Inalazione di fumo e ustioni: alterazioni polmonari e sistemiche precoci

MEDICINA ONLINE Modificazioni emogasanalitiche, del consumo di ossigeno e dell'equilibrio acido-base dopo ustioni di grado severo

Modificazioni emogasanalitiche, del consumo di ossigeno e dell’equilibrio acido-base dopo ustioni di grado severo. Da sei pazienti (35-60%, ustioni di terzo grado). Per fase precoce si intende il primo 25 del loro decorso, per fase tardiva l’ultimo 25, mentre la fase intermedia è il periodo compreso tra fase precoce e tardiva. I valori sono espressi come modificazione percentuale rispetto a quelli ottenuti in 17 soggetti normali di controllo.

Gli incendi rappresentano una importante causa di lesioni, morti e danni economici. Ogni anno, negli Stati Uniti, si verificano tra i 15 ed i 25 milioni di incendi che provocano circa 25000 feriti, 5000 morti e danni economici per una cifra che oscilla tra i 7 ed i 9 miliardi di dollari. I danni indotti dall’inalazione di fumo determinano un drammatico peggioramento della mortalità dei pazienti ustionati: in questi casi i danni derivati dall’inalazione di fumo si sommano a quelli da ustione, con conseguenze spesso letali.

Questo articolo è dedicato alla fisiopatologia legata alle ustioni, con particolare riferimento alle lesioni polmonari precoci in soggetti ustionati che abbiano inalato fumo.

Alterazioni polmonari e sistemiche precoci (entro 24 ore dall’ustione)

L’esposizione all’ambiente ipossico e ricco di sostanze tossiche che si verifica nel corso di un incendio può causare rapidamente gravi disfunzioni d’organo, in genere correlate ad un’alterazione del trasporto o della utilizzazione dell’ossigeno (O2). I distretti a rischio maggiore sono ovviamente il sistema nervoso centrale ed il miocardio. Il temibile monossido di carbonio (CO) che si produce nell’incendio di un ambiente ipossico viene facilmente assorbito in circolo, dove trasforma la ossiemoglobina (Hbo2) in carbossiemoglobina (Hbco). Il legame del CO all’emoglobina non avviene così rapidamente come quello dell’ossigeno, ma è molto più stabile, con un’affinità di circa 200 volte superiore e questo spiega la sua enorme pericolosità per l’essere umano. I livelli di Hbco possono raggiungere il 15% nei casi lievi di inalazione di fumo e superare il 60% nei casi più gravi. La trasformazione della Hbo, in Hbco compromette il trasporto dell’ossigeno, fondamentalmente perché questa seconda forma di emoglobina non- è in grado di veicolare l’O2. Il CO determina, inoltre, un rallentamento del rilascio dell’ossigeno da parte dell’emoglobina rimasta allo stato ferroso, inducendo un aumento dell’affinità della Hbo, per l’O2 (cioè, uno spostamento verso sinistra della curva di dissociazione dell’ossiemoglobina). Le modificazioni a carico della molecola di emoglobina e l’inibizione del rilascio dell’ossigeno determinano una forma di anemia funzionale, con riduzione del trasporto di ossigeno ed ipossia, malgrado una normale PaO2 plasmatica. Viste queste premesse, non stupisce il fatto che una grave intossicazione da CO possa rapidamente indurre un edema cerebrale, attraverso una riduzione del trasporto di ossigeno ed una ipotensione. In un piccolo numero di pazienti che danno l’impressione di riprendersi, una disfunzione neurologica può comparire da 3 giorni a 4 settimane dopo una significativa intossicazione.
Una intossicazione letale da CO si associa in genere a concentrazioni di Hbco superiori al 60%.

L’inalazione di acido cianidrico (HCN) è stata messa in relazione ad un aumento della mortalità, sia precoce che tardiva, in pazienti ustionati. Il cianuro viene facilmente trasportato ai tessuti attraverso il torrente circolatorio e si lega alle cito cromo ossidasi mitocondriali. Ciò determina l’inibizione del metabolismo ossidativo cellulare e costringe i tessuti a far ricorso ad un inefficiente metabolismo anaerobio. Una intossicazione letale da HCN si associa in  genere a livelli ematici superiori ad 1 mg/litro (21). Anche il CO è in grado di legarsi alla citocromo ossidasi, inducendo
una disfunzione mitocondriale. L’esposizione a CO ed HCN si accompagna spesso ad una acidosi metabolica conseguente al metabolismo anaerobio, ed è proporzionale alla gravità dell’avvelenamento. In questo modo, la riduzione del trasporto di ossigeno e le alterazioni del metabolismo cellulare compromettono rapidamente la funzionalità  del sistema nervoso centrale e dell’apparato cardiovascolare e rappresentano la principale causa di morte nella fase immediatamente successiva ad una grave inalazione di fumo.

Il danno termico a carico delle vie aeree è frequentemente limitato al viso, alle cavità orale e nasale, alla faringe e raramente interessa la trachea. Le vie aeree inferiori sono risparmiate dalle lesioni termiche, grazie all’efficiente raffreddamento che i gas inalati subiscono nelle vie aeree superiori, al laringospasmo riflesso ed alla chiusura della  glottide. Le lesioni termiche a carico delle vie aeree superiori consistono in vescicolazioni, edema, accumulo di saliva spessa e, nei casi gravi, di chiusura della glottide. Queste alterazioni compaiono in genere nelle prime 2-8 ore e possono determinare un’ostruzione, parziale o totale, delle vie aeree.

La presenza di estese ustioni cutanee può aggravare l’edema delle vie aeree, per l’aumentata permeabilità vascolare e per l’infusione di grandi quantità di liquidi nel
corso delle manovre di rianimazione.

L’ostruzione delle vie aeree può determinare una insufficienza ventilatoria che, se l’edema si costituisce gradualmente, può essere ritardata di alcune ore rispetto al momento dell’ustione. L’inalazione di gas tossici e di particelle corpuscolate che veicolano sostanze irritanti determina un’aggressione chimica delle vie aeree, che giunge a coinvolgere anche il polmone ed è responsabile di tracheobronchiti acute, broncospasmo, broncorrea e, nei casi gravi, edema polmonare. Questi fenomeni si accompagnano ad un aumento del flusso ematico bronchiale, che può accentuare l’edema delle vie aeree ed alveolari. L’aggressione chimica compromette la capacità’ di trasporto ciliare della mucosa e può, quindi, indurre ritenzione di muco e favorire le infezioni.

Sono state inoltre documentate le seguenti anomalie: alterazioni del surfactant aumento del contenuto liquido polmonare, ridotta compliance polmonare, aumento delle resistenze delle vie aeree, aumento delle resistenze vascolari polmonari. Queste anomalie determinano un disaccoppiamento del rapporto ventilazione/perfusione  (V/Q) ed un aumento dello spazio morto fisiologico (VD/VT) che riduce la PaO2, aumenta la P(A-a)O2 e la ventilazione al minuto necessaria per normalizzare la PaCO2 (vedi tabella in alto nell’articolo).

Le alterazioni sistemiche precoci sono correlate all’entità della compromissione del trasporto di ossigeno ed all’estensione ed alla profondità delle ustioni cutanee. Lo shock ipovolemico rappresenta una delle più importanti ripercussioni sistemiche nelle fasi immediatamente successive ad una ustione cutanea a tutto spessore. L’ipovolemia
precoce è secondaria alla massiva fuoriuscita di fluidi dallo spazio intravascolare, legata ad una aumentata permeabilità del microcircolo. Anche se non sono noti i precisi meccanismi attraverso cui si determina il danno microcircolatorio, si ritiene che esso sia dovuto all’attività di diversi mediatori vaso attivi (come istamina, prostaglandine e radicali dell’ossigeno) liberati a livello dell’ustione. Questi mediatori agiscono su tutti gli organi, determinando la formazione di edemi anche in tessuti distanti dalla lesione cutanea (13). Il massivo spostamento di fluidi determina un edema generalizzato, che raggiunge l’acme tra le 8 e le 24 ore e dipende dall’estensione dell’ustione e dall’adeguatezza dell’infusione di liquidi durante la rianimazione. La cute ustionata perde, inoltre, la propria elasticità, divenendo meno adattabile (“compliant”) alla formazione dell’edema. Nelle ustioni circonferenziali delle estremità e del tronco, l’ispessimento della cute può ulteriormente ostacolare la circolazione, accentuando l’edema e la necrosi dei tessuti più distali e riducendo la compliance della parete toracica. La riduzione della compliance della parete toracica determina, a sua volta, un aumento del lavoro respiratorio, in grado di compromettere la funzione respiratoria.
Nelle ustioni più gravi, si determina una instabilità cardiovascolare ed ematologica quando la perdita di liquidi supera i 4 ml/kg di peso corporeo per ora (tabella 9.3)(13,28). La gittata cardiaca si riduce, in conseguenza dell’ipovolemia, dell’ipossia miocardica, dell’azione di fattori in grado di deprimere la funzione miocardica, e dell’aumento delle
resistenze vascolari sistemiche. La pressione arteriosa può essere normale o bassa, e la frequenza cardiaca è in genere aumentata. Si sono osservate anche una soppressione della risposta immunitaria ed alterazioni della funzione macrofagica. L’emolisi e la comparsa di una coagulazione intravascolare disseminata (CID) possono ulterior-
mente compromettere il microcircolo.
L’attività metabolica complessiva risulta inizialmente depressa, in conseguenza della grave ipossia e dei disturbi del circolo. Lo stress stimola una massiva liberazione di catecolamine ed accelera il metabolismo. L’aumento del metabolismo, la vasocostrizione, l’ansia, il dolore ed i tremori muscolari determinano uno squilibrio tra la domanda e l’apporto di ossigeno: ne può derivare un’attivazione del metabolismo anaerobio, con acidosi metabolica.

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