Terapia occupazionale: caratteristiche, attività, obiettivi, dispositivi

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Il deambulatore permette al paziente di mantenere l’autosufficienza

La riabilitazione cognitiva è un insieme sistematico, orientato in senso funzionale, di attività terapeutiche, basato sulla valutazione e comprensione dei deficit cerebrali e comportamentali del paziente, che ha due obiettivi primari:

  • favorire una maggiore autonomia e integrazione psicosociale dell’individuo attraverso il miglioramento delle capacità cognitive compromesse;
  • insegnare al paziente strategie specifiche di compensazione del deficit attraverso l’uso delle abilità ancora conservate.

L’intervento a favore di chi è portatore di un disturbo delle funzioni cognitive dovrebbe partire da una disamina molto attenta dei danni cognitivi e delle reali potenzialità presenti nella persona, per progettare poi un percorso altamente individualizzato che migliori il più possibile la qualità della sua vita, che poi è il fine ultimo di tutte le tecniche di riabilitazione cognitiva.

Pur essendo ogni iter riabilitativo unico, le fasi della riabilitazione cognitiva sono essenzialmente le stesse per tutti i pazienti:

  • il medico indaga sulle funzioni cognitive ancora intatte e su quelle alterate, valutando la gravità del deficit;
  • si cerca di rendere il paziente consapevole della sua disabilità ;
  • si cerca di stimolare un ruolo attivo da parte del paziente;
  • si attiva lo sviluppo di strategie di compenso per i disturbi cognitivi e comportamentali
  • si attiva un eventuale intervento psicoterapeutico per i disturbi emotivi (spesso presenti nei pazienti con deficit di funzione cognitiva, ad esempio depressione);
  • l’ultima fase prevede la generalizzazione delle strategie di compenso nell’ambiente sociale.

La pratica riabilitativa si realizza principalmente attraverso:

  • il recupero di schemi comportamentali precedentemente acquisiti;
  • la creazione di nuovi schemi comportamentali;
  • la creazione di nuovi schemi di attività mediante meccanismi compensatori esterni
    (adattamenti ambientali, supporto sociale o altre forme di protesizzazione ecologica);
  • la mobilitazione delle risorse presenti nel paziente, dove non sia possibile;
  • intervenire per modificare o compensare il deficit, al fine di migliorare comunque il suo livello funzionale.

Le tecniche di riabilitazione cognitiva maggiormente – ma non esclusivamente – adottate trovano la loro matrice culturale nel modello cognitivo-comportamentale. Le tecniche più usate sono:

  • tecniche che incrementano comportamenti adeguati già presenti nel repertorio del soggetto;
  • tecniche che incrementano comportamenti adeguati non presenti nel repertorio del soggetto;
  • terapia occupazionale;
  • tecniche che incrementano le funzioni attentive;
  • tecniche che incrementano la working memory (memoria di lavoro);
  • tecniche per la riabilitazione del linguaggio.

In questo articolo ci occuperemo in particolare di terapia occupazionale, svolta dal terapista occupazionale su indicazione del medico.

Terapia occupazionale

La terapia occupazionale (o “ergoterapia”, in inglese “occupational therapy”) è una professione sanitaria riabilitativa che promuove la salute, il benessere e – più in generale – l’aumento della qualità della vita del paziente, attraverso l’occupazione.

Attività

Le attività più diffuse nella terapia occupazionale sono ad esempio:

  • attività quotidiane di base, come:
    • parlare,
    • mangiare,
    • vestirsi,
    • lavarsi,
    • prendersi cura del proprio aspetto (farsi la barba, pettinarsi…),
    • allacciarsi le scarpe,
    • scrivere,
    • andare in bagno,
    • spostarsi dalla sedia al water o al letto.
  • attività quotidiane più complesse, come:
    • cucinare,
    • tenere pulito l’ambiente,
    • usare uno smartphone,
    • usare il computer,
    • socializzare con altre persone,
    • gestire le proprie finanze,
    • gestire il regime farmacologico giornaliero,
    • andare a fare la spesa,
    • guidare un autoveicolo,
    • studiare,
    • imparare un lavoro.

Le attività prima elencate sono volte soprattutto al mantenimento del maggior grado di autosufficienza possibile del paziente, tuttavia ne esistono molte altre che non hanno questo stesso obiettivo, bensì quello di colmare i deficit cognitivi attraverso attività creative, come ad esempio:

  • cantare,
  • suonare uno strumento musicale,
  • scrivere poesie,
  • dipingere,
  • découpage (decorare),
  • ricamare,
  • intagliare il legno.

Le attività tipiche della terapia occupazionale possono quindi essere sinteticamente distinte di tre grandi aree, che sono:

  • cura di sé: per l’autosufficienza di base;
  • studio/lavoro: per il potenziamento intellettuale e l’autosufficienza economica;
  • tempo libero: per il potenziamento creativo.

Caratteristiche

La terapia occupazione, nell’ambito della riabilitazione, è volta in particolare a migliorare la capacità di un soggetto di essere autosufficiente (consentendogli la maggiore indipendenza possibile) e di svolgere attività creative e lavoro utile per sé e per la società. Queste attività sono molto varie e sono organizzate in modo soggettivo in base alle caratteristiche del paziente e ad i suoi eventuali deficit cognitivi congeniti e/o acquisiti. La terapia occupazionale, grazie alle varie attività svolte, permette al paziente di incrementare le capacità colpite dal deficit cognitivo e di potenziare le capacità ancora intatte in modo che compensino quelle deficitarie. La terapia cognitiva raggiunge questi obiettivi implementando:

  • la sensibilità corporea;
  • la capacità motoria;
  • la capacità di desiderare di svolgere un’attività;
  • la capacità di ideare e mettere in atto un piano composto da più sequenze di azioni;
  • la capacità di perseverare nei tentativi di svolgere correttamente una attività fino a riuscire a portarla a termine in modo efficace.

Queste funzioni possono essere alterate in svariati modi in base ai deficit del paziente. I soggetti affetti da disabilità collaborano con il medico ed il terapista occupazionale per stabilire i deficit ed organizzare – secondo specifiche priorità decise insieme – gli obiettivi, scegliendo le tecniche e le attività più adeguate. Ad esempio, se il soggetto ha difficoltà ad alimentarsi in modo autonomo, la terapia potrà comprendere attività finalizzate particolarmente allo sviluppo di capacità motorie fini (ad esempio con un esercizio di inserimento di pioli in una rastrelliera) che permetteranno di riuscire a maneggiare le posate. Giochi di memoria possono migliorare il riconoscimento e la capacità di ricordare, mentre tecniche adattive possono aiutare il soggetto a usare le proprie forze per compensare le disabilità: ad esempio un soggetto con emiplegia può imparare nuovi modi per vestirsi, allacciarsi le scarpe e attaccare i bottoni potenziando le capacità del lato corporeo non paralizzato. L’attività occupazionale è generalmente progressiva: si parte con movimenti singoli e semplici che poi vengono integrati tra loro a comporre un movimento più generale e complesso.

Dispositivi di assistenza usati nella terapia occupazionale

I terapisti occupazionali raccomandano l’uso di apparecchi che agevolino il soggetto nella conduzione di una vita più indipendente (dispositivi di assistenza), fornendo istruzioni per l’uso e, in alcuni casi, realizzando e applicando certi dispositivi. I dispositivi più usati sono:

  • ortesi: sono dispositivi che sostengono le articolazioni, i legamenti, i tendini, i muscoli e le ossa lesi. La maggior parte dei modelli è realizzata in base alle esigenze e all’anatomia del soggetto. Le ortesi trovano comune impiego nelle calzature, dove spostano il peso del soggetto in diverse parti del piede per compensare la perdita di funzionalità, prevenire lo sviluppo di un disturbo, contribuire a sostenere il peso o attenuare il dolore, nonché per offrire sostegno. Il terapista può anche realizzare e applicare l’ortesi. Le ortesi sono spesso molto costose e non sono coperte dall’assicurazione sanitaria;
  • stecche: possono essere usate per prevenire il blocco delle articolazioni in posizione flessa. Quando il soggetto non muove un arto normalmente (ad esempio, quando è affetto da artrite o è paralizzato a seguito di ictus), l’arto tende a flettersi lievemente e a bloccarsi in quella posizione. Le stecche che tengono l’arto in posizione dritta possono contribuire alla prevenzione del blocco articolare;
  • dispositivi di sostegno alla deambulazione (deambulatori, stampelle e bastoni): aiutano il soggetto a sostenere il peso, mantenersi in equilibrio o entrambe le cose. Ogni dispositivo ha i suoi pro e i suoi contro e ciascuno è disponibile in vari modelli. Il terapista occupazionale può aiutare il soggetto a scegliere il dispositivo più adeguato;
  • sedia a rotelle: mette il soggetto nella condizione di compiere spostamenti, se non è in grado di camminare. Alcuni modelli automatici sono molto stabili. Questo tipo di dispositivi aiuta il paziente a percorrere superfici sconnesse e a salire e scendere dai marciapiedi. Altri modelli sono ideati per essere spinti da un assistente. Questi modelli sono meno stabili e più lenti;
  • scooter per disabili: sono scooter a batteria, con ruote, dotati di volante o manubrio. Questi modelli hanno un limitatore di velocità e si muovono avanti e indietro. Si spostano su superfici piane, solide, all’interno e all’esterno di edifici, ma non possono essere usati su scale o marciapiedi. Gli scooter sono utili per i soggetti che riescono a stare in piedi e a camminare per brevi distanze, ad esempio, per salire e scendere dallo scooter;
  • protesi: sono parti del corpo artificiali, in genere arti, che sostituiscono parti del corpo perse, ad esempio per amputazione traumatica (tipica di alcuni incidenti stradali) o chirurgica (tipica di processi patologici che deteriorano un arto, ad esempio gangrena o diabete). Se il braccio è stato amputato, il terapista potrà raccomandare l’applicazione di un braccio artificiale dotato di pinza con funzione di presa; se la gamba è stata amputata, il terapista consiglierà l’uso di protesi apposita. Uno dei compiti dei terapisti occupazionali più esperti è quello di insegnare a un soggetto con arto amputato ad usare l’arto artificiale o altri dispositivi per aiutarlo nello svolgimento delle attività quotidiane, che altrimenti sarebbero impossibili senza l’uso di protesi.

Figure professionali coinvolte

La terapia occupazionale, nell’ambito di un più ampio progetto riabilitativo cognitivo completo, coinvolge una gran quantità di varie figure professionali sanitarie, tra cui in primis terapisti occupazionali, ma anche neurologi, fisiatri, ortopedici, pediatri, geriatri, logopedisti, infermieri e fisioterapisti. Il percorso accademico per diventare terapista occupazionale è la laurea triennale in professioni sanitarie all’interno della facoltà di Medicina e Chirurgia.

Considerazioni finali

Allo stato attuale l’efficacia degli interventi di riabilitazione cognitiva è ancora oggetto
di discussione da parte di alcuni autori, tuttavia è innegabile l’importanza di tutte quelle modalità che aiutano il paziente con deficit ad aver cura di sé in modo autonomo ed a migliorare o mantenere una buona qualità di vita, una buona salute ed una buona funzione cerebrale: ciò è auspicabile non solo per il paziente stesso, ma anche per l’intera comunità, poiché un individuo autonomo, felice ed in salute pesa mediamente meno sul Sistema sanitario Nazionale. In tal senso questo Autore ritiene che la terapia occupazionale sia uno strumento decisamente potente ed importante.
La possibilità di essere indipendenti, svincolati da un’assistenza continua, rappresenta un obiettivo di primaria importanza in quanto garantisce lo sviluppo dell’autonomia,
fondamento di una buona qualità di vita. La terapia occupazionale si muove in questo senso ed è, secondo l’esperienza del nostro Staff, fra le più efficaci tecniche di intervento per la terapia delle malattie neurodegenerative acquisite e di quelle condizioni caratterizzate da deficit cognitivi congeniti. Si tratta apparentemente di una prospettiva estremamente generica, poiché adotta qualsiasi attività in cui il paziente sia coinvolto attivamente nel “fare qualcosa”: si chiama “occupazionale” proprio perché prevede che il paziente “si occupi” attivamente di qualcosa, piuttosto che star magari immobile tutto il giorno, e che quel “qualcosa” sia finalizzato a migliorare le sue condizioni psico-motorie. Proprio per il fatto che la terapia occupazionale può coinvolgere le attività più diverse e include quelle basilari di cura della propria persona e dell’ambiente in cui il paziente vive, essa si presta particolarmente a essere applicata nel contesto della normale vita quotidiana. La riabilitazione cognitiva mira anche alla correzione di specifici deficit in aree delle funzioni corticali superiori, tra cui l’attenzione, la memoria, il linguaggio. I maggiori vantaggi di questo intervento consistono nella sua ecologicità e nel suo effetto di mantenere il più a lungo possibile l’autonomia funzionale del paziente, scongiurando l’insorgere di disabilità in eccesso e rallentando, in molti casi, la progressione di una disabilità in atto, soprattutto in caso di pazienti senescenti e sedentari. Il concetto su cui si fonda la terapia occupazionale è che l’inattività conduce alla perdita della funzione o comunque ad una perdita più rapida della funzione. Infatti, si osserva comunemente che nelle persone normali che
rimangono per un lungo periodo senza parlare una lingua straniera o di suonare uno strumento musicale, ciò conduce a non saper fare più, o a fare molto peggio, ciò che un tempo si conosceva bene: ecco, la terapia occupazionale impedisce per così dire di “rimanere troppo a lungo senza fare una determinata cosa”.

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