La terapia specifica di una allergia alimentare si basa principalmente sull’eliminazione dell’alimento responsabile, una volta che sia stato individuato. Il trattamento dietetico deve essere condotto in maniera rigorosa, escludendo non solo l’alimento in questione, ma eventualmente anche quei componenti alimentari che risultino strettamente correlati all’alimento responsabile come ad esempio, vegetali appartenenti alla stessa famiglia botanica. Un tipico esempio di questa correlazione è il seguente: poiché il principale determinante allergenico della pesca, del p.m. di 13 kD, è condiviso dalle altre Prunoidee, un soggetto allergico alle pesche dovrebbe evitare anche l’ingestione di prugne, ciliegie ed albicocche.
C’è anche da tener presente che in molti pazienti con accertata allergia verso un alimento si riscontrano positività dei test cutanei e/o dei test sierologici verso altri alimenti, soprattutto vegetali, mentre poi i test di scatenamento in doppio cieco, quando effettuati, risultano negativi. In linea di massima, però, è corretto evitare diete troppo restrittive, informando invece i pazienti e/o i loro familiari sulla possibilità di eventuali cross-reazioni, con il suggerimento di annotare qualsiasi reazione sospetta e di informarne tempestivamente il medico. Tenere conto di eventuali reazioni sospette a un determinato cibo su un diario e portare tale diario dall’allergologo, può aiutarlo enormemente nella diagnosi.
Ovviamente, nonostante la dieta di eliminazione, dovranno essere sempre rispettati tutti i fabbisogni calorici e nutrizionali, anche in rapporto all’età del paziente. Se il paziente è normopeso, la dieta sarà normocalorica e dovrà quindi semplicemente eliminare l’alimento a cui si è allergici. Se il soggetto è sovrappeso od obeso, la dieta potrebbe essere sia di eliminazione, ma anche ipocalorica, cioè contenere un numero di calorie inferiore al fabbisogno calorico giornaliero in modo da determinare una graduale perdita di massa grassa nel paziente. In caso di paziente con determinate patologie, la dieta dovrà ovviamente tenerne conto, ad esempio essere ipoglucidica in caso di paziente diabetico o ipoproteica in caso di paziente con insufficienza renale.
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Per il trattamento dietetico dei neonati con allergia alle proteine del latte vaccino. Nelle forme di accertata allergia al latte debbono essere esclusi dalla dieta tutti i derivati del latte stesso (burro, ricotta, formaggi, etc.); va ricordato, al riguardo, che derivati del latte possono trovarsi nei cibi più disparati (creme, margarine, cereali ed altri cibi precotti, maionese, biscotti e dolci, cioccolato, gelati, etc.). Dopo un trattamento dietetico adeguato, soprattutto in età pediatrica, si osserva spesso il ritorno ad una situazione di “tolleranza” verso un determinato alimento, dimostrata dalla negativizzazione del test di scatenamento, anche se può persistere la positività dei test cutanei e/o sierologici. Dovrebbero essere eseguiti periodicamente test di scatenamento di controllo (ad esempio, ogni sei mesi nei bambini ed ogni anno negli adulti), onde accertare se la dieta di eliminazione debba essere proseguita ovvero se possa essere compiuto il tentativo di far tornare il paziente ad un’ alimentazione normale.
Non appare consigliabile, invece, l’immunoterapia specifica (desensibilizzazione o iposensibilizzazione) per allergeni alimentari, per la quale mancano studi clinici controllati che possano fornire la necessaria dimostrazione della reale efficacia del trattamento. Un’eccezione potrebbe essere rappresentata da alcuni casi di grave allergia alimentare con rilievi anamnestici di manifestazioni cliniche di anafilassi sistemica, soprattutto quando l’allergene alimentare sia particolarmente insidioso a causa della sua presenza occulta in varie preparazioni alimentari. È il caso, ad esempio, dell’allergia alle arachidi (peanuts), il cui allergene, molto potente, risulta responsabile, almeno negli Stati Uniti, della maggior parte dei casi letali di anafilassi da alimenti.
Un’immunoterapia “rush” con estratti allergenici acquosi di arachidi è stata eseguita in pochi casi, con favorevoli risultati (netta diminuzione dei sintomi clinici dopo test di provocazione in doppio cieco), ma il trial è stato sospeso dopo l’insorgenza di gravi effetti indesiderati. Nelle sindromi da intolleranza ai disaccaridi, ad esempio nei frequenti casi di deficit di lattasi, deve essere evitata del tutto nelle forme più gravi l’assunzione di latte e latticini, mentre nelle forme più lievi può essere permessa l’assunzione di latte a basso contenuto in lattosio (inoltre, è in genere ben tollerato lo yogurt),
La terapia farmacologica prevede la somministrazione di farmaci ad azione preventiva (soprattutto a base di sodio cromoglicato) o sintomatica (in genere, antistaminici di sintesi).
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