Scompenso cardiaco: trattamento farmacologico e chirurgico

MEDICINA ONLINE DIAGNOSI DIFFERENZIALE ESEMPIO DISPNEA MEDICO PAZIENTE ANAMNESI VISITA ESAME OBIETTIVO IDIOPATICO SINTOMI DOLORE STUDIO OSPEDALE AMBULATORIO CONSIGLIO AIUTO DOTTORE INFERMIERE PRESCRIZIONE FARMACOLo scompenso cardiaco (o “insufficienza cardiaca“) è una condizione patologica caratterizzata dalla incapacità del cuore a pompare una quantità di sangue sufficiente a fare fronte alle richieste metaboliche dell’organismo: in conseguenza a ciò si verifica uno shock circolatorio (insufficienza circolatoria) che in questo caso viene denominato “cardiogeno”.

Trattamento

La terapia dello scompenso cardiaco dipende dalla causa dell’insufficienza, dalla sua severità e dalla comparsa di complicanze secondarie. Il trattamento dovrebbe essere comunque rivolto verso i seguenti obiettivi principali:

  1. Riduzione del lavoro cardiaco
  2. Controllo della ritenzione di sodio ed acqua
  3. Miglioramento dell’efficienza della pompa cardiaca
  4. Prevenzione della tromboembolia
  5. Supporto per la disfunzione d’organo secondaria

La funzione cardiaca può essere migliorata riducendo il lavoro del cuore ed aumentando la sua contrattilità. Il lavoro cardiaco può essere ridotto attraverso la diminuzione del postcarico. Il controllo dell’ipertensione arteriosa o la riduzione del postcarico vengono raggiunti in questi pazienti mediante l’impiego di farmaci quali ACE inibitori e β-bloccanti. La risposta individuale alla riduzione farmacologica del postcarico è abbastanza variabile e necessita di un attento dosaggio individualizzato, in modo da evitare la comparsa di ipotensione. Altri metodi per ridurre il lavoro cardiaco comprendono la riduzione dell’attività fisica, degli stress emozionali e del peso corporeo (se esso è al di sopra dei limiti ideali). La sedazione con farmaci appropriati può essere, inoltre, necessaria per ridurre l’ansia e l’agitazione e preservare il cuore dalla iperstimolazione autonomica.
La ritenzione di sodio e d’acqua può essere ridotta con il riposo a letto che induce il rene ad una diuresi fisiologica. L’ortostatismo, invece, determina una riduzione dell’escrezione di sodio ed acqua per cui dovrebbe essere proscritto finché non sia stato raggiunto un più accettabile equilibrio idro-elettrolitico (23). Utile per controllare la ritenzione idrica è anche l’impiego dei diuretici, come quelli dell’ansa (furosemide), i tiazidici (idroclorotiazide) ed i risparmiatori di potassio (spironolattone).
La terapia diuretica ad alte dosi viene solitamente attuata all’inizio di una fase di grave scompenso cardiaco congestizio e quindi ridotta appena il paziente risponde alla terapia farmacologica. L’obiettivo finale della terapia diuretica è frequentemente costituito da uno stato di volemia compatibile con la massima gittata cardiaca in assenza di congestione polmonare. Ciò corrisponde, solitamente, ad un livello di pressione polmonare (precarico) di 15-18 mmHg. La scomparsa dei rantoli polmonari inspiratori alla auscultazione polmonare e la riduzione dell’edema polmonare alla radiografia del torace si evidenziano anche 24 ore dopo il raggiungimento del precarico ottimale. È comunque necessario un attento impiego di questi farmaci per evitare una iperdiuresi che porta alla comparsa di squilibri elettrolitici e ad una ipotensione di rimbalzo. È, inoltre, quasi sempre necessaria una attenta somministrazione di fluidi e di potassio in modo da evitare la comparsa di una ipokaliemia e di uno squilibrio idrico. I farmaci inotropi (digitale) vengono utilizzati per migliorare la funzionalità ventricolare grazie ad un incremento della contrattilità, la quale, a sua volta, aumenta la gittata cardiaca e migliora la stasi venosa. La digitale resta il composto inotropo più frequentemente prescritto nel trattamento dello scompenso cardiaco ed è ancora oggi il farmaco di scelta. I pazienti affetti da scompenso cardiaco cronico secondario a disfunzione sistolica sono quelli che presentano una maggiore risposta a questo tipo di terapia. L’intossicazione digitalica può verificarsi fin nel 30% dei pazienti trattati
con tale farmaco ed è caratterizzata dalla comparsa dei classici segni e sintomi, comprendenti nausea, vomito, insonnia, alterata visione dei colori ed irregolarità del ritmo cardiaco (ad esempio frequenti contrazioni premature ventricolari).
I pazienti affetti da scompenso cardiaco presentano spesso stasi venosa e sono ad elevato rischio di embolia: questo evento può portare alla letale embolia polmonare. Il trattamento antico agulante con eparina riduce il rischio di embolizzazione.
I pazienti affetti da scompenso cardiaco congestizio severo richiedono tutte o gran parte delle terapie precedentemente elencate per correggere la loro condizione clinica. razione di questi farmaci viene indicata nella figura che vedete qui in basso che mostra le diverse curve di Frank-Starling della gittata cardiaca e della pressione di riempimento (precarico) ventricolare sinistro.

MEDICINA ONLINE INSUFFICIENZA CARDIACA SCOMPENSO SHOCK Curve di funzione ventricolare sinistra pressione di riempimentoo pressione di incuneamento in arteria polmonare e la gittata pulsatoria o la  gittata cardia

Curve di funzione ventricolare sinistra che correlano la pressione di riempimento (precarico) (pressione telediostolico ventricolare sinistra [LVEDP] o pressione di incuneamento in arteria polmonare [PAWP]) e la gittata pulsatoria o la  gittata cardiaca. Le curve mostrano la curva di funzionalità normale e vari gradi di disfunzione. I  diuretici riducono il precarico e la congestione venosa senza migliorare direttamente la gittata cardiaca. I farmaci inotropi (I) o i vasodilatatori (VD), e specialmente l’associazione di entrambi (VD+I), agiscono spostando la funzione cardiaca verso livelli migliori di gittata cardiaca con riduzione secondaria del precarico

I diuretici riducono il precarico e la congestione venosa, ma non migliorano in maniera diretta la gittata cardiaca. I vasodilatatori, invece, riducono il postcarico e migliorano direttamente la gittata cardiaca. I farmaci inotropi, infine, migliorano la contrattilità e riducono il precarico e, quando impiegati in associazione ai vasodilatatori, aumentano ulteriormente l’efficienza cardiaca e riducono la stasi venosa.

Chirurgia

Il trattamento chirurgico dello scompenso cardiaco è diretto verso la riparazione di cause specifiche eventualmente presenti a monte dello scompenso. La chirurgia è ad esempio relegata in caso di riparazione di anomalie valvolari oppure la sostituzione valvolare, oppure l’esecuzione di by-pass” aorto-coronarici in caso di patologia aterosclerotica coronarica. I pazienti con gradi più severi di disfunzione ventricolare presentano, comunque, generalmente tassi di mortalità post-operatoria più elevati (26). Nei pazienti più giovani è spesso invece il trapianto cardiaco a fornire le massime speranze di sopravvivenza nel trattamento cronico dello scompenso cardiaco congestizio grave (ad esempio secondario a cardiomiopatia dilatativa).

Trattamento respiratorio dell’edema polmonare cardiogeno

Il trattamento iniziale con ossigenoterapia è necessario per migliorare l’ossigenazione arteriosa la quale, a sua volta, porta ad un miglioramento della funzione cardiaca. Il punto di partenza può essere costituito dall’ossigenoterapia a basso flusso mediante cannula nasale se il paziente è cosciente e sta rispondendo al trattamento farmacologico appena descritto. Nei pazienti con severa ipossiemia, oppure in quelli con edema polmonare franco, dovrebbe essere, invece, utilizzata una maschera senza ricircolo con un adeguato flusso di ossigeno.
Sono state, invece, solo sporadicamente utilizzate per il trattamento dell”‘asma cardiaco” indotto dallo scompenso cardiaco, dal momento della loro introduzione più di 50 anni or sono, le maschere ad alto flusso a pressione positiva (CPAP). Più recentemente, è stato dimostrato che i pazienti in edema polmonare cardiogeno con grave tachipnea (frequenza respiratoria superiore a 25 atti/minuto) e squilibrio ventilazione/perfusione (PaO2/FiO2 inferiore a 200) mostravano un rapido e significativo miglioramento dell’ossigenazione e la riduzione della frequenza respiratoria e cardiaca con l’impiego della maschera a CPAP. Sebbene l’ipoventilazione e la secondaria ipercapnia costituiscano potenziali controindicazioni all’impiego della maschera a CPAP, esse non hanno frenato l’impiego di tale metodica nel trattamento dell’ipossiemia indotta dallo scompenso cardiaco. Il meccanismo suggerito per spiegare l’efficacia della maschera a CPAP in queste condizioni è quello del miglioramento della distensibilità polmonare, della riduzione del lavoro respiratorio, del miglioramento degli scambi gassosi e della riduzione della congestione vascolare polmonare. Le maschere CPAP dovrebbero essere utilizzate in associazione ad un sondino nasogastrico ed evitate se il paziente presenta elevato rischio di vomito oppure una severa acidosi respiratoria (pH inferiore a 7.20).

L’intubazione ed il supporto ventilatorio si renderanno, invece, necessarie se il paziente sviluppa acidosi respirato- ria oppure diviene ipossiemico durante respirazione ad elevati valori di FiO2 (superiori a 0.60). L’iniziale regolazione della ventilazione dovrebbe essere in modalità assistita, con ossigeno al 100%, volume corrente di 10 mgl/Kg di peso
corporeo ideale, frequenza ventilatoria di 12 atti/minuto e sensibilità di -2 cm H2O L’aggiunta della pressione di fine espirazione positiva (PEEP) (5-15 cm H2O) è una misura adeguata se la ossigenazione e la meccanica polmonare restano scadenti nonostante il supporto ventilatorio con elevati livelli di FiO2 (ad es. superiori a 0.50). È, comunque, necessaria cautela nell’iniziare una ventilazione a pressione positiva con PEEP in questi pazienti, a causa delle loro precarie condizioni cardiache. L’uso di un catetere in arteria polmonare può rendersi necessario per guidare la terapia ed evitare di scompensare il cuore.

Una speciale attenzione alle vie aeree è necessaria, dopo aver eseguito l’intubazione, nei pazienti in franco edema polmonare nei quali è necessaria la rapida eliminazione dell’edema schiumoso in modo da migliorare l’efficacia dell’ossigenoterapia e del supporto ventilatorio. Nel passato veniva utilizzato l’alcol etilico aerosolizzato (al 20-40%) per ridurre l’edema polmonare schiumoso, ma tale metodica è stata abbandonata a causa dell’irritazione bronchiale e della più diretta risposta della sintomatologia alla aspirazione delle vie aeree ed all’impiego di diuretici ad alte dosi. I broncodilatatori per via aerosolica (salbutamolo) dovrebbero essere, infine, utilizzati in quei pazienti che mostrano una componente asmatica, bronchitica o entrambe.

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