L’ictus cerebrale è una grave condizione medica in cui una improvvisa chiusura o rottura di un vaso sanguigno cerebrale determina il mancato afflusso di sangue – e quindi di ossigeno e nutrimento – ai tessuti cerebrali (ischemia cerebrale) e, se il flusso sanguigno non viene rapidamente ripristinato, determina un danno alle cellule cerebrali che possono andare incontro a necrosi, cioè a morte, smettendo di funzionare e compromettendo il funzionamento di una parte del sistema nervoso centrale, il che può determinare la comparsa di sintomi gravi o di coma e, nei casi più gravi, morte.
Rischi e conseguenze di un ictus cerebrale
Un ictus cerebrale è una condizione medica grave e, in alcuni casi, molto grave e potenzialmente mortale. I pazienti che hanno lesioni più estese o un decorso aggravato da complicanze, potrebbero non superare la fase acuta della malattia e morire immediatamente o dopo alcune settimane di coma e senza mai riprendere conoscenza. Per altri, una volta superata la fase acuta, si assiste a un miglioramento – fatto che offre motivi di speranza. Quando si verifica un ictus alcune cellule cerebrali vengono lesionate in modo reversibile, altre muoiono: le cellule che non muoiono potrebbero riprendere a funzionare gradatamente. In caso di ictus cerebrale emorragico, intorno alle aree lese il cervello si gonfia per effetto dell’edema ma, quando l’edema si riduce, il funzionamento delle aree sane del cervello potrebbe riprendere regolarmente. Infine in alcuni casi altre aree sane del cervello possono sostituire le funzioni di quelle lesionate.
Gravità di un ictus
Gli esiti di un ictus cerebrale ischemico o emorragico sono estremamente vari in base a molti fattori, tra i quali:
- tipo di zona colpita;
- gravità dell’emorragia;
- ampiezza della zona colpita;
- tempi di intervento del personale sanitario;
- età del paziente (gli anziani recuperano con più difficoltà);
- stato di salute generale del paziente (la presenza di ipertensione, obesità, infezioni estese, diabete peggiorano la prognosi);
- bravura del medico.
Danno da ematoma cerebrale
Il danno al tessuto cerebrale, qualora l’ictus sia causato da rottura di un vaso sanguigno (ictus emorragico), viene provocato non solo dal mancato afflusso di sangue, ma anche dal fatto che il sangue fuoriuscito dal vaso tende ad accumularsi dando origine ad un ematoma che, se non viene rapidamente eliminato con un intervento neurochirurgico decompressivo, va a comprimere direttamente il tessuto cerebrale ed inoltre, innalzando la pressione intracranica, impedisce al sangue in arrivo dal cuore di arrivare correttamente nelle strutture contenute nel cranio. Per approfondire quest’ultimo argomento, leggi anche:
- Pressione intracranica e pressione di perfusione cerebrale
- Ipertensione endocranica: valori, cause, bradicardia, terapie
Complicanze
Condizioni cliniche morbose preesistenti e successive all’evento possono influire in maniera negativa sulla prognosi. Molto temibili sono le problematiche di natura non neurologica che si possono sovrapporre in un paziente affetto da emorragia cerebrale. Le più frequenti sono di ordine infettivo (infezione delle vie urinarie e polmoniti in prima battuta). Seguono complicanze di ordine cardiaco in particolar modo aritmie cardiache, problematiche legate alla formazione di lesioni da decubito nei pazienti in coma o parzialmente immobilizzati, e non dimentichiamo la possibilità di un ulteriore episodio di sanguinamento cerebrale durante la degenza. In parole semplici, tuttavia, il lettore deve comprendere che qualsiasi patologia esistente, neurologica o non neurologica, può aggravare un ictus e diminuire le possibilità di sopravvivenza o di recupero del paziente.
Possibilità di recupero
In base ai fattori ed alle variabili visti nei paragrafi precedenti, il paziente colpito da ictus può tornare ad una vita del tutto normale (in caso di ictus lieve) o, più spesso, avere lesioni cerebrali che determinano danni permanenti relativamente al comparto motorio e/o sensitivo (ad esempio difficoltà a parlare e/o a muoversi) che solo in parte possono migliorare grazie ad adeguato intervento fisioterapico. Nei casi più gravi il paziente può entrare in uno stato di coma che generalmente dura circa uno/due mesi e successivamente evolve o nel suo decesso, oppure in uno stato vegetativo o di minima coscienza che hanno durata estremamente variabile, potendo durare anche il resto della vita del paziente. Gli effetti dell’ictus nei pazienti che sopravvivono alla fase acuta variano molto nelle diverse persone: alcune sperimentano solo disturbi lievi, che con il tempo divengono quasi trascurabili, altri, invece, portano gravi segni della malattia per mesi, per anni o per sempre. Difficoltà a camminare, nel muoversi, nel parlare, paralisi, deficit nella sensibilità e difficoltà nella concentrazion sono alcune delle possibili sequele di un ictus, che potrebbero durare per tutta la vita e migliorare solo di poco grazie alla riabilitazione ed alla fisioterapia. Potrebbero capitare anche piccole forme di perdite di memoria temporanee e chi è affetto da questa malattia potrebbe riprendere l’uso della parola e non capire la sua situazione. Molti di questi danni potrebbero portare a perdita dell’autonomia (specie negli anziani già debilitati) e della possibilità lavorative, il che conduce in molti casi a depressione ed ideazioni suicidarie, specie nei soggetti più giovani. Negli anziani la perdita dell’autonomia può causare indirettamente danni di varia natura, ad esempio cadute accidentali con pericolose fratture di femore. Tali problemi si riverberano spesso anche nella famiglia del paziente specie se in essa sono contemporaneamente presenti problemi economici e/o litigi tra parenti derivati dal gestire il paziente.
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Prognosi e mortalità
Il 10-20% delle persone colpite da ictus cerebrale per la prima volta muore entro un mese ed un altro 10% entro il primo anno. Fra le restanti:
- un terzo circa sopravvive con un grado di disabilità spesso elevato, tanto da renderle non autonome, specie in caso di soggetto anziano già debilitato; questi soggetti necessitano di soggiornare in strutture sanitarie adatte od anche a casa propria ma seguiti da personale sanitario;
- un terzo circa presenta un grado di disabilità moderata che gli permette spesso di tornare al proprio domicilio in modo parzialmente autonomo;
- un terzo circa presenta lieve disabilità o nessuna disabilità e riescono a tornare autonomi al proprio domicilio.
Delle persone che sopravvivono a un ictus:
- il 15% viene ricoverato in reparti di lungodegenza, spesso per il resto della vita;
- il 35% presenta una grave invalidità e una marcata limitazione nelle attività della vita quotidiana;
- il 20% necessita di assistenza per la deambulazione;
- il 70% non riprende la precedente occupazione.
Emiplegia, diplegia, tetraplegia
Una delle più frequenti conseguenze di emorragia o ischemia cerebrale nei pazienti che sopravvivono ad ictus, è la paralisi. Un tipo di paralisi è l’emiplegia, ovvero la paralisi di una metà laterale del corpo. Dal momento che la lesione cerebrale avviene frequentemente a carico di uno dei due emisferi cerebrali (che come sappiamo controllano i movimenti del lato opposto del corpo), danni all’emisfero destro determinano paralisi del lato sinistro del corpo e viceversa. Inoltre ciascun emisfero possiede diverse specializzazioni, quindi un danno in un dato emisfero può andare ad intaccare un data funzione e non altre. In altri casi il paziente potrebbe soffrire per il resto della vita di diplegia (con impossibilità di muovere gli arti inferiori) o quadriplegia (anche chiamata “quadriplegia”, ovvero l’impossibilità di muovere sia arti inferiori che superiori). Per approfondire:
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Disturbi del linguaggio e dell’attenzione
La conseguenza di una emorragia cerebrale o di una ischemia a carico dell’emisfero sinistro del cervello, potrebbe determinare, oltre ad emiparesi destra, anche disturbi del linguaggio (afasie), mentre le conseguenze di una emorragia cerebrale che colpisce l’emisfero destro del cervello, oltre a determinare una emiplegia sinistra, causerà probabilmente alterazioni dell’attenzione, come il neglect, e della consapevolezza, come l’anosognosia. Per approfondire:
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Riabilitazione
L’emorragia cerebrale determina una lesione cerebrale, ed il cervello è quell’organo che ci permette di organizzare attraverso i processi cognitivi, il nostro comportamento e movimento, oltre alle nostre facoltà di linguaggio e di ragionamento. Pertanto tutte le conseguenze di una emorragia cerebrale, vanno analizzate considerando l’alterazione dei processi cognitivi causata dall’emorragia stessa. Ho ritenuto necessario fare questa ovvia precisazione, perché comprendere al meglio le conseguenze di emorragia cerebrale, significa scegliere la migliore riabilitazione per il recupero. Infatti purtroppo spesso, le conseguenze di una emorragia cerebrale vengono individuate nei soli effetti visibili quali emiparesi e spasticità (condizione di ipertono dei muscoli), tralasciando gli aspetti cognitivi prima citati, questo non fa altro che indurre a scegliere una riabilitazione incentrata sui muscoli. La riabilitazione post emorragia cerebrale deve coincidere con il reale problema che ha determinato le conseguenze appena descritte, dovrà quindi coinvolgere e riattivare i processi cognitivi alterati dell’emorragia cerebrale. Attualmente la riabilitazione cognitiva, conosciuta anche come Metodo Perfetti è la risposta riabilitativa post emorragia cerebrale più adatta e coerente con le reali problematiche e conseguenze.
Prevenzione
Ad oggi purtroppo non sono note procedure dirette in grado di evitare al 100% un ictus cerebrale, tuttavia, essendo tale patologia favorita da un numero elevato di fattori di rischio, si può prevenire efficacemente intervenendo su tutti quei fattori di rischio modificabili che ne aumentano il rischio, ad esempio:
- controllare frequentemente la pressione arteriosa superati i 40 anni, specie se si hanno parenti con ipertensione arteriosa e/o con precedenti episodi di ictus, in particolare emorragico;
- mantenere la pressione arteriosa entro limiti accettabili (al di sotto di una pressione sistolica di 140 mmHg);
- curare l’eventuale ipertensione arteriosa con farmaci antipertensivi;
- curare il diabete;
- usare una terapia anticoagulante;
- evitare una dieta sbilanciata ricca di grassi, seguire invece una dieta normocalorica ricca di frutta e verdura;
- evitare cibi salati;
- idratarsi bevendo adeguate quantità di acqua;
- se si è sovrappeso o obesi, mettere in pratica comportamenti per perdere peso, ad esempio seguire una dieta ipocalorica e fare attività fisica;
- prevenire l’ipercolesterolemia con una alimentazione adeguata e curarla con farmaci adeguati;
- evitare una vita sedentaria;
- evitare stress psicofisici prolungati;
- evitare fumo di sigaretta, alcolici e sostanze stupefacenti;
- prevenire traumi cerebrali stradali e sportivi grazie a specifiche precauzioni;
- diagnosticare precocemente malformazioni vascolari a rischio (aneurismi e malformazioni artero-venose);
- curare in modo adeguato eventuali coagulopatie o patologie delle pareti dei vasi sanguigni;
- curare eventuali aritmiche cardiache e valvulopatie;
- curare l’eventuale diabete;
- oltre i 45 anni effettuare una ecografia dei tronchi epiaortici ed un controllo cardiologico completo (con elettrocardiogramma e con ecocolordoppler cardiaco);
- fare attenzione al dosaggio dei farmaci anticoagulanti.
Tutti questi comportamenti sono ancor più raccomandati in quegli individui che hanno famigliarità con la patologia, ad esempio genitori e fratelli che hanno avuto ictus cerebrale o altri eventi ischemici come l’infarto del miocardio, oppure nei pazienti che hanno avuto precedenti episodi ischemico-emorragici. Relativamente alla prevenzione di un ictus, forse può interessarti anche:
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Sospetto un ictus, cosa faccio?
Nel caso abbiate legittimi sospetti che voi o un vostro caro siate stati colpiti da TIA o ictus cerebrale, chiamate immediatamente il Numero Unico per le Emergenze 112 e, nell’attesa dei soccorsi, leggete questo articolo per sapere cosa fare: Ictus, emorragia cerebrale cerebrale e TIA: cosa fare e cosa assolutamente NON fare
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Lo Staff di Medicina OnLine
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