Con “malattia polmonare tromboembolica” o “tromboembolia polmonare” (da cui l’acronimo TEP) in medicina ci si riferisce alla ostruzione vascolare dei vasi sanguigni polmonari causata da coaguli ematici (trombi) che, dopo essersi staccati dalla parete del vaso di origine, hanno viaggiato attraverso il sistema venoso fino ai vasi sanguigni dei polmoni (embolizzazione). Oltre ai coaguli ematici molti materiali diversi, come depositi di grasso, aria, frammenti di masse neo plastiche e liquido amniotico, possono dare origine ad emboli: in questi casi si parla generalmente di “embolia polmonare”, mentre, quando l’embolo è costituito da un trombo che si è staccato dalla parete del vaso che lo conteneva ed è migrato ai polmoni, si parla appunto di “tromboembolia polmonare”. La tromboembolia polmonare è quindi un tipo specifico di embolia polmonare (statisticamente è la forma di embolia più frequente).
Ricordiamo brevemente al lettore che:
- un trombo è una massa costituita da fibrina con globuli rossi e bianchi, che si forma per coagulazione del sangue all’interno di un vaso sanguigno, rimanendo “attaccato” alla sua parete;
- quando un trombo, per svariate cause (come ad esempio le turbolenze di flusso indotte dall’ipertensione arteriosa) si stacca dalla parete del vaso sanguigno, inizia a circolare nel sangue diventando un “tromboembolo“. Quando un tromboembolo arriva in un vaso più piccolo del suo diametro, può rimanere bloccato ed interrompere il flusso sanguigno, cioè può determinare “tromboembolia“.
Sebbene i tromboemboli possano formarsi quasi in qualsiasi punto nell’apparato cardiocircolatorio, la maggioranza di essi origina a livello delle vene profonde degli arti inferiori, quindi nei pazienti con trombosi venosa profonda o TVP: la TVP è quindi un importante fattore di rischio per la tromboembolia polmonare.
Le modificazioni anatomopatologiche polmonari sono legate sia all’entità dell’occlusione che all’apporto ematico polmonare residuo: tromboemboli di piccole dimensioni possono causare minimo o nessun danno a carico del tessuto polmonare, mentre tromboemboli di grandi dimesioni possono ridurre il flusso ematico a tal punto da portare alla necrosi (morte) del tessuto polmonare per ischemia (infarto polmonare).
Epidemiologia
Negli Stati Uniti ogni anno si registrano circa 600 mila casi di embolia polmonare. In oltre 500 mila casi, la causa dell’embolia polmonare è una tromboembolia. L’embolia polmonare è causa del decesso di un numero di pazienti che varia dai 50.000 ai 200.000 ogni anno. Il tasso di mortalità per embolia polmonare è sceso dal 6% al 2% nel corso degli ultimi 25 anni negli Stati Uniti. In Italia si calcola una incidenza che varia dai 30 casi/100.000 abitanti/anno dei dati ISTAT dai 250 casi/anno calcolati dal gruppo del Centro di Pisa su una popolazione di 250.000 abitanti.
Cause
Tre sono i fattori causali principali associati alla formazione di trombi venosi:
- ipercoagulabilità: è un fattore eziopatogenetico fondamentale nell’embolia, secondaria a deficit geneticamente determinato dell’antitrombina III, della proteina S e della proteina C, e nei pazienti con anomalie della fibrinolisi;
- danneggiamento della superficie endoteliale della parete vascolare: sono causa di danno parietale venoso i traumi, le fratture ossee e le procedure chirurgiche invasive;
- stasi venosa: la stasi del flusso ematico venoso è di frequente riscontro in numerose circostanze che inducono all’allettamento ed alla immobilità fisica prolungata, come la chirurgia invasiva, le fratture ossee oppure le malattie prolungate.
Qualsiasi patologia o condizione che favorisca, direttamente o indirettamente, uno o più di questi tre fattori, può essere causa di trombosi e di tromboembolia.
Fattori di rischio della tromboembolia polmonare
I fattori di rischio acquisiti principali per l’insorgenza della tromboembolia polmonare sono:
- il sovrappeso e l’obesità,
- l’alimentazione smodata,
- la scarsa attività fisica,
- l’ipercolesterolemia (specie bassi livelli di HDL e alti di LDL),
- il fumo di sigaretta,
- l’abuso di alcol,
- l’uso di droghe,
- lo scompenso cardiaco congestizio,
- le neoplasie,
- l’ipertensione arteriosa,
- l’età avanzata,
- l’allettamento prolungato,
- le ustioni,
- le malattie della coagulazione,
- il diabete,
- l’uso di farmaci contenenti estrogeni,
- il periodo post-operatorio (specie in caso di interventi invasivi),
- il periodo post-partum.
Fattori di rischio congeniti, sono:
- mutazione del fattore V di Leiden,
- mutazione del gene della protrombina,
- deficit di Antitrombina III,
- deficit di proteina C,
- deficit di proteina S.
Sebbene i tromboemboli possano formarsi quasi ubiquitariamente nell’apparato cardiocircolatorio, circa il 95% di essi origina a livello delle vene profonde degli arti inferiori (trombosi venosa profonda o TVP); il rischio embolico aumenta se la trombosi si verifica nelle vene poste al di sopra del ginocchio. Per tali motivi, tutti i fattori di rischio e le cause per la trombosi venosa profonda diventano a loro volta potenziali fattori di rischio e cause per la tromboembolia polmonare.
Cause e fattori di rischio della trombosi venosa profonda
Tra le cause e fattori di rischio per la TVP e le sue complicanze, ricordiamo:
- Triade di Virchow: stasi venosa, ipercoagulabilità e cambiamenti nel rivestimento endoteliale dei vasi sanguigni (come il danno fisico o l’attivazione endoteliale), contribuiscono alla trombosi venosa profonda e sono utilizzati per spiegare la sua formazione;
- familiarità: soggetti con parenti che soffrono di TVP o embolia polmonare, hanno rischio maggiore di sviluppare TVP;
- traumi, specie agli arti inferiori, specie in caso di frattura ossea;
- recente intervento chirurgico, specie in caso di frattura di femore negli anziani;
- alterazioni congenite della coagulazione: come il deficit di antitrombina III, di proteina C o di proteina S, di Fattore V Lieden, di Fattore II;
- sesso femminile: le donne sono statisticamente più colpite rispetto agli uomini;
- età: la TVP è più frequente dopo i 45-50 anni;
- gruppo sanguigno: la TVP è più frequente nei soggetti con gruppo sanguigno A e più rara nei soggetti con gruppo sanguigno 0;
- sovrappeso e l’obesità (specie di secondo e terzo grado): avere una percentuale di massa grassa maggiore del normale è un fattore di rischio per la TVP;
- vita sedentaria;
- alterazioni del metabolismo lipidico come l’ipertrigliceridemia;
- allettamento prolungato: soggetti allettati o comunque immobilizzati per lunghi periodi (ad esempio a causa di paralisi o di intervento chirurgico) hanno un rischio più elevato di TVP;
- immobilità da seduti o in piedi per lunghi periodi, anche a causa del proprio lavoro (ad esempio tassisti, camionisti, baristi, chi viaggia spesso in aereo…);
- stagione: sembrerebbe che la TVP colpisca maggiormente in primavera e in autunno;
- contraccezione: l’uso dei contraccettivi orali può favorire le TVP;
- terapie basate sulla somministrazione di ormoni, come le “orali sostitutive” intraprese in menopausa;
- fumo di sigaretta;
- alcol;
- droghe;
- sport che prevedono un’eccessiva immobilità (canottaggio) o una repentina sollecitazione muscolare (tennis, basket);
- trombofilia;
- gravidanza gemellare;
- parto cesareo recente;
- vene varicose;
- disidratazione;
- indossare vestiti o scarpe troppo stretti, che impediscono una adeguata circolazione venosa;
- diabete;
- cardiopatie;
- ipertensione arteriosa.
Fisiopatologia
L’ostruzione vascolo-polmonare secondaria a tromboembolia polmonare può influenzare sia l’apparato cardiocircolatorio che quello respiratorio. L’occlusione vascolare secondaria ad un trombo di notevoli dimensioni riduce, infatti, la perfusione del letto vascolare polmonare interessato e porta, inizialmente, alla formazione di aree parenchimali con una ventilazione superiore alla perfusione (spazio morto alveolare). L’embolia polmonare si accompagna, inoltre, anche ad una broncocostrizione locale, le cui cause determinanti sembrano essere costituite dal rilascio di mediatori cellulari come la serotonina, l’istamina e dall’ipossiemia, sebbene l’esatta eziopatogenesi sia in realtà ancora sconosciuta.
Durante un episodio embolico polmonare anche il broncospasmo può essere causa di ipossiemia grazie alla creazione di uno squilibrio ventilazione/perfusione [V/Q]. Sebbene l’eziopatogenesi dello squilibrio ventilazìone/perfusione non sia interamente nota, numerosi sono i fattori probabilmente coinvolti, come la creazione di uno shunt venoso dell’ossigeno e la riduzione della gittata cardiaca, fattori questi che determinano la comparsa di una aumentata differenza artero-venosa di ossigeno ed un peggioramento del mescolamento del sangue venoso. L’ostruzione al flusso ematico verso il tessuto polmonare determina, inoltre, la riduzione della produzione di surfattante dopo circa 24 ore dall’episodio embolico, il che porta alla riduzione della distensibilità polmonare, ad un ulteriore squilibrio [V/Q] ed al peggioramento dell’ipossiemia.
L’occlusione vascolare e la vasocostrizione portano, infine, ad un aumento delle resistenze vascolari polmonari (PVR). La gittata cardiaca viene, pertanto, mantenuta soltanto grazie ad un incremento del lavoro ventricolare destro e quindi della pressione polmonare. Se la gittata ventricolare destra si riduce, il riempimento delle sezioni cardiache sinistre diminuisce, il che porta alla comparsa di ipotensione sistemica ed infine al collasso cardiovascolare. Perché compaia una significativa ipertensione polmonare ed una riduzione della gittata cardiaca in soggetti precedentemente sani, è necessario che si verifichi un’occlusione di circa il 50% o più del letto vascolare polmonare.
La severità della compromissione emodinamica dipende non solo dall’entità dell’embolia, ma anche dalle condizioni cardiovascolari e polmonari del paziente precedenti l’episodio embolico. Frequentemente, le malattie polmonari e cardiovascolari che limitano la riserva vascolo-polmonare, come lo scompenso cardiaco congestizio, la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) e la valvulopatia aortica e mitralica, determinano, in caso di embolia polmonare, la comparsa di una ipertensione polmonare superiore a quanto atteso rispetto ai valori riscontrati in analoghe condizioni
in individui precedentemente sani.
Sebbene l’infarto polmonare sia una potenziale conseguenza della tromboembolia, la necrosi del tessuto polmonare secondaria ad ischemia non è di frequente riscontro. Ciò avviene per la presenza di una certa perfusione al di là dell’embolo, per la presenza di un flusso ematico collaterale a partenza dalle arterie bronchiali e per la presenza di una certa ossigenazione derivante dalle vie aeree. L’infarto polmonare è, invece, un’evenienza più probabile in presenza di broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) e/o di insufficienza ventricolare sinistra. Ciò avviene probabilmente a causa della riduzione della gittata cardiaca nei pazienti con scompenso cardiaco congestizio e del flusso ematico collaterale nei pazienti con BPCO.
Il naturale dissolvimento dell’embolo inizia appena dopo la sua deposizione all’interno del letto vascolare polmonare. La fibrinolisi è un processo di distruzione del coagulo nel quale fattori derivanti dal coagulo ed altri di origine endoteliale vascolare cooperano per dissolvere il coagulo ematico. Il dissolvimento del coagulo si basa, comunque anche sulla organizzazione del trombo, sulla sua adesione alla parete vascolare e successivo ripristino del flusso ematico attraverso il vaso.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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