Deficit intellettivo nell’anziano: memoria, depressione, pensiero, ritiro sociale

MEDICINA ONLINE DIAGNOSI DIFFERENZIALE ESEMPIO DISPNEA MEDICO PAZIENTE ANAMNESI VISITA ESAME OBIETTIVO IDIOPATICO SINTOMI DOLORE STUDIO OSPEDALE AMBULATORIO CONSIGLIO AIUTO DOTTORE INFERMIERE PRESCRIZIONE FARMACOLa capacità di critica e di giudizio necessita, per estrinsecarsi adeguatamente, di una valutazione basata sulla ricerca e sulla definizione di raffronti, nel caso della capacità di critica tra avvenimenti e ragionamenti, nel caso della capacità di giudizio il prodotto stesso del ragionamento viene valutato e raffrontato a precedenti esperienze (ad esempio può essere considerato vero/falso, reale/non reale, attuabile/non attuabile ed altro).
Queste capacità sono legate a due fattori: la possibilità di giudicare correttamente (così detto ‘fattore centrale dell’intelligenza’) e l’atteggiamento dell’individuo di fronte a quelli che sono gli elementi specifici da valutare (Bini, 1971).
Discutere del deficit intellettivo dell’anziano è quanto mai arduo, perché già le opinioni non sono univoche nella definizione stessa di “intelligenza”: se cioè essa si
possa ricondurre al ‘fattore G’ (e quindi sia legata a fattori genetici, indipendenti dall’individuo) o se – più probabilmente – sia la risultante di molteplici componenti (Adams, 1985, Gainotti, 1987). Sicuramente sono molti i fattori che si intersecano con le capacità propriamente dette di giudizio e critica. Tra questi consideriamo i più rilevanti: memoria, depressione, pensiero e ritiro sociale.

1) La memoria

Un deficit mnesico più o meno grave è presente in una elevata percentuale nella popolazione anziana, senza che si configuri necessariamente una sindrome demenziale; non sempre infatti il disturbo deve essere ritenuto un dato patologico.
Il restringersi e stereotipizzarsi dei ricordi dell’anziano contribuisce alla formazione di concetti. spesso difficilmente comprensibili e accettabili dagli altri legati ad esperienze passate e ben definite, con cui regolare la vita attuale. Ciò giustifica il frequente riscontro di dogmatismo, conservatorismo ed intransigenza del vecchio. Tali caratteristiche negative sono accentuate in molti dalla opinione che le esperienze fatte e la maggiore possibilità (per tempo utilizzabile ed esperienza) di elaborazione del pensiero, rispetto agli affaccendati giovani, renda la loro capacità di giudizio migliore.

2) La depressione senile

La depressione è di estrema rilevanza nell’anziano tanto che incide notevolmente sulle prestazioni in alcuni dei test psicometrici utilizzati. La depressione può essere fonte di una grave alterazione della capacità di giudizio e di critica. In primo luogo, in assenza di alterazioni dell’intelligenza, la deflessione del tono dell’umore modifica l’atteggiamento dell’individuo di fronte alle situazioni da valutare. La ‘logica psicologica‘ del depresso senile è volta all’eliminazione degli avvenimenti considerati come potenzialmente destabilizzanti la sua vita tranquilla e codificata; verranno quindi giudicate dannose situazioni normalmente positive o neutre (il nipotino vivace diventa un piccolo criminale e provoca reazioni violente nei riguardi suoi e dei genitori; il consumo di acqua ed elettricità diventa causa di ulteriore impoverimento etc.).
In altra istanza, alla depressione si associa una riduzione dell’attenzione (sottintesa da pensieri del tipo “tutto è inutile… niente ha valore per cui niente merita attenzione”) che può portare alla lunga ad errori valutativi per riduzione degli elementi di giudizio.

3) Il pensiero

I disturbi piscopatologici di tipo delirante e confuso-onirici, La presenza di idee deliranti è evenienza frequente nella senilità; raramente comunque queste idee sono strutturate in un vero delirio come invece si trova in patologie quali la demenza o le psicosi senili.
Alla base del delirio senile vi può essere sia una alterazione della capacità di giudizio legato ad un abnorme senso di certezza (“io ho più esperienza… io ho più a lungo pensato a ciò quindi è sicuramente come dico io…”) sia ad una alterazione del senso di
realtà. Diversi sono i fattori che intervengono nell’alterazione del senso di realtà; tra questi ricordiamo la riduzione della efficienza percettiva dell’anziano (ipoacusia, riduzione della vista. riduzione della capacità organolettica) – sono ben noti al riguardo i deliri da deprivazione sensoriale dei non vedenti, dei non udenti e degli internati in campo di concentramento – e la riduzione dell’efficienza prestazionale (riduzione della potenza sessuale, faticabilità, rallentamento dei tempi di reazione).
Il particolare modo di utilizzare i ricordi – “passare e ripassare con insistenza le rimembranze della propria vita” (Bini, 1971) – associate all’isolamento personale ed alla riduzione della comunicazione con gli altri individui, portano a rielaborare continuamente ed iterativamente le proprie esperienze con produzione di reazioni emotive che possono interessare se stessi (sensi di colpa, autocommiserazione, rimorsi ) o gli altri (astio, invidia, sospetto, timore di danno ).
Troviamo in pratica una serie di situazioni per cui “i momenti del codificare e del decodificare risultano pieni di errori e distorsioni” (Bini, 1971).
La comparsa di un delirio di tipo confuso-onirico è generalmente conseguente ad una alterazione dello stato di coscienza; tale alterazione può essere connessa a fattori diversi che vanno dal semplice abbassamento dello stato di veglia nella sonnolenza, nelle fasi prodromiche del sonno e nel risveglio, a situazioni di danno organico o funzionale per patologie intercorrenti (polmonite, diabete… ) o uso di farmaci o tossici (sedativi, alcoolici, droghe… ). Il delirio risente delle variazioni dello stato di coscienza potendo, nelle fasi di lucidità (corrispondente ad uno stato di veglia completa), essere criticato. Nella demenza in cui il soggetto trascorre gran parte della notte sveglio ed il giorno sonnecchiando, tale tipo di delirio – legato appunto ad uno stato di sonnolenza continuo – si può protrarre per diversi giorni.
I deliri più frequenti nell’anziano sono:

  • il delirio ipocondriaco (“la stipsi è legata ad un tumore… il cuore ogni tanto si ferma… il mio corpo non può reggere una tale fatica…”);
  • il delirio di gelosia (“mia moglie ha continui rapporti sessuali con gli altri…”);
  • di persecuzione in particolare di nocumento (“mi hanno rubato tutto…”) ,
  • il delirio di rovina;
  • i deliri depressivi (di colpa) fino al delirio di negazione;
  • delirio di Cotard.

4) Ritiro sociale

Il ritiro sociale che restringe sicuramente l’orizzonte percettivo e di azione, creando spesso distorsioni nell’approccio con l’ambiente esterno. L’esclusione dal contesto sociale, l’isolamento, agiscono sia limitando la conoscenza della realtà circostante ambientale e sociale (riduzione del flusso di notizie, misconoscimento di modifiche di rapporti interpersonali) sia alimentando, come già detto, la fuga sui ricordi più importanti del passato – è continuamente rivisitati e rielaborati per organizzare (ovvero rendere accettabile) la realtà presente. L’evoluzione è in una progressiva chiusura in un mondo sempre più personalizzato ed irreale che ulterioriormente accentua il ritiro sociale. Il ritiro sociale è legato a fattori intrinseci e estrinseci all’anziano. Nel primo caso il progressivo accrescersi dell’autosvalutazione di se stesso in parallelo con l’accentuazione della dipendenza da una singola persona provoca una progressiva difficoltà nei rapporti interpersonali che vengono via via ridotti. Inizialmente verranno eliminate le relazioni basate sulla propria immagine sociale (cultura, professionalità, produttività, reddito, seduttività, prestanza fisica, abilità… : il soggetto ritiene che perdendo la sua funzione sociale perde anche la possibilità di relazione con gli altri); successivamente tutte le altre relazioni vissute come potenzialente minacciose (gli amici e conoscenti che possono essersi mostrati critici o che avanzano richieste che il soggetto teme di non poter esaudire o perché in essi vede riflessa la realtà inaccettabile del proprio decadimento) infine. in caso estremo, anche le relazioni più strette (figli, nipoti) ritenute potenzialmente minacciose nella relazione di dipendenza con il partner.
Vi sono situazioni in cui il processo è accelerato mancando in partenza ambienti alternativi. Si consideri ad esempio l’effetto del pensionamento per una persona che al di fuori della famiglia ha avuto esclusivamente rapporti formali con i colleghi o le coppie senza figli che non abbiano sviluppato in precedenza una rete di rapporti sociali. o, ancor più, i genitori che hanno proiettato esclusivamente sui figli l’appagamento della propria vecchiaia. Non meno rilevanti risultano i fattori esterni all’anziano che portano ad un progressivo ritiro sociale. L’allontanamento dal contesto lavorativo attivo (con offerta se mai di lavori umilianti ed a basso costo), una organizzazione del sistema di vita che privilegia l’attività e la produttività a scapito delle relazioni e dell’introspezione, la difficoltà nell’utilizzo delle strutture sociali (barriere architettoniche, mezzi di trasporto celeri, traffico caotico… ), l’assenza di spazi idonei (marciapiedi invasi dalle macchine, spazi verdi ridotti e non da tutti facilmente raggiungibili, crescita dei fast-food e bar a detrimento di trattorie e osterie), rafforzano i sentimenti di inutilità ed invalidità dell’anziano.
Altrettanto negativo è il comportamento altrui nei riguardi del vecchio. L’anziano viene considerato fastidioso, noioso, ripetitivo, lento: una sorta di peso. Nell’attuale organizzazione familiare non viene considerato per sé ma quale possibile baby sitter gratuito o fattorino per pagare bollette e fare file agli uffici. Per la società è un onere gravoso ed i mass media da un lato pubblicizzano la solitudine e l’abbandono dell’anziano, dall’altro fanno notare il peso economico enorme che ricade sulla parte produttiva della popolazione. In conclusione se nella arcaica simbologia – quando l’uomo trovava una sua ragion d’essere in quanto membro di un gruppo sociale – l’anziano rappresentava la personificazione della saggezza e del sapere ancestrale dell’umanità e dell’inconscio collettivo, oggi – in una società formata da singoli individui – suscita in noi l’immagine della decadenza e della morte, rappresentando la certezza della vecchiaia e morte che incombe di fronte ai nostri occhi.

“Ognuno vorrebbe diventare vecchio, ma nessuno vorrebbe esserlo”. Jaspers (1965)

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