L’abuso cronico di alcol determina, nell’alcolista, una serie di conseguenze, due delle quali sono descritte in questo articolo.
Degenerazione cerebellare alcolica
La degenerazione cerebellare alcolica è un disturbo frequente nei soggetti alcolizzati, caratterizzato da stazione eretta con base d’appoggio allargata, instabilità della deambulazione e del tronco, nonché atassia degli arti inferiori. Gli arti superiori sono interessati in modo meno importante e la disartria e il nistagmo sono nettamente meno frequenti. Le alterazioni anatomo-patologiche sono rappresentate da degenerazione dei neuroni della corteccia cerebellare (in particolare delle cellule di Purkinje), che è limitata alla parte anterosuperiore del verme ma, nelle forme avanzate, si estende alla parte ventrale dei lobi anteriori.
Queste modificazioni sono simili, per caratteristiche e distribuzione, alle manifestazioni cerebellari della sindrome di Wernicke e la stessa sindrome è stata osservata, sebbene raramente, in condizioni di malnutrizione non associate all’alcolismo. Una dieta adeguata arresta il processo e può portare a un miglioramento.
La mielinolisi pontina centrale e la malattia di Marchiaiava-Bignami (degenerazione del corpo calloso) sono malattie rare che vengono osservate soprattutto, ma non esclusivamente, negli alcolisti. Sono state descritte varie altre malattie metaboliche ereditarie che rispondono alla somministrazione di vitamine, molte delle quali possono essere curate con dosi elevate della vitamina deficitaria.
Malattia di Marchiafava-Bignami
La malattia di Marchiafava-Bignami (o “sindrome di Marchiafava-Bignami“, in inglese “Marchiafava–Bignami disease” o “Marchiafava–Bignami syndrome”) è una malattia neurologica progressiva che colpisce in particolare gli alcolisti, caratterizzata da demielinizzazione del corpo calloso cui segue la necrosi e successiva atrofia e da uno stato demenziale ad esordio subacuto accompagnato da evidenti riflessi di afferramento e suzione. Il meccanismo esatto della malattia non è stato ancora completamente compreso, ma si ritiene che possa essere causato da una carenza di Vitamina B, o direttamente dalla malnutrizione o dall’abuso di alcool. Alcuni pazienti vanno incontro a stato stuporoso e coma, condizioni che ne comportano l’immediata ospedalizzazione. Altri soggetti vanno incontro ad episodi di convulsione; altri ancora sviluppano, spesso in modo subdolo, un deterioramento cognitivo o una franca demenza che può associarsi a problemi di deambulazione e tendenza alla spasticità muscolare. Altri disturbi che si associano alla sindrome sono di natura psichiatrica e neurologica: depressione del tono dell’umore, emiparesi, afasia, disartria, aprassia e incontinenza fecale e urinaria. Il trattamento prevede l’immediata interruzione di assunzione di bevande alcoliche. I soggetti trattati con tiamina e altre vitamine del complesso B, presentano una tendenza significativa a risultati complessivamente migliori rispetto a coloro che non vengono trattati. La dose di tiamina (vitamina B1) è la medesima raccomandata per la malattia di Wernicke (500 mg per via endovenosa tre volte al giorno) e il trattamento dovrebbe continuare fino ad avvenuto recupero. I corticosteroidi sono di utilizzo comune nel trattamento del disturbo, e vi si ricorre per i loro effetti di riduzione dell’infiammazione e dell’edema cerebrale, di blocco del processo di demielinizzazione e di stabilizzazione della barriera emato-encefalica.
Mielinosi pontina centrale
In questa malattia la parte centrale della base del ponte e, talvolta, altre aree cerebrali vanno incontro a una demielinizzazione non infiammatoria più o meno simmetrica. Se la lesione pontina è estesa, il paziente presenta uno stato di pseudocoma: è cosciente ma tetraplegico e con segni pseudobulbari (sindrome “locked-in”). Circa la metà dei casi si verifica in soggetti alcolisti e l’altra metà in associazione con gravi malattie sistemiche o
con ustioni gravi ed estese, oppure in seguito a trapianto renale o epatico.
La risonanza magnetica (RM) ha aumentato notevolmente la possibilità di formulare la diagnosi mentre il paziente è ancora in vita, sebbene la lesione nel territorio centrale del ponte possa non essere individuabile per alcuni giorni o per una settimana o più dopo l’insorgenza dei sintomi.
Fattore comune alla maggior parte dei casi è una grave iponatriemia (da 95 a 120 mEq/l). Anche se, come già osservato, una iponatriemia grave può essere associata a sintomi di disfunzione del sistema nervoso centrale, da sola essa non causa la mielinolisi pontina centrale; quest’ultima si manifesta (ma non nella totalità dei casi) solo dopo una rapida correzione o ipercorrezione dell’iponatriemia. Dati ottenuti in pazienti gravemente ustionati suggeriscono che l’iperosmolalità, piuttosto che l’ipernatriemia di per sé, sia il fattore patogenetico critico. Il metodo ottimale per la correzione di una grave iponatriemia deve ancora essere determinato, ma è certo che questa deve essere intrapresa con cautela, a una velocità che non deve superare i 12 mEq nelle prime 24 ore e i 20 mEq nelle prime 48 ore.
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Lo Staff di Medicina OnLine
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