Quale malattia costringe Joker a ridere quando non vuole?

MEDICINA ONLINE JOKER 2019 JOAQUIN PHOENIX RISATA INCONTROLLABILE AUTOBUS MALATTIA SPIEGAZIONE MEDICA PSICHIATRICA TRAUMA CERVELLO NEUROLOGIA FILM CINEMA.jpgUn nostro lettore ha da poco visto il film del 2019 “Joker“, diretto da Todd Phillips con il grande Joaquin Phoenix nella parte del protagonista Arthur Fleck, che gli è valsa il premio Oscar come miglior attore. Il lettore mi chiede:

“Salve dottore, volevo chiederle: la malattia di cui soffre il protagonista del film Joker, che lo costringe a ridere in momenti inopportuni, esiste davvero o è una pura invenzione dello sceneggiatore? Di quali altre malattie potrebbe soffrire?”

La mia risposta (attenzione: SPOILER)

Il protagonista del film è Arthur Fleck, un uomo che soffre di un raro disturbo che gli provoca improvvisi e incontrollabili attacchi di risate che non rispecchiano il suo reale stato d’animo, specie in momenti di forte tensione emotiva: ciò gli causa non pochi problemi relazionali, dal momento che egli si mette involontariamente e letteralmente a ridere in faccia alla gente che incontra, la quale – non sapendo della sua patologia – lo trova inopportuno e fastidioso. Per tale motivo Arthur è costretto a portare sempre con sé un bigliettino, che consegna ai suoi interlocutori per strada, in cui spiega il suo problema (vedi immagine qui in basso).

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In realtà esistono vere patologie neurologiche e psichiatriche che portano un individuo a ridere fragorosamente anche in momenti totalmente inopportuni, in situazioni tristi o drammatiche, come un funerale. Tra le patologie psichiatriche, la schizofrenia potrebbe ad esempio spiegare questo tipo di comportamento nel soggetto in questione. Per approfondire, leggi anche:

Ipofrontalità

Tra le patologie neurologiche, la sindrome frontale (o “ipofrontalità”) potrebbe portare una persona a comportarsi in modo totalmente inopportuno rispetto alla situazione. Nella sindrome frontale con lesioni situate nella corteccia prefrontale orbitofrontale  si verifica infatti l’incapacità da parte del paziente di fare scelte appropriate alle circostanze e di modulare il comportamento in modo adattivo nel rispetto delle norme sociali. Il comportamento del soggetto con danni orbitofrontali, non rispondendo più al normale controllo delle azioni impulsive, rischia di avere comportamenti nel migliore dei casi considerati “assurdi”, “grotteschi”, “strani”, non adatti alla situazione (appunto ridere in momenti inopportuni) mentre nel peggiore dei casi antisociali e perfino illegali. In molti casi il soggetto perde il contatto con la realtà e compie gesti irresponsabili e pericolosi senza riuscire a valutare la gravità delle proprie azioni. La sindrome frontale può avere molte cause, tra le quali una delle più diffuse è il trauma cranico, cioè quello che succede più volte al protagonista da bambino. La sindrome frontale spiegherebbe sia la risata inopportuna ma anche i comportamenti antisociali di Arthur. Per approfondire, leggi: Sindrome frontale o ipofrontalità: cause, sintomi, conseguenze, diagnosi, cure

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Sindrome pseudobulbare

Tra le patologie neurologiche, un’altra spiegazione potrebbe essere fornita dalla “sindrome pseudobulbare”. Questa sindrome è causata da una lesione del fascio motorio cortico-bulbare (anche chiamato “fascio genicolato”, una parte della “via piramidale“) che a sua volta può essere determinata da varie condizioni, come ad esempio un trauma cranico. La sindrome pseudobulbare porta il paziente ad avere episodi di pianto o di riso incontrollabili, senza che siano stati provocati da vere emozioni: in questo caso ad esempio il soggetto potrebbe mettersi a piangere “di tristezza” assistendo ad un fatto allegro e ridere in modo isterico in un momento socialmente considerato triste. Tali scoppi di risa e/o di pianti sono provocati spesso da momenti di forte tensione e ciò potrebbe ben sposarsi con le azioni di Arthur. Per approfondire, leggi: Sindrome pseudobulbare: cause, sintomi, diagnosi e terapie

Disgrafia

Nel film Joker il protagonista viene ripreso mentre prende appunti su un suo taccuino e varie pagine di questo taccuino vengono in parte mostrate. Alcune di queste pagine mostrano chiaramente che qualcosa nell’equilibrio mentale di Arthur si sia rotto da tempo. Uno dei fatti visibili osservando la sua scrittura è che probabilmente egli soffra di una lieve disgrafia, un disturbo specifico della scrittura tipico dell’infanzia evidente nella riproduzione di segni alfabetici e numerici che risultano non lineari, non occupanti in modo adeguato lo spazio di scrittura a disposizione e con dimensioni non omogenee.

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Una delle caratteristiche della disgrafia è la mancata capacità di utilizzare al meglio lo spazio a disposizione per scrivere: il soggetto non rispetta i margini del foglio, lascia spazi irregolari tra i grafemi e tra le parole, non segue la linea di scrittura e procede in “salita” o in “discesa” rispetto al rigo. Ciò in Arthur è in parte evidente ad esempio guardando l’immagine in alto, in cui si nota come lui spesso non rispetti le righe del foglio. Per approfondire, leggi: Differenze tra disgrafia e disortografia

Depressione e allucinazioni

C’è da ricordare che il protagonista del film Joker soffre di allucinazioni e, di base, ha probabilmente anche una depressione che lo porta ad avere istinti suicidari. Alcune sue patologie di interesse psichiatrico sono probabilmente “ereditate” dalla madre, anche lei malata psichiatrica (anche se si dovrebbe più correttamente parlare di “famigliarità” e non di “ereditarietà”). Qualcuno potrebbe obiettare che Arthur è stato adottato e che quindi non si possa dire di aver “ereditato” qualcosa da una madre non biologica, ma è davvero così?

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Ricordiamo al lettore che la madre potrebbe averlo adottato, ma lui potrebbe anche essere in realtà il suo vero figlio biologico. Il dubbio viene in base al particolare della foto della madre con scritto “Love your smile T.W.” sul retro (vedi immagine in alto), che potrebbe indicare una vera relazione amorosa tra Thomas Wayne e la madre di Arthur, il che suggerisce il fatto che il magnate potrebbe essere realmente il suo padre biologico e che davvero abbia creato dei falsi documenti di adozione per coprire lo scandalo di un figlio illegittimo, cosa che avrebbe poi spinto la madre di Arthur ad impazzire. Per approfondire, leggi anche:

Altre patologie di Joker

Arthur è un tabagista: lo vediamo spesso fumare sigarette fino in fondo – quasi fino al filtro – e con ampie boccate, sintomo di una forte dipendenza dalla nicotina. Inoltre Arthur:

  • ha spesso una andatura zoppicante, non sappiamo se per problemi neurologici, ortopedici o altro;
  • ha la “scapola alata” monolaterale, cioè un assetto anomalo di una delle due scapole (nel caso del protagonista quella destra), in cui il margine più vicino alla colonna vertebrale, risulta sollevato rispetto al piano toracico. Si manifesta con dolore, debolezza muscolare, difficoltà nei movimenti del braccio e deformazione estetica;
  • appare sottopeso e mai una volta nel film viene mostrato mentre mangia: forse anoressia nervosa?
  • essendo stato forse abbandonato dai genitori (o forse solo dal padre) ed abusato, potrebbe soffrire di sindrome da abbandono.

Joker assume inoltre ben sette farmaci, tra cui alcuni antidepressivi.

E’ comunque impossibile fare una diagnosi precisa di Arthur visto che non possiamo ovviamente visitarlo!

Delirio psicotico

In ultimo, la cosa più importante: secondo alcune tesi, tutto quello che succede nel film non è reale, bensì è fin dall’inizio immaginato da un paziente dell’Arkham Asylum che, a pensarci bene, potrebbe perfino non chiamarsi Arthur Fleck. In parole semplici l’intero film sarebbe in realtà una grande proiezione di una mente malata, una fantasia delirante, un vero delirio psicotico di un soggetto schizofrenico. Non esistono delle vere e proprie prove a riguardo, ma il fatto che la psicologa sia la stessa in due scene e posti diversi, come la totale assurdità di alcune situazioni (il dialogo stesso di quando Arthur va in tv e confessa di aver ucciso tre persone appare in parte illogico), ha pensato diverse persone nel mondo a pensarla così. In questo caso sarebbe interessante notare che all’interno di una totale fantasia delirante, il protagonista ha delle allucinazioni e plus ideativi (il rapporto con la vicina, l’abbraccio solo immaginato col presentatore tv…). In pratica queste sarebbero fantasie… all’interno di una fantasia! Ma cos’è questa “fantasia”? E’ un sogno? Nello stato delirante il soggetto non pensa, ma “vede e sente” come se stesse sognando da sveglio, anche se in realtà il delirio è completamente diverso da un sogno: quando sogniamo nella maggioranza delle volte consideriamo reale la vicenda sognata, ma al momento del risveglio ben presto capiamo che il sogno non era reale e che corrisponde a una narrazione emotiva diversa dalla realtà. Dal sogno “prendiamo le distanze” al momento del risveglio. Dall’esperienza delirante, al contrario, non c’è risveglio né presa di distanza perché il delirio è una percezione concreta per il soggetto. La psicosi si sviluppa come un graduale processo di regressione in cui la persona si ritira in uno spazio completamente isolato dal mondo e nel film può essere vista come prosecuzione del ritiro infantile. In parole semplici il protagonista del film, abusato da bambino, per sfuggire ad una realtà nefasta e distruttiva, può aver sviluppato un mondo tutto suo fatto di deliri, da cui non è più riuscito ad uscire.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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