All’inizio degli anni Sessanta del secolo scorso, un esperimento condusse il pubblico scientifico a delle conclusioni ancora più inquietanti rispetto a quelle scaturite dagli esperimenti sul conformismo sociale di Salomon Asch (Varsavia, 14 settembre 1907 – 20 febbraio 1996), psicologo polacco naturalizzato statunitense. Tale ricerca fu condotta da Stanley Milgram. Milgram nacque nel 1933 a New York e crebbe nel Bronx. Già nel 1962, subito dopo il suo dottorato, Milgram acquistò fama mondiale grazie alla serie di esperimenti che ancora oggi portano il suo nome. Nell’ambiente accademico, a causa dei suoi metodi poco ortodossi, Milgram non fu molto apprezzato ed anzi per alcuni anni fu addirittura escluso dall’associazione degli psicologi. Rifiutato da Harvard, dovette “accontentarsi” di una cattedra alla New York City University. Milgram morì nel 1984 a 51 anni.
L’esperimento “elettrico” di Milgram
Un controverso esperimento di Milgram è a mio avviso molto interessante a propositò dell’obbedienza sociale. I partecipanti erano delle persone adulte disponibili a prendere parte, dietro una piccola ricompensa, a un esperimento psicologico che – così si diceva loro – riguardava il nesso tra memoria e apprendimento. A loro spettava il ruolo dell’insegnante. Dopo essere stato presentato ad un “allievo” ed allo sperimentatore, un signore dallo sguardo severo che indossa un camice bianco, l’insegnante si sedeva di fronte a un pannello di controllo con trenta levette, al di sotto delle quali piccole etichette indicavano dei numeri da 15 a 450. Lo sperimentatore, poi, spiegava loro che i numeri corrispondevano al voltaggio delle scosse elettriche da infliggere allo “studente” azionando le piccole leve.
L’allievo veniva fatto accomodare su una apposita sedia e gli veniva legato un elettrodo al polso. L’insegnante doveva poi leggere delle coppie di parole che lo studente doveva memorizzare. In caso di errore dell’allievo, spiegava lo sperimentatore, l’insegnante doveva somministrargli una scossa elettrica. A ogni errore, il voltaggio doveva essere aumentato partendo da dosaggi molto bassi fino ad arrivare progressivamente a 450 V, ovvero a una scossa che può essere mortale. Prima di cominciare, Milgram presentò il disegno dell’esperimento a un gruppo di studenti di psicologia, a un gruppo di psichiatri ed a un gruppo di persone comuni e chiese loro di prevedere quanti “insegnanti” sarebbero stati disposti a eseguire l’ordine dello sperimentatore fino a infliggere una scossa elettrica di 450 volt. La risposta più diffusa fu “forse l’1%”. Il buon senso stesso sembra suggerire che praticamente nessuno rischierebbe di uccidere una persona soltanto perché questi ha commesso un errore in un compitino. Il buon senso – però – ci porta spesso a sopravvalutare la nostra capacità di giudizio messa di fronte ad un ordine dato da una autorità: l’esperimento fornì infatti un risultato diverso e sconvolgente…
Autorità e minoranze
Durante l’esperimento di Milgram, incredibilmente ben il 65% delle persone assunte come insegnanti seguì le istruzioni alla lettera e, nonostante le grida e le implorazioni dell’allievo (in realtà, un attore istruito, a cui non veniva ovviamente somministrata nessuna scossa elettrica ma faceva solo finta di riceverla), continuò a somministrare delle scosse fino a 450 V.
Per analizzare i vari fattori che potevano aver portato a un simile risultato, Milgram introdusse diverse varianti dell’esperimento. Un certo numero di insegnanti, che esprimevano dubbi riguardanti le punizioni, continuavano a far male agli studenti quando venivano rassicurati dal ricercatore che si assumeva la piena responsabilità delle loro azioni: una azione potenzialmente dannosa verso un altro individuo, diventava quindi lecita se l’autore veniva deresponsabilizzato dall’autorità. Inoltre, la disposizione a far male all’allievo aumentava quando questi si trovava in un’altra stanza, quindi non era visibile, in una sorta di “occhio non vede, cuore non duole”. Lo stesso accadeva quando il ricercatore faceva assistere due ulteriori collaboratori all’esperimento, col compito di incitare l’insegnante a punire lo studente: in questo caso l’autore del gesto punitivo si sentiva ancor più deresponsabilizzato, poiché agivano tre autorità e non una sola (autorità che erano unanimi nell’opinione di assegnare la scossa). Assistiti, invece, da due persone in disaccordo tra loro, gli insegnanti si mostravano più riluttanti a somministrare le scosse: in questo caso l’autore era in bilico tra l’autorità dello scienziato capo e l’autorità dei suoi due assistenti (l’autorità non era quindi unanime). Per ridurre la disposizione a obbedire, dunque, era sufficiente la presenza di un’altra persona (o ancora meglio, due) che evidenziava un atteggiamento critico. Ma senza un tale appoggio, soltanto pochi uomini e poche donne si ribellavano apertamente a colui che si presentava come autorità scientifica.
Quest’ultimo risultato di Milgram, per alcuni ricercatori, sembra aprire uno spiraglio alla speranza di garantire una vita democratica duratura e di rendere possibile il rinnovamento sociale e politico. La tendenza all’obbedienza cieca e alla sospensione del proprio giudizio, come dimostrò in seguito un gruppo di ricercatori intorno allo studioso di origine romena Serge Moscovici (1925), può essere vinta grazie a gruppi di persone disposti a rendere pubblico il loro disaccordo con l’autorità, pur se considerabili minoranze. Gli esperimenti svolti da Moscovici evidenziano infatti come un gruppo minoritario può effettivamente cambiare l’opinione dominante, a patto che tale gruppo si dimostri unito, deciso e disposto a esprimere ripetutamente la propria opinione.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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