Con “annegamento” o “sindrome da annegamento” in medicina si intende una forma di asfissia acuta da causa esterna meccanica determinata dall’occupazione dello spazio alveolare polmonare da parte di acqua o altro liquido introdotto attraverso le vie aeree superiori, che sono completamente immerse in tale liquido. Qualora l’asfissia si prolunghi a lungo, in genere alcuni minuti, si verifica la “morte per annegamento“, cioè una morte dovuta a soffocamento per immersione, legata generalmente ad ipossia acuta ed insufficienza acuta del ventricolo destro del cuore. In alcuni casi non fatali l’annegamento può essere trattato con successo con specifiche manovre di rianimazione.
IMPORTANTE: se un vostro caro è stato vittima di annegamento e non avete idea di cosa fare, contattate per prima cosa immediatamente i soccorsi chiamando il Numero Unico per le Emergenze 112.
Trattamento iniziale delle vittime di annegamento
È necessario praticare le manovre di urgenza ed attivare, al più presto possibile, i soccorsi telefonando al 112. Nel frattempo il soccorritore deve liberare con attenzione le vie aeree del soggetto e, in assenza di un’attività respiratoria spontanea, iniziare una rianimazione bocca a bocca fino a quando il paziente non riprenda a respirare autonomamente.
La ricerca del battito cardiaco va effettuata dopo che il paziente sia stato riportato a riva o sollevato su di un galleggiante abbastanza ampio da accogliere sia la vittima che il soccorritore. Le manovre di compressione del torace effettuate in acqua non sono abbastanza efficaci da ripristinare il flusso. Se l’incidente è avvenuto in acque fredde è consigliabile dedicare qualche secondo in più alla ricerca di pulsazioni periferiche, in modo da escludere la presenza di una marcata bradicardia o di un’attività cardiaca particolarmente debole. Un massaggio cardiaco eseguito frettolosamente può indurre una fibrillazione ventricolare e, di fatto, peggiorare la perfusione cerebrale.
La manovra di Heimlich non va effettuata, a meno che non coesista una ostruzione delle vie aeree causata da qualche oggetto: le vittime di un annegamento possono ingoiare notevoli quantità di acqua e la manovra di HeimIich può determinarne il
vomito, con successiva aspirazione, il che può peggiorare la situazione.
La testa e il collo dovrebbero essere non mobilizzati, in particolare se il soggetto è annegato dopo aver fatto un tuffo in acque poco profonde. Se si sospetta una lesione a carico della colonna vertebrale, si rende necessario immobilizzare il paziente prima del trasporto per evitare possibili ulteriori danni, in alcuni casi irreversibili ed invalidanti, come quelli che portano a paralisi. Non appena possibile, il paziente va trasportato in ospedale.
Per approfondire:
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Trattamento ospedaliero delle vittime di annegamento
Il personale ospedaliero deve predisporre il materiale necessario all’intubazione (laringoscopio, diversi bisturi, cannule di vario calibro, specilli flessibili, pinze di Magill, siringhe per controllare la pervietà dei manicotti e per gonfiarli, aspiratore, cerotto per fissare la cannula endotracheale, appropriato ventilatore del tipo “pallone-valvola-
maschera”). Devono essere disponibili un kit per emogasanalisi arteriosa ed il vestiario idoneo a garantire le necessarie precauzioni igieniche.
Il trattamento delle vittime di un mancato annegamento si basa sul rapido esame clinico iniziale e sulla conseguente classificazione della gravità delle condizioni del paziente. Il seguente schema fa riferimento alla classificazione neurologica post-sommersione di Modell e Conn, che riportiamo:
- Categoria A. Sveglio
- Paziente vigile, conscio ed orientato
- Categoria B. Ottundimento
- Ottundimento dello stato di coscienza, il paziente è letargico ma può essere risvegliato, risposta finalizzata agli stimoli dolorosi
- Non è possibile risvegliare il paziente, che risponde in maniera anomala agli stimoli dolorosi
- Categoria C. Comatoso
- C1 Flessione di tipo decorticato agli stimoli dolorosi
- C2 Estensione di tipo decerebrato agli stimoli dolorosi
- C3 Risposta agli stimoli dolorosi flaccida o assente
Vediamo ora singolarmente come comportarsi di fronte alle diverse categorie.
Categoria A (Sveglio)
Questi pazienti sono in uno stato vigile ed hanno un Glasgow Coma Scale (GCS) di 14, indicativo di un danno ipossico minimo. Nonostante le vittime di questa categoria siano fondamentalmente sani, essi vanno comunque ospedalizzati e posti in osservazione continua per 12-24 ore, così da permettere un intervento precoce in caso di deterioramento improvviso delle funzioni polmonare o neurologica, deterioramento che deve essere sempre previsto anche in caso di soggetto apparentemente del tutto sano. Gli esami devono comprendere:
- un emocromo completo,
- il dosaggio degli elettroliti sierici e della glicemia,
- una radiografia del torace,
- una emogasanalisi arteriosa,
- esami colturali sull’espettorato,
- la determinazione dei tempi di coagulazione.
Può rendersi necessario anche uno screening farmaco-tossicologico. Nel sospetto di un trauma a carico del collo, va praticata una radiografia e/o una TC della colonna vertebrale. In caso di traumi cranici o fratture, la diagnostica per immagini deve indagare ovviamente anche il cranio e le fratture.
Il trattamento dei pazienti che rientrano in questa categoria è fondamentalmente di tipo sintomatico. Si può somministrare ossigeno, tramite cannula o maschera, in modo da mantenere una PaO2, superiore a 60 mmHg. Può risultare utile l’impiego di una spirometria. L’eventuale aspirazione di corpi estranei può essere confermata da
una radiografia del torace o grazie all’endoscopia. Il broncospasmo può essere trattato con farmaci β2-adrenergici per via aerosolica. È importante, infine, garantirsi un accesso venoso, che consente di controllare l’equilibrio idroelettrolitico e di intervenire
rapidamente in caso di deterioramento delle condizioni cliniche. Un peggioramento delle condizioni neurologiche può dipendere da molti fattori, come:
- ipossiemia, secondaria al deterioramento della funzione polrnonare ;
- aumento della pressione intracranica (ICP), secondario all’ipossia;
- assunzione di farmaci o droghe prima dell’incidente;
- pregresse malattie metaboliche, respiratorie, coagulative e/o cardiologiche.
Se le condizioni cliniche restano stabili e non si verifica, entro 12-24 ore, un peggioramento delle funzioni neurologica o polmonare, il paziente può essere generalmente dimesso, salvo rari casi. È caldamente consigliabile effettuare entro 2-3 giorni un controllo medico.
Categoria B (Ottundimento)
Questi pazienti si trovano in uno stato di ottundimento, o di semi-incoscienza, ma possono essere risvegliati. Il punteggio GCS è in genere compreso tra 10 e 13, indicativo di un episodio di asfissia più severo e prolungato. Essi rispondono agli stimoli dolorosi con movimenti finalizzati, l’attività respiratoria ed i riflessi pupillari sono normali. Possono essere irritabili ed aggressivi. Dopo la rianimazione e la valutazione iniziale nel dipartimento di emergenza, questi pazienti vanno ricoverati in unità di terapia intensiva (ICU), sorvegliando con attenzione la comparsa di ogni eventuale alterazione delle funzioni neurologica, polmonare e/o cardiocircolatoria. La loro degenza in ospedale è in genere superiore rispetto ai pazienti della categoria A. Vanno effettuati tutti i test diagnostici e praticate tutte le terapie precedentemente discusse nel paragrafo dedicato ai pazienti della categoria A. È opportuno eseguire, quotidianamente, un esame colturale su campioni di sangue, espettorato e, se possibile, urine. La somministrazione di vitamina K può migliorare i tempi di coagulazione. Una terapia antibiotica va praticata solo in presenza di esami colturali positivi per flora batterica patogena. Le condizioni neurologiche del paziente possono modificarsi anche rapidamente, ed è necessario rispettare la normale routine per pazienti con lesioni alla testa. La comparsa di un edema polmonare o di un’acidosi metabolica intrattabile, e la necessità di protrarre le manovre di rianimazione (tranne che per i pazienti estratti da acqua molto fredda) sono, in genere, elementi indicativi di una ipossia di grado severo. L’ipossiemia può diventare refrattaria all’incremento delle concetrazioni di ossigeno nell’aria inspirata. Per mantenere una PaO2 superiore a 60 mmHg può rendersi necessario praticare una ventilazione con pressione positiva continua (CPAP), mediante maschera o apparecchiature meccaniche. È a volte necessario ridurre l’apporto di liquidi, ma l’osmolalità plasmatica non deve superare le 320 mOsm/litro.
Categoria C (Coma)
Le condizioni neurologiche di questi pazienti, estremamente critici, sono tali che non è possibile risvegliarli. Il punteggio GCS è inferiore a 7. Il trattamento deve essere, fondamentalmente, diretto a mantenere normali l’ossigenazione, la ventilazione, la perfusione, la pressione arteriosa, la glicemia e gli elettroliti sierici. Studi di piccole dimensioni, condotti su animali, relativi alla rianimazione cerebrale, hanno fatto nascere nuove speranze circa la possibilità di recupero dei pazienti in stato comatoso che abbiano subito un grave insulto anossico. L’obiettivo delle manovre di rianimazione cerebrale è quello di prevenire l’aumento della ICP e di preservare i neuroni vitali ma non funzionali. Il trattamento potrebbe includere ìpotermia, iperventilazione, calcio-antagonisti, barbiturici, rilasciamento o paralisi muscolare, etomidato, infusione di fluorocarbonio. Sfortunatamente, i risultati delle manovre di rianimazione cerebrale sono disomogenei, ed è ancora controverso quale terapia sia da preferire. Un grave problema etico è relativo al dubbio che la rianimazione cerebrale non migliori la qualità di vita dei pazienti, ma si limiti a ritardarne il decesso, aumentando il numero di soggetti in condizione vegetativa persistente.
I seguenti paragrafi si basano sulleraccomandazioni di Conn sulla rianimazione cerebrale. In questo contesto il prefisso “IPER” è usato non casualmente, visto che i quanto i pazienti con gravi lesioni cerebrali sono frequentemente
- iperidratati,
- iperpiretici,
- ipereccitabili,
- iperrigidi,
- iperventilati.
Iperidratazione
Lo stato di iperidratazione può contribuire ad un aumento della ICP ed all’insorgenza di un edema polmonare. Nel tentativo di scongiurare queste evenienze, vengono in genere somministrati diuretici. Si effettua un monitoraggio emodinamico, in modo da evitare un’eccessiva restrizioni di fluidi, che potrebbe indurre un’insufficienza renale. Piccole dosi di dopamina (meno di 5 μg/kg/min) stimolano i recettori dopaminergici renali, aumentando la perfusione renale e possono così stimolare la formazione di urine. La diuresi, comunque, non va forzata fino a portare l’osmolarità sierica più di 320 mOsm/litro. L’effettuazione di un monitoraggio emodinamico invasivo richiede l’inserimento di un catetere in arteria polmonare, che consente di registrare la pressione venosa centrale, la pressione in arteria polmonare e la pressione di incuneamento polmonare. Se la pressione arteriosa è instabile, o se si effettuano numerose ABG, può rendersi necessario anche l’inserimento di un catetere arterioso. Negli anni ’80 veniva diffusamente praticato il monito raggio della ICP, al fine di prevenire o controllare l’insorgenza di una ipertensione intracranica.
Attualmente, questa procedura viene applicata più frequentemente nei pazienti che rientrano nelle categorie A e B e che presentano segni di deterioramento mentale e neurologico. Si spera che l’iperventilazione e l’impiego di diuretici osmotici e di tiopentale possano far regredire l’edema cerebrale secondario all’ischemia. Sfortunatamente, anche un efficace controllo della ICP non garantisce una sopravvivenza senza postumi.
Iperventilazione
I pazienti che necessitano di una ventilazione meccanica vanno iperventilati, mantenendo la paC02 tra 25 e 30 mmHg. Le resistenze vascolari cerebrali sono controllate dal tono arteriolare, che viene modificato dalle variazioni del pH. Poiché il pH è influenzato dai valori di PaCO2 l’iperventilazione induce una vasocostrizione e riduce i valori di ICP. Il volume tidal può essere impostato da 10 a 15 ml/kg, alla frequenza ventilatoria necessaria per indurre la riduzione di PaCO2 desiderata.
L’ossigenazione tissutale è un importante obiettivo del trattamento dei pazienti con più grave compromissione polmonare. Sarebbe ottimale, ma non sempre è possibile, mantenere la percentuale di saturazione arteriosa dell’ossigeno (SaO2) attorno al 96% (PaO2, di 100 mmHg). L’impiego di una pressione teleespiratoria positiva (PEEP) rappresenta un utile mezzo per garantire un’ossigenazione adeguata (PaO2 superiore a 60 mmHg). Negli adulti e nei bambini più grandi, i valori della PEEP vanno aumentati di 5 cm H2O alla volta, fino a raggiungere un’ossigenazione adeguata. Nei pazienti di età inferiore, gli incrementi successivi devono essere di minore entità.
Iperpiressia
L’induzione di una ipotermia (temperatura corporea di 30± 1°C o inferiore) è stata proposta per pazienti con lesioni cerebrali ed in stato di coma, perché è in grado di ridurre le richieste metaboliche del cervello e la ICP. È noto che l’ipotermia, indotta prima di una ischemia cerebrale, esercita un effetto protettivo sul cervello. Malgrado ciò, questa procedura non ha migliorato l’evoluzione delle condizioni neurologiche di pazienti che erano già andati incontro ad una ipossia cerebrale e può, anzi, indurre complicanze, come la soppressione della normale risposta immunitaria, uno spostamento a sinistra della curva di dissociazione dell’emoglobina, ed aritmie cardiache. Se la temperatura corporea è elevata, è necessario ripristinare la normotermia, con la somministrazione di antipiretici e l’impiego di materassi refrigeranti, in quanto la febbre induce un aumento del consumo di ossigeno.
Ipereccitabilità
Si ritiene che i barbiturici riducano la ICP, inducendo una vasocostrizione, sopprimendo l’attività convulsiva, e rallentando il metabolismo cerebrale. Il tiopentale è, probabilmente, l’unico barbiturico in grado di rimuovere i radicali liberi dell’ossigeno. L’induzione di un coma farmacologico con barbiturici non si è dimostrata in grado di migliorare la sopravvivenza o l’evoluzione delle condizioni neurologiche nelle vittime di un mancato annegamento con gravi danni cerebrali e può, anzi accentuare l’instabilità cardiovascolare. Per questi motivi, la somministrazione di barbiturici non fa più parte del trattamento consigliato, al contrario questi farmaci vengono utilizzati per il controllo delle crisi convulsive. La somministrazione di steroidi è stata proposta, nei casi di mancato annegamento, nella speranza di ridurre la ICP, ma studi successivi ne hanno dimostrato l’inefficacia. Inoltre, questi farmaci possono interferire con la risposta immunitaria alle infezioni batteriche, e determinare una più elevata incidenza di sepsi.
Iperrigidità
Una rigidità posturale di tipo decerebrato e decorticato rappresenta un segno di ipertensione intracranica. Un incremento della ICP può essere secondario ad un edema cerebrale da ipossia, ventilazione meccanica e PEEP, tosse, posizione di Trendelemburg. Le manovre di aspirazione possono determinare un aumento della ICP per un periodo anche di 30 minuti. La ICP può essere ridotta, in pazienti che richiedano una ventilazione meccanica, mediante somministrazione di sedativi ed agenti paralizzanti.
Per approfondire
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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