Le cause più frequenti degli attacchi acuti di vertigine sono la vertigine posizionale benigna, la malattia di Ménière e la neuronite vestibolare. Gli attacchi possono anche far seguito a traumi cranici.
Vertigine posizionale benigna
Si tratta della forma più comune nella pratica clinica. È caratterizzata da attacchi brevi (della durata di un minuto o meno) di vertigine e nistagmo che si verificano assumendo determinate posizioni che comportano bruschi movimenti del capo (sdraiarsi, voltarsi nel letto, iperestendere la testa). I sintomi possono ricorrere periodicamente per parecchi giorni o mesi. L’udito non è interessato. La diagnosi viene accertata facendo passare il paziente dalla posizione seduta a quella sdraiata con il capo inclinato di 30° rispetto all’estremità del lettino ed a 30° da un lato (manovra di Hallpike; vedi figura in alto nell’articolo, A e B). Tale manovra produce un breve attacco di vertigine e di nistagmo e il ritorno alla posizione seduta modifica la direzione di questi ultimi sintomi. Dopo tre o più tentativi gli accessi non possono più essere indotti. Per quanto riguarda la patogenesi, è opinione diffusa che detriti otolitici si distacchino dalla macula utricolare e, con i cambiamenti di posizione del capo, si portino nel canale semicircolare posteriore, dove eserciterebbero forze di pressione e trazione sulla cupola inducendo un attacco di vertigine (cupololitiasi).
La vertigine posizionale benigna non necessita in genere di terapie particolari. Per il trattamento di attacchi gravi e frequenti è stata ideata la manovra di riposizionamento dei corpuscoli litici dei canali semicircolari (vedi figura in alto nell’articolo, C-F). La prima parte di tale manovra (vedi figura precedente, A e B) coincide con la manovra diagnostica di Hallpike descritta sopra. Si inclina il capo del paziente nella posizione che evoca i sintomi e quindi lo si ruota in tre diverse fasi, ciascuna separata dall’altra da un intervallo di circa 20 s (vedi figura precedente, C-F): dapprima si ruota il capo a 45-60° verso l’orecchio opposto, quindi si ruota il paziente sul lato sinistro e si ruota ulteriormente il capo di 45° finché non risulti parallelo al suolo; infine si ruota ulteriormente il capo finché il volto non si trovi quasi di fronte al suolo. Dopo 20 s si riporta il paziente in posizione eretta e lo si mantiene con un’inclinazione del capo di almeno 45° per le successive 24 ore. Spesso l’esecuzione di tali manovre per una sola volta è sufficiente a interrompere un attacco di vertigine posizionale. Gli antistaminici sono utili nei casi di neuronite vestibolare.
Malattia di Ménière
Nel corso di questa malattia gli attacchi vertiginosi sono tipicamente improvvisi, durano da alcuni minuti a un’ora e sono di tale gravità da costringere il paziente a sdraiarsi e restare fermo, di preferenza con l’orecchio affetto verso l’alto. Il nistagmo optocinetico o da stimolazione calorica risulta compromesso o perso dal lato interessato. L’affezione si associa in genere a tinnito, senso di pienezza del capo o dell’orecchio e sordità e tali sintomi possono peggiorare nel corso dell’accesso.
Nel corso di un attacco acuto di malattia di Ménière il soggetto avverte l’esigenza di restare immobile in una posizione che riduca la vertigine. Fortunatamente, la vertigine intensa è in genere di breve durata; se si protrae, si dimostra utile la somministrazione di un farmaco antistaminico come il dimenidrinato, la ciclizina, la meclizina o la prometazina in dosi comprese fra 25 e 50 mg ogni 4 ore. La trimetobenzamina in supposte da 200 mg, somministrata a intervalli di 6 ore, è utile per tenere sotto controllo la nausea e il vomito. Se gli attacchi sono frequenti e inabilitanti, un sollievo permanente può essere ottenuto con la distruzione chirurgica del labirinto, che tuttavia va attuata solo se l’affezione è strettamente unilaterale e la perdita dell’udito è pressoché completa. In alternativa si può optare per la sezione della porzione vestibolare dell’VIII nervo.
Neuronite vestibolare
Questa patologia si manifesta con un singolo attacco vertiginoso protratto, che persiste in forma grave per parecchi giorni e, in forma più lieve, per varie settimane. Si osserva una risposta ridotta alla stimolazione calorica da un lato senza. che si rilevino acufeni o ipoacusia. Sono state osservate rare forme ricorrenti ed epidemiche di tale affezione. Non sono ancora perfettamente chiari né il fattore eziologico né la precisa sede della lesione; si presume che la malattia sia dovuta a una lesione infiammatoria, probabilmente di natura virale, della porzione ve- stibolare dell’VIII nervo. Accessi vertiginosi di variabile intensità, accompagnati da ipoacusia neurosensoriale e da segni di interessamento di altri nervi cranici, sono manifestazioni rare ma caratteristiche del neurinoma del nervo acustico. In alcuni casi di vertigine intrattabile ritenuta idiopatica, si è ottenuto un miglioramento dopo il riposizionamento di un ramo tortuoso dell’arteria basilare in anomalo contatto con l’VIII nervo cranico (Janetta e coll.).
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