Un definizione precisa di “emozione” è piuttosto complessa dal momento che è difficile
includere in un’ espressione sintetica tutti gli elementi che caratterizzano la vita emotiva di una persona. Secondo Leukel (1976) un’emozione è uno stato dell’individuo caratterizzato da una forte motivazione accompagnato da una profonda consapevolezza, da un comportamento specifico, da una rilevante attivazione delle funzioni somatiche. In questa definizione sono stati sottolineati, presentandoli in corsivo gli elementi chiave che caratterizzano la descrizione di un’emozione:
- motivazione;
- consapevolezza;
- comportamento;
- attivazione somatica.
In effetti un’emozione può essere descritta da tre punti di vista:
- attraverso l’osservazione del comportamento;
- attraverso l’autodescrizione di come la persona sta vivendo una situazione;
- attraverso il rilevamento delle risposte somatiche che accompagnano lo stato di attivazione emotiva.
Un’altra caratteristica fondamentale delle emozioni è quella di essere degli stati, ossia delle condizioni variabili e non permanenti, in cui si viene a trovare l’individuo nel corso della sua esperienza quotidiana. Un individuo può ritrovarsi ad essere felice e, dopo cinque minuti, essere annoiato, per poi provare rabbia un’ora dopo e paura dopo altri cinque minuti. In questo le emozioni si distinguono dalle caratteristiche stabili della personalità e sono molto più legate alle modalità di risposta agli stimoli che possono variare contingentemente e possono essere di durata anche breve nella manifestazione delle loro risposte.
Descrivere le emozioni
Per descrivere le emozioni di un soggetto, abbiamo a disposizione tre metodi principali:
- osservare il suo comportamento;
- farsi descrivere dal soggetto stesso cosa prova;
- misurando l’attivazione somatica del soggetto (ad esempio notando un aumento della pressione sanguigna e frequenza cardiaca).
L’osservazione del comportamento è un metodo obiettivo, mediante il quale si può documentare in maniera anche quantitativa il modo di esprimersi di un’ emozione. Il metodo è obiettivo in quanto viene effettuato dall’esterno dell’individuo con strumenti verificabili e documentabili nel loro modo di procedere e ciò che descrive un osservatore può essere confrontato e verificato rispetto a quanto descritto dello stesso comportamento da un altro osservatore. Dall’osservazione del comportamento noi possiamo inferire lo stato emotivo di una persona. Per esempio se uno studente all’esame dopo aver ricevuto il voto si alza con il sorriso e comincia a parlare in modo entusiastico agli altri suoi colleghi, noi definiremo questo studente come contento e soddisfatto e gli attribuiremo uno stato emotivo di gioia, presumibilmente determinato da un voto alto o comunque di suo gradimento rispetto alle aspettative. Se, al contrario, uno studente dopo aver ricevuto il voto si alza con aria triste e rimane silenzioso in un angolo, con gli occhi lucidi, noi definiremo questo studente scontento ed insoddisfatto e gli attribuiremo uno stato emotivo di tristezza, presumibilmente determinato da un voto basso o comunque non in linea con le sue aspettative. Queste attribuzioni sono da noi fatte sulla base delle nostre conoscenze ed esperienze precedenti, ma sono anche legate a stereotipi sociali, culturali e ambientali che possono essere diversi a seconda del contesto in cui avvengono e quindi come indicatori dello stato emotivo hanno una validità relativa allo specifico contesto in cui vengono osservati: in contesti e culture differenti, un dato comportamento potrebbe portarci ad attribuzioni di emozioni diverse. L’inferenza inoltre non è una conoscenza diretta del fenomeno, ma è una ricostruzione ipotetica di esso che noi accettiamo come plausibile e valida in quel contesto.
Un modo più diretto e vicino alla sostanza dello stato emotivo che sta vivendo una persona è quello di passare attraverso il metodo dell’introspezione, cioè dell’autodescrizione di chi sta vivendo o ha vissuto un’emozione. Solo con l’introspezione possiamo effettivamente conoscere qual è il vissuto genuino della persona e quindi identificare il tipo di emozione sperimentata. Tuttavia i risultati dell’introspezione non sono evidenti di per sé, ma devono necessariamente essere comunicati dalla persona stessa che si sta autoesaminando a qualcun altro. Questo passaggio comporta che il risultato della comunicazione può essere modulato, modificato, inquinato, accentuato, minimizzato, distorto, negato durante la sua elaborazione, perché chi sta descrivendo il proprio stato emotivo potrebbe non essere in grado o non essere intenzionato a comunicare il risultato della propria introspezione. In questo caso quindi noi abbiamo uno strumento valido, l’introspezione, ma non abbiamo garanzie che la descrizione dei suoi risultati sia completa e veritiera, in una parola “esatta”.
La terza possibile modalità di descrizione delle emozioni è quella effettuata misurando l’attivazione somatica che le accompagna che ha gli stessi pregi e difetti dell’osservazione del comportamento: è un metodo obiettivo (possiamo misurare le variazioni di pressione sanguigna, di frequenza cardiaca, di attività elettrica cutanea) al quale però deve far seguito un’inferenza per arrivare a dare un nome al quadro emotivo riscontrato nella persona sotto osservazione.
Naturalmente la combinazione di più metodi, applicati in modo convergente sulla stessa persona, può aumentare la validità e la profondità del quadro di informazioni a nostra disposizione e quindi rendere più specifica e attendibile la nostra diagnosi dello stato emotivo della persona che abbiamo di fronte. Da quanto detto appare chiaro che l’espressione di un’emozione sia un complesso mosaico di elementi di risposta di vario genere, alcuni automatici che il nostro organismo emette come attività riflessa agli stimoli (le funzioni regolate dal sistema nervoso autonomo rientrano in questa categoria di risposta), altri legati a stereotipi culturali e ambientali in base ai quali è stato modellato il comportamento individuale, altri ancora basati su specifiche caratteristiche individuali che potremo definire anche predisponenti, in base alle quali un soggetto tende a reagire a una stessa condizione stimolo con una risposta emotiva diversa da quella di un altro soggetto.
Meccanismi di difesa
Va sottolineato che alcune delle difficoltà da parte di un individuo a saper fornire un resoconto approfondito e veritiero della sua introspezione sul proprio stato emotivo non dipendono necessariamente da un atteggiamento intenzionale di difesa o di non collaborazione con l’esaminatore, ma possono anche derivare da una incapacità intrinseca della persona di avere un’idea precisa e valida dei propri sentimenti. Tale difficoltà può essere spiegata mediante la messa in atto di quelli che vengono definiti meccanismi di difesa nell’affrontare alcuni aspetti della propria realtà personale che non siano accettabili e che addirittura l’individuo possa sentire come minaccianti la propria stabilità personale. In questo caso automaticamente e non intenzionalmente l’individuo distorce la propria realtà personale di cui non è nemmeno consapevole o addirittura ne nega l’esistenza e genuinamente riferisce un risultato della propria introspezione che è il risultato di questi meccanismi difensivi.
Per la mia esperienza, molto spesso in condizioni psicopatologiche nella valutazione ed esame del paziente è facile trovarsi di fronte a situazioni di questo genere, per cui oltre ad applicare l’inferenza su quelle che sono le caratteristiche del paziente, si deve anche arrivare a inferire quali eventuali meccanismi distorti abbia applicato nel modo in cui ha riferito le proprie caratteristiche personali.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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