito la valutazione dell’emocromo e della pressione venosa centrale e periferica, che forniranno indicazioni sulla gravità del quadro.

Evoluzione e prognosi

In caso di perdita di liquidi grave e/o non trattata rapidamente, uno shock ipovolemico non emorragico ha prognosi spesso sfavorevole. Anche quando l’intervento medico sia tempestivo, la prognosi è a volte infausta. Avviatosi il processo scatenante la sindrome, l’ipoperfusione dei tessuti porta ad una disfunzione multiorgano, che aumenta e peggiora lo stato di shock: diverse sostanze vengono riversate nel torrente circolatorio dai vasocostrittori come le catecolamine, a varie chinine, istamina, serotonina,  prostaglandine, radicali liberi, attivazione del sistema del complemento e fattore di necrosi tumorale. Tutte queste sostanze non fanno altro che danneggiare gli organi vitali come rene, cuore, fegato, polmone, intestino, pancreas e cervello. Un grave shock ipovolemico non emorragico non trattato tempestivamente ha prognosi sfavorevole, potendo determinare coma irreversibile e decesso del paziente.

Cosa fare?

Se sospettate che qualcuno stia avendo uno shock, contattate il Numero Unico per le Emergenze 112. Nel frattempo ponete il soggetto in posizione antishock, o posizione di Trendelenburg, che si realizza ponendo l’infortunato disteso al suolo, in posizione supina, inclinato di 20-30° con il capo a terra senza cuscino, con il bacino leggermente rialzato (per esempio con un cuscino) e gli arti inferiori sollevati. Per approfondire:

Se il soggetto è incosciente va posto in posizione laterale di sicurezza: Posizione laterale di sicurezza: come, quando e perché può salvare una vita

In caso di arresto cardiaco e/o respiratorio, possono esserti utili i seguenti articoli:

Per approfondire gli altri tipi di shock, leggi anche:

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