Il comportamento umano è un modo di agire o reagire di un individuo messo in relazione con oggetti, altri organismi o semplicemente con l’ambiente esterno ed è determinato dall’interazione tra le caratteristiche della persona e le variabili di carattere ambientale. A loro volta, le caratteristiche della persona risultano dall’interazione tra elementi genetici quindi innati (genotipo) e apprendimento e socializzazione acquisiti (fenotipo). In particolare i geni non producono né controllano direttamente il comportamento, ma i loro effetti sui caratteri comportamentali sono mediati dal ruolo che i geni stessi svolgono nella costruzione e modificazione delle strutture biologiche del corpo; tali strutture producono il comportamento nell’interazione con l’ambiente.
Il termine adattamento si riferisce a tutte quelle modificazioni che rendono un organismo più adeguato alle condizioni ambientali in cui si trova a vivere. Darwin nel 1859 nel suo celeberrimo libro L’origine delle specie propose la teoria che rivoluzionò il pensiero scientifico proponendo delle prove a favore dell’esistenza dell’evoluzione. Egli a quel tempo non era a conoscenza dell’esistenza dei geni ma oggi, alla luce delle teorie di trasmissione genetica, si comprendono le implicazioni sull’ereditarietà delle caratteristiche comportamentali e sulla modificabilità di tali caratteristiche mediante l’interazione con l’ambiente, modificazioni queste che possono anche essere trasmissibili alla prole.
I meccanismi che sottendono il comportamento sono prodotti dalla selezione naturale e, come tutti i risultati di questa, permettono all’individuo di sopravvivere e di riprodursi determinando l’evoluzione delle risposte comportamentali istintive e l’evoluzione dei modelli di comportamento relativi all’accoppiamento, all’aggressività, al bisogno di nutrirsi (Gray, 2004).
La modificazione biologica e l’apprendimento interagiscono modificando reciprocamente il loro effetto. Il processo di selezione naturale delle caratteristiche biologiche di un organismo è profondamente influenzato dall’apprendimento di alcuni nuovi comportamenti, che rendono più probabile la trasmissione ereditaria di quelle caratteristiche biologiche, casualmente possedute da alcuni, che consentono l’adattamento.
Diverse teorie relative al comportamento focalizzano l’attenzione su aspetti diversi:
- la prospettiva genetica si concentra sugli elementi genetici che determinano la personalità, quali il temperamento, i tratti, le disposizioni e le tendenze innate;
- la prospettiva cognitiva considera il comportamento e la personalità come frutto di apprendimento e socializzazione;
- la prospettiva ambientale mette in evidenza l’influenza dei fattori esterni nel determinismo dei comportamenti.
Fin dal ‘600 il modello esplicativo del comportamento era legato, con una concezione meccanicistica, all’interazione dell’organismo con l’ambiente. L’organismo era considerato come macchina e da questa analogia nacque il paradigma esplicativo dell’arco riflesso, nella ricerca di quei meccanismi elementari che spiegassero il funzionamento dell’organismo in maniera meccanica e in dipendenza dall’ambiente.
Dewey nel 1896 criticò l’analisi dell’arco riflesso secondo cui a uno stimolo dell’ambiente corrisponde una reazione la quale è mediata dall’attività di un centro nervoso localizzato nel midollo spinale dell’organismo. Secondo tale concezione, dunque, in ogni processo comportamentale, da quello più semplice a quello più complesso, il meccanismo di base è sempre lo stesso: stimolo-centro nervoso-reazione. Secondo Dewey, invece, l’intero arco è un’unità organica, esso è l’unità minima della vita sensoriale. Sia la sensazione sia lo stimolo, infatti, esistono per l’atto e perdono ogni significato se vengono considerati isolatamente. L’unica distinzione che può sussistere tra stimolo e risposta è una distinzione teleologica, cioè di funzione, del ruolo svolto per il raggiungimento di un fine e la sua conservazione.
I riflessi
Una della prime forme di attività (verso stimoli interni o esterni) è costituita dai riflessi: risposte automatiche, non apprese, semplici, finalizzate a ristabilire un equilibrio. Per riflesso di intende una risposta rapida e involontaria a uno stimolo, sia esso meccanico o chimico: può trattarsi di una contrazione muscolare involontaria derivante dalla stimolazione di una struttura sensoriale. I riflessi possono essere poprioricettivi o esterocettivi: nel primo caso si fa riferimento all’azione di un’unica sinapsi, che corrisponde a un unico segmento spinale mentre i riflessi esterocettivi sono attivati da stimoli superficiali e dipendono invece da una moltitudine di sinapsi. Per esempio i primi, più profondi, sono originati dalla stimolazione dei propriocettori muscolari o tendinei e provocano una contrazione dei muscoli corrispondenti: si pensi all’uso del martelletto che colpisce con una certa forza il tendine muscolare interessato. I secondi, dovuti a stimoli superficiali, sono originati dalla stimolazione della cute e delle mucose, per esempio con una piccola punta o con un batuffolo di cotone.
Nella specie umana il comportamento essenzialmente costituito da riflessi è soprattutto quello neonatale nel quale i riflessi sono reazioni automatiche del neonato presenti in questa fase della vita e che progressivamente verranno oscurati nelle manifestazioni comportamentali con la maturazione del sistema nervoso. Esistono diversi tipi di riflessi caratteristici del neonato: in particolare possiamo parlare di riflesso di prensione che avviene nel momento in cui si stimola il palmo della mano del neonato, per esempio con un dito provocando una reazione di presa a pugno, oppure del riflesso di suzione che avviene in genere sfiorando l’angolo della bocca provocando una rotazione della testa in direzione dello stimolo, in seguito labbra e lingua cercheranno di avvicinare lo stimolo. Se il neonato trova lo stimolo, la lingua si ritira, le labbra si chiudono ed inizia la suzione: tale riflesso permette al bambino di alimentarsi.
Le risposte automatiche
Le risposte automatiche, ovvero il controllo automatico, sono movimenti raffinati, coordinati ma automatici e ancora diversi dalle risposte volontarie. Un esempio di tale concetto può essere offerto dalla guida dell’automobile: chi guida abitualmente riesce a muovere i comandi dell’automobile in maniera automatica, parlando in contemporanea con il passeggero e magari ascoltando la musica che proviene dall’autoradio. Chi invece è alle prime armi o non guida da molto tempo, per eseguire in maniera coordinata i movimenti che permettono all’automobile di muoversi, ha bisogno di riflettere su quali movimenti eseguire per primi, quindi non riuscirà facilmente a sostenere una conversazione con il passeggero perché, per esempio, per frenare deve pensare a quale pedale premere fra i tre a disposizione o per far ripartire l’auto deve pensare di schiacciare a fondo la frizione prima di inserire la marcia. Se il guidatore esperto si trova in una strada trafficata e deve improvvisamente frenare sarà in grado di farlo velocemente senza riflettere per via dell’apprendimento di movimenti automatici, cosa che invece per il guidatore alle prime armi può essere meno immediata. I movimenti automatici del guidatore esperto avvengono grazie a precedenti acquisizioni in memoria (memoria procedurale), dovuti a esercizio continuo nell’abilità richiesta che porta ad avere maggiore esperienza, mentre nel caso del guidatore neofita è necessario che tali acquisizioni si stabilizzino in memoria prima di diventare risposte automatiche.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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