La depressione tra gli adolescenti
Per molti anni i medici hanno pensato che la depressione fosse un fenomeno che riguardasse esclusivamente gli adulti, ma attualmente vi sono ampie prove che sia in realtà piuttosto comune anche durante l’adolescenza e che si manifesti sporadicamente anche in età preadolescenziale. Due ampi studi, svolti separatamente, uno negli Stati Uniti e l’altro in Inghilterra, hanno dimostrato che approssimativamente il 10% dei preadolescenti, secondo le descrizioni dei genitori o degli insegnanti, risulta avere un aspetto avvilito, infelice, triste o depresso. Tra gli adolescenti la percentuale raggiunge quasi il 40%. Se chiediamo agli adolescenti di parlarci del loro stato d’animo, circa un quinto di essi darà la descrizione di uno stato depressivo ad un livello che va da moderato a grave. Quando episodi depressivi durano sei mesi o anche più a lungo e sono accompagnati da altri sintomi come disturbi del sonno, perdita dell’appetito e difficoltà di concentrazione, si parla generalmente di depressione clinica o di stato depressivo. Studi epidemiologici rivelano che queste gravi forme di depressione sono relativamente rare durante la preadolescenza, ma sono piuttosto comuni tra gli adolescenti. Le stime variano in maniera abbastanza ampia, ma almeno al 2% e forse anche al 10% degli adolescenti può essere diagnosticata una depressione clinica. È interessante notare che tra i preadolescenti sono i maschi a risultare più infelici o depressi, mentre tra gli adolescenti (come tra gli adulti) sono più spesso le femmine che registrano livelli alti o cronici di depressione – uno dei pochi tipi di comportamento psicopatolgico o deviante più comune tra le femmine.
Genitori depressi
Ma perché c’è un tale aumento di depressione a questa età? E perché alcuni bambini manifestano questo problema, mentre la maggior parte no? Una possibile risposta viene suggerita dal risultato evidente che i bambini che crescono con genitori depressi hanno una probabilità di diventarlo anch’essi molto maggiore dei bambini cresciuti con genitori non depressi. Naturalmente, questo risultato potrebbe segnalare la presenza di un fattore genetico, una possibilità supportata da almeno alcuni studi sui gemelli e sui bambini adottati. Oppure, potremmo interpretare questo legame tra la depressione del genitore e quella del bambino restando nei termini dei cambiamenti che si verificano nell’interazione tra genitore e figlio, a causa della depressione del genitore. Naturalmente, non tutti i figli di genitori depressi sono depressi, in quanto circa il 60% non mostra alcun disturbo. Se un bambino che cresce in una famiglia del genere percorrerà il sentiero che porta alla depressione o no, sembra che dipenda da tutta una serie di fattori protettivi o dirompenti:
- Se la depressione del genitore è di breve durata o viene curata con medicine in modo che i sintomi siano meno gravi, il figlio avrà molte probabilità in più di evitarla.
- Quanto più la famiglia, in aggiunta alla depressione di uno dei genitori, affronterà altre forme di stress, come malattie, controversie familiari, tensioni sul lavoro, perdita del reddito, perdita del lavoro o separazione coniugale, tanto maggiore sarà la possibilità che il figlio mostri sintomi depressivi.
- Maggiore sarà il sostegno emotivo e concreto che la famiglia riceverà dagli altri, minore sarà la possibilità che il figlio mostri sintomi depressivi. Perciò il sistema familiare può proteggere i figli dagli effetti della depressione di un genitore in modo molto più efficace se ci sono supporti sociali adeguati per i genitori e se non vi sono altri stress.
Stress e isolamento
Avere un genitore depresso non è il solo sentiero che può portare gli adolescenti a una grave depressione. Stress elevati e cambiamenti nella vita personale del bambino, come il divorzio dei genitori, la morte di un genitore o di un’altra persona amata o la perdita del lavoro del padre, possono essere dei fattori importanti. Un altro fattore che può causare la depressione dell’adolescente è l’isolamento sociale all’inizio della scuola elementare. Il rifiuto da parte dei coetanei è associato con ciò che gli psicopatologi chiamano problemi esteriorizzanti – delinquenza, disturbi di comportamento e simili – mentre l’isolamento dai coetanei è legato a problemi interiorizzanti come la depressione. Anche una bassa autostima fa parte dell’equazione. Le ricerche ci informano che un giovane che sente di non essere all’altezza dei propri modelli ha molte probabilità in più di manifestare sintomi di depressione clinica che non un bambino o un adolescente la cui autostima è più alta. Possiamo anche legare l’aumento della depressione adolescenziale ai cambiamenti cognitivi che si verificano a questa età. Ad esempio, sappiamo che gli adolescenti molto spesso definiscono sé stessi e gli altri secondo termini comparativi, o per dare giudizi rispetto a qualche norma, o per considerare se stessi «meno di» o «più di» qualche altra persona. Sappiamo anche che, durante l’adolescenza, l’aspetto fisico acquista grande rilievo e che molti adolescenti sono convinti di non essere all’altezza degli standard definiti dalla cultura cui appartengono, ad esempio perché si sentono “troppo grassi”, “troppo bassi” o “troppo secchi”. Perciò l’autostima cala all’inizio dell’ adolescenza e la depressione cresce.
Il suicidio nell’adolescenza e la sua prevenzione
Il suicidio è spesso associato a uno stato depressivo. È estremamente raro che un bambino attenti alla propria vita e, dai dati riguardanti gli Stati Uniti, anche tra i 10 e i 14 anni la percentuale è molto bassa, meno di 1 giovane su 100 000 si suicida ogni anno, ma tra i 15 e i 19 anni, la percentuale è nove volte più alta ed è cresciuta costantemente negli ultimi dieci anni. Nonostante i tentativi di suicidio siano oltre 3 volte più comuni tra le femmine, la percentuale di suicidi è più alta tra i maschi, perché i metodi usati dalle ragazze, che generalmente tentano di avvelenarsi, hanno minori possibilità di riuscita di quelli utilizzati dai ragazzi.
Chiaramente è molto difficile scoprire quali sono i fattori che portano al suicidio, perché i ricercatori e i clinici, per venire a conoscenza del precedente stato mentale del suicida, sono costretti a fare affidamento sulle notizie di seconda mano fornite dai parenti e da altre persone – notizie che in parte sono certamente non valide perché in molti casi i genitori o gli amici non avevano alcun sospetto che il giovane stesse pensando al suicidio. Tuttavia sembra chiaro che un certo tipo di psicopatologia sia un elemento comune, che non comprende solo la depressione, ma anche problemi comportamentali, ad esempio l’aggressività, o una storia familiare di disturbi psichiatrici o di suicidi o l’abuso di droghe o di alcolici. Ma questi fattori da soli non sono sufficienti a spiegare un comportamento suicida. Lo psichiatra infantile David Shaffer (1936) e i suoi collaboratori, nella loro analisi sul problema della prevenzione del suicidio indicano almeno altri tre elementi che sembrano essere coinvolti:
- un evento angoscioso scatenante: gli studi sui suicidi indicano che tra gli adolescenti questo evento scatenante è spesso una crisi con i genitori, un rifiuto o una umiliazione, ad esempio una delusione amorosa o un insuccesso in qualche attività importante;
- uno stato mentale alterato, ad esempio un senso di impotenza o inibizioni ridotte dal consumo di alcolici o rabbia. Tra le ragazze in particolare il senso di impotenza
è comune: sentire che hanno tutto il mondo contro e che loro non possono farei niente; - deve esserci un’occasione – una pistola carica disponibile in casa, una boccetta di sonniferi nell’armadietto dei medicinali dei genitori, ecc.
I tentativi per prevenire i suicidi degli adolescenti non sono stati particolarmente fortunati. Nonostante che per un certo periodo di tempo precedente all’evento, la maggior parte di coloro che si uccidono o tentano di uccidersi abbia manifestato un considerevole comportamento deviante, molti non trovano la propria strada presso le cliniche di salute mentale o psicoterapeuti e la crescente disponibilità di tali cliniche non si è dimostrata efficace nel ridurre la percentuale dei suicidi.
Altri tentativi consistono in programmi di prevenzione scolastica, che forniscono informazioni a tutti gli studenti delle scuole medie superiori sui fattori di rischio, nella speranza che possano riconoscere un amico che ha di queste tendenze, ed anche una speciale preparazione che permetta agli adolescenti di affrontare i loro problemi con successo trovando delle soluzioni idonee. I pochi studi che hanno valutato tali programmi non indicano che gli atteggiamenti degli studenti siano cambiati.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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