Neurofisiologia del sonno: perché l’essere umano ha bisogno di dormire?

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Dormire è un bisogno fisiologico non solo per l’uomo, ma anche per tutti gli animali

Alla neurofisiologia del sonno si pongono due quesiti fondamentali, in apparenza semplici, nella realtà tanto complessi da non trovare al presente risposte definitive nonostante il grande progresso di conoscenze realizzatosi negli ultimi 50 anni.
La prima delle due domande è «perché si dorme», cioè quale funzione svolge il sonno, così necessaria per l’organismo da impegnare tanta parte della nostra vita. Il secondo quesito, «come si dorme», riguarda le modificazioni somatiche e psichiche indotte nell’individuo dal sonno. Mentre su questo secondo aspetto le informazioni sono cresciute in modo vertiginoso, specie negli ultimi anni, sul primo non possono essere avanzate che ipotesi tratte da considerazioni in negativo ed estrapolando dalle conoscenze sui fenomeni che caratterizzano il sonno.

Perché si dorme?

All’ovvia risposta che si dorme perché si è stanchi (la risposta evidentemente deriva dalla sensazione soggettiva del bisogno di dormire), non corrisponde un’altrettanto ovvia osservazione sul tipo di “fatica” che viene “riparata” dal sonno. Non può trattarsi di quella muscolare, perché – come noto a tutti – il recupero dalla fatica muscolare si realizza anche senza sonno ed il metabolismo muscolare avviene con meccanismi indipendenti da esso. Analogamente non si può trattare della necessità di recupero per la «fatica» cui vanno incontro le cellule del sistema nervoso. È noto infatti che il ripristino energetico dei neuroni si compie in tempi che sono dell’ordine dei millisecondi e inoltre è ampiamente dimostrato che durante il sonno il cervello continua ad essere attivo con un consumo di O2 uguale a quello della veglia anche se con stati funzionali
differenti da quest’ultima. Quindi a che serve il sonno? E’ una domanda che probabilmente non avrà mai una risposta assolutamente certa, come molte altre domande che riguardano il nostro sistema nervoso.

Un’ipotesi attendibile sulla funzione del sonno lo considera indispensabile al recupero energetico dei processi metabolici lenti macromolecolari del cervello, che sono alla base della sua plasticità e della sua capacità di elaborare le informazioni. Queste due proprietà fondamentali del cervello (plasticità ed elaborazione dei dati) sono presenti in diversa proporzione durante il periodo evolutivo della vita (infanzia e adolescenza) e durante l’età adulta, nel primo essendo più rappresentata la plasticità, nel secondo la capacità di elaborazione. Ciò spiegherebbe perché i due diversi tipi di son-
no, quello NREM e quello REM, hanno una diversa rappresentazione percentuale nelle due fasi della vita.

Le caratteristiche comportamentali del sonno sono facilmente riconducibili alle tre fasi che caratterizzano ogni bisogno istintivo:

  • fase dell’appetizione (il bisogno di dormire);
  • fase consumatoria (il dormire);
  • fase del benessere (la sensazione piacevole conseguente all’appagamento del bisogno).

Per questo motivo da tempo alcuni autorevoli Autori hanno considerato la possibilità che il sonno sia un istinto. Ciò sembra trovare una conferma nelle recenti scoperte del ruolo cronoregolatore del ritmo circadiano sonno-veglia svolto dal nucleo ipotalamico sovrachiasmatico e sugli intimi rapporti tra omeostasi termica e sonno NREM quali si svolgono a livello dei neuroni dell’area preottica ipotalamica.

Comunque lo si voglia considerare, nell’uomo come nei vertebrati, il dormire è indispensabile non solo al benessere dell’individuo, ma anche alla sua sopravvivenza, in modo non dissimile al cibarsi o respirare. Negli animali, tra cui l’uomo, una privazione prolungata di sonno determina un progressivo calo della vigilanza e delle performance psicofisiche e successivamente ha come effetto finale la morte. In soggetti umani normali volontari la privazione di sonno NREM e/o REM non può andare oltre i dieci giorni, perché dopo tale periodo si instaura una condizione caratterizzata da microepisodi di sonno che impediscono di stabilire se il soggetto dorme o è sveglio. Infine anche nella patologia umana i rari casi di insonnia totale familiare sono risultati incompatibili con la vita (vedi l’insonnia fatale familiare, che è mortale).

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