Gli alimenti, oltre che reazioni di tipo tossico, possono produrre fondamentalmente tre tipi di reazioni avverse (AFR, acronimo di “Adverse Food Reactions”):
- Reazioni allergiche propriamente dette (food allergy), sempre dovute a meccanismi immunologici e dose-indipendenti;
- Reazioni pseudoallergiche (PAR=Pseudo-Allergic Reactions), spesso
dose-dipendenti, in cui risultano sempre operanti meccanismi extraim-
munologici; ad esempio, rientrano nelle PAR le sindromi reattive da
additivi alimentari; - Reazioni da intolleranza, dose-dipendenti, generalmente dovute a deficit enzimatici (deficit di lattasi, con intolleranza al latte, molto frequente; deficit di
saccarasi-isomaltasi, deficit di aldeidedeidrogenasi, deficit di lipasi,
deficit di tripsinogeno, deficit della via enzimatica del cito cromo P450,
deficit di fenolsulfotransferasi P, etc.),
La nomenclatura delle reazioni da alimenti è rimasta piuttosto confusa fino al 1984,
quando un apposito Comitato dell’American Academy of Allergy and Immunology
(AAAI) e del National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID) ha per la prima volta adottato in un documento conclusivo dei lavori la dizione “reazioni avverse ad alimenti” per indicare nel loro complesso tutte le reazioni, di qualsiasi natura, agli alimenti stessi. Le reazioni venivano distinte in tossiche, anafilattoidi, idiosincrasiche,
farmacologiche e metaboliche. Un notevole progresso nella classificazione delle reazioni avverse ad alimenti si è realizzato nel 1995, ad opera dell’apposito Sotto comitato dell’European Academy of Allergy and Clinical Immunology, che ha basato la nomenclatura sui meccanismi patogenetici implicati nelle varie sindromi reattive. Le “adverse reactions to food” sono state così distinte in:
- reazioni tossiche da contaminanti microbi ci o ambientali, sostanze tossiche naturali, sostanze chimiche agro-alimentari, micotossine, pesticidi, eccetera;
- reazioni non tossiche distinte, a loro volta, in:
- immunologiche (IgE-mediate e non IgE-mediate);
- non immunologiche o da intolleranza (enzimatica, farmacologica o non definita).
Per approfondire, leggi anche: Differenza tra allergia, pseudoallergia e intolleranza alimentare
Epidemiologia
Soltanto pochi casi (5% circa) di reazioni avverse ad alimenti sono da considerare veramente di origine allergica. Infatti, una vera allergia alimentare è frequente soltanto nella prima infanzia. Nell’infanzia, un’allergia al latte vaccino o all’uovo si riscontra all’incirca nel 5% dei bambini al di sotto dei due anni di età. Si osserva poi molto spesso una graduale risoluzione spontanea dell’allergia alimentare dopo il secondo anno di vita, per cui già all’età di 10 anni la frequenza è all’incirca analoga a quella degli adulti.
Va notato che nei bambini si osserva spesso anche un’allergia ai frutti e, quindi, ai succhi di frutta. Un problema che esiste quasi esclusivamente negli Stati Uniti è quello dell’allergia alle arachidi, il cui consumo, da parte dei bambini americani, è molto elevato; diversamente da quanto avviene per l’allergia al latte o all’uovo, l’allergia alle arachidi tende a permanere anche in età adulta. In Italia è relativamente frequente il riscontro di un’allergia ai frutti in guscio (nocciole, noci, etc.) ed al pesce.
Negli adulti, una vera allergia alimentare è molto meno frequente (interessa circa l’1% della popolazione generale) e costituisce meno del 5% di tutte le manifestazioni allergiche. Nella maggior parte dei casi si tratta di allergia ad alimenti vegetali (frutti, verdure); queste forme si osservano spesso in pazienti affetti da pollinosi, a causa della frequente cross-reattività tra pollini ed alimenti vegetali.
La frequenza delle reazioni avverse agli alimenti è comunque molto più alta quando si considerino anche le reazioni da intolleranza (ad esempio, molte delle sindromi cliniche da latte vaccino sono sostenute da meccanismi extraimmunologici, come un deficit di lattasi) e le reazioni pseudoallergiche (ad esempio, da additivi).
Le allergie alimentari dipendono anche dalle abitudini alimentari dei vari paesi, per il maggior uso di alcuni alimenti (ad esempio, l’allergia al pesce è molto frequente nei paesi scandinavi, l’allergia alle arachidi negli Stati Uniti, etc.), oltre che dalle abitudini alimentari di ciascun individuo (sono molto più frequenti in soggetti che facciano un consumo eccessivo e protratto di determinati alimenti). In Italia, per quanto riguarda gli allergeni alimentari vegetali, si riscontrano più frequentemente, nell’ordine, allergia alla mela, alla pesca, al kiwi (con frequenza crescente negli ultimi anni), alle noci, alle arachidi e, per le verdure, al pomodoro e al sedano.
Cenni storici
Certamente le anomali reazioni agli alimenti sono sempre esistite, tanto è vero che le prime segnalazioni di intolleranza al latte vaccino o di capra risalgono addirittura ad Ippocrate (460-370 a.c.) ed a Galeno (131-210 d.C.). Il problema è divenuto, comunque, di maggiore rilevanza alla fine del secolo scorso ed agli inizi del nostro secolo, con la progressiva diminuzione dell’allattamento dei neonati al seno ed il parallelo sviluppo delle industrie casearie, che hanno iniziato la produzione in massa di latte animale per l’alimentazione.
Le prime osservazioni di documentata allergia alle proteine del latte e dell’uovo risalgono ai primi decenni del secolo, mentre si sono poi succedute molte segnalazioni, in
parte anche aneddotiche, di allergia o intolleranza agli alimenti più svariati di uso comune o saltuario. Di notevole interesse pratico sono state, in seguito, le prime segnalazioni di Autori scandinavi, agli inizi degli anni ’70, di reazioni allergiche a vari alimenti vegetali (frutti e verdure) che molto spesso si osservano in pazienti affetti da allergia ai pollini.
È indubbio che negli ultimi decenni le manifestazioni di allergia o di intolleranza alimentare siano divenute di più frequente osservazione, soprattutto nei paesi a più elevato tenore di vita, anche in conseguenza del maggior uso di alimenti di produzione industriale. Tra l’altro, soltanto negli ultimi anni sono stati individuati i determinanti antigenici dei
principali alimenti, la qual cosa ha permesso di ottenere estratti diagnostici più affidabili, mentre la pratica più diffusa del test di provocazione in doppio cieco con placebo ha consentito di documentare i casi di sicura allergia a un determinato alimento.
Cause
In teoria qualsiasi alimento può produrre reazioni allergiche, contenendo proteine dotate di attività allergenica. In pratica, si osserva che quelli più attivi sono gli allergeni stabili, che meglio resistono alla cottura, come la ß-lattoglobulina del latte, l’ovalbumina del bianco d’uovo, gli allergeni del merluzzo e delle arachidi.
Viceversa, gli allergeni vegetali sono allergeni labili al calore e ad altri procedimenti (spremitura, centrifugazione, congelamento, etc.), per cui molti vegetali crudi possono produrre reazioni allergiche in pazienti, spesso pollinosici, che tollerano invece benissimo gli stessi vegetali dopo la cottura: o dopo altri procedimenti di lavorazione e di conservazione.
Va ricordato che gli alimenti, dal punto di vista allergologico, presentano caratteristiche particolari rispetto ad altri allergeni. Si distinguono, infatti:
- Allergeni alimentari completi, in grado di indurre una sensibilizzazione IgE-mediata, di legarsi alle IgE specifiche e di dar luogo a vere e proprie reazioni IgE-mediate. Si tratta, in genere, di allergeni resistenti al calore ed alle proteasi, come la parvalbumina del pesce e l’ovalbumina.
- Non sensitizing elicitors, che non sono in grado di per sé di sensibilizzare, ma che sono invece in grado di legarsi, per un fenomeno di cross-reattività, a IgE specifiche preformate e di reagire con esse, dando luogo a manifestazioni cliniche. Ne sono un esempio gli allergeni vegetali che cross-reagiscono con IgE specifiche già presenti verso i pollini, provocando sindromi allergiche orali o altri quadri clinici.
- Non elicitors, che sono soltanto in grado di legarsi per cross-reattività a IgE specifiche preforrnate, senza dar luogo ad attivazione mastocitaria (probabilmente per la loro monovalenza) e, quindi, a manifestazioni cliniche IgE-mediate. Ne sono un esempio alcune glicoproteine vegetali cross-reattive nei confronti di alcuni epitopi dei pollini.
Patogenesi
Tra le vere e proprie reazioni allergiche da alimenti si possono distinguere, dal punto di vista patogenetico:
- reazioni IgE-mediate (molto più frequenti), dovute a formazione di anticorpi specifici della classe IgE nei confronti di un allergene alimentare;
- reazioni non IgE-mediate (molto più rare):
- da IgG
- complemento-mediate
- cellulo-mediate (nel morbo celiaco)
Le reazioni non IgE-mediate possono essere determinate, almeno in teoria, da anticorpi specifici della classe IgG ad attività simil-reaginica, ma con potere sensibilizzante di breve durata (IgG-STS = IgG – Short Term Sensitizing), ovvero può trattarsi di reazioni da immunocomplessi, mediate dal complemento, con formazione di anafilotossine (C3a, C4a, C5a), che sono in grado di produrre attivazione mastocitaria e liberazione di mediatori chimici; inoltre, anche nell’allergia alimentare possono risultare operanti immunoreazioni cellulo-mediate, come – ad esempio – nel caso della reazione al glutine nel morbo celiaco. Appare acquisito, comunque, che la maggior parte delle reazioni allergiche ad alimenti è dovuta ad immunorearioni IgE-mediate.
In alcuni casi di allergia alimentare non è sufficiente l’ingestione dell’ali- mento responsabile perché si produca una sintomatologia clinica, ma occorrono anche fattori accessori. È il caso, ad esempio, della cosiddetta anafilassi da esercizio fisico post-prandiale (FDEIA=Food-Dependent Exercise-Induced Anaphylaxis), dovuta all’assunzione di determinati cibi (vegetali, crostacei, etc.) ma soltanto in seguito ad un esercizio fisico (cor- sa o altre attività di tipo sportivo) compiuto entro poche ore dal pasto. Se ne possono distinguere due forme:
- SFDEIA (Specific Food-Dependent Exercise-Induced Anaphylaxis), in cui le reazioni avverse si verificano soltanto dopo ingestione di un determinato o di determinati alimenti;
- NSFDEIA (Non-Specific Food-Dependent Exercise-Induced Anaphylaxis), in cui i sintomi si presentano dopo attività fisica svolta dopo un qualunque pasto, indipendentemente dalla sua composizione.
Esistono, in condizioni normali, diversi meccanismi difensivi, non immunologici (barriera gastrica, enzimi intestinali e pancreatici, muco, etc.) ed immunologici, che impediscono la sensibilizzazione verso gli allergeni alimentari, infatti la digestione enzimatica scinde quasi completamente le proteine alimentari in frammenti non antigenici. Tali proteine vengono degradate dalla pepsina/HCl in peptoni, che sono poi sottoposti all’azione degli enzimi intestinali e pancreatici; la fase intraluminale è seguita da un processo di membrana, a livello dei microvilli intestinali, ad opera di enzimi pancreatici adsorbiti e delle peptidasi intestinali secrete60bis. Questo ulteriore processo
digestivo porta alla formazione di oligopeptidi (di 2-6 amino acidi) , che vengono poi idrolizzati ad amino acidi dalla digestione lisosomiale intracellulare.
Il primo meccanismo immunologico di difesa è rappresentato dalle IgA secretorie, che costituiscono una “vernice protettiva” a livello della superficie dell’epitelio, contribuendo a creare quella barriera intestinale che in condizioni normali impedisce od ostacola il passaggio di molecole antigeniche. Alcune di queste molecole, anche di elevato peso molecolare, riescono tuttavia a superare intatte l’epitelio intestinale, passando attraverso gli enterociti, mediante processi di esocitosi o pinocitosi, ovvero negli interstizi tra gli stessi enterociti, per un processo di “perassorbimento”.
Le molecole antigeniche che sono riuscite a superare la mucosa possono immettersi direttamente nel circolo portale, giungendo al fegato ed essendo poi degradate dal sistema di Kupffer, ovvero possono legarsi nella sottomucosa a IgA specifiche monomeriche, passando nel sangue portale sotto forma di immunocomplessi (IgA, IgG o IgM coniugate agli allergeni alimentari), che costituiscono così un secondo meccanismo di difesa, infatti gli immunocomplessi, in condizioni di normalità, vengono distrutti dalle
cellule di Kupffer o da altre cellule del sistema istiocitario/macrofagico.
La formazione di complessi antigeni alimentari – IgA appare, in condizioni normali, estremamente importante per l’induzione di uno stato di “tolleranza specifica a bassa zona” nei confronti dell’allergene alimentare.
Malgrado tutti questi meccanismi difensivi, in alcuni casi le molecole antigeniche di un alimento raggiungono le cellule immunocompetenti nella sottomucosa, nei folli coli linfatici, nella milza, nei linfonodi ed in circolo, dando luogo a risposte immuni, che possono risultare IgE-mediate oppure non IgE-mediate. Si ricorda che il tessuto linfoide intestinale (GALT = Gut Associated Lymphoid Tissue) è composto da linfociti intraepiteliali (essenzialmente CD8+), linfociti della lamina propria (CD4+), folli coli linfatici, placche del Peyer e linfonodi mesenterici.
Varie ipotesi possono essere formulate per spiegare il superamento dei vari meccanismi difensivi da parte degli allergeni alimentari, con conseguente produzione di una risposta immunitaria:
- Aumentato passaggio di molecole antigeniche intatte, quale può verificarsi nella prima infanzia a causa dell’immaturità degli epiteli del canale digestivo ma anche a qualsiasi età per alterazioni della mucosa intestinale di natura varia: lesioni degli enterociti (ad opera di tossine o di virus), diminuzione delle mucoproteine e della pellicola protettiva che esse formano alla superficie dell’epitelio (ad esempio, in seguito a proliferazione batterica nell’intestino tenue o a somministrazione di antiflogistici non steroidei), fenomeni di vasodilatazione locale (dovuti, ad esempio,
ad ingestione di alcolici o di lassativi ad azione irritante). Tra le altre cause di incrementato passaggio di grosse molecole antigeniche alimentari, deve essere ricordato un deficit di IgA e di IgA secretorie, come dimostrato da numerose indagini cliniche e sperimentali. - Diminuita depurazione dei complessi antigeni alimentari – IgA, per alterazione della fagocitosi ovvero per deficit del sistema complementare (ad esempio, per deficit di C2, che riveste notevole importanza nei processi di opsonizzazione).
- Rottura della “tolleranza a bassa zona” nei confronti di un antigene alimentare che può verificarsi, in via di ipotesi, per variazioni nella concentrazione dell’antigene e, soprattutto, per il contatto incostante dell’antigene alimentare con le cellule immunocompetenti, oppure per scavalcamento (by-pass) della tolleranza in seguito a modificazioni molecolari dell’antigene, ad ingestione di antigeni alimentari crossreattivi o a stimolazione ad opera di sostanze solubili ad attività potenziante la risposta allergica.
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Lo Staff di Medicina OnLine
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