La valutazione clinica dei disturbi del comportamento

MEDICINA ONLINE EMOZIONI PERSONALITA TRISTEZZA MENTE CERVELLO PSICOLOGIA PSICOTERAPIA PSICHIATRIA DIPENDENZE DISTURBO DI PERSONALITA MASCHERE IPOCRISIA NARCISISMO PENSIERI MORTE SOFFERENZA DEPRESSIONE ANSIA OSSESSIVO COMPUL.jpgPer valutare il comportamento del paziente e suoi eventuali disturbi, il medico e lo psicoterapeuta utilizzano due strumenti principali: il colloquio e vari tipi di test.

Il colloquio è uno straordinario strumento attraverso il quale si può condurre un’anamnesi che consente di indagare diverse aree della vita del paziente e permette una valutazione dello stato emotivo  del paziente, una eventuale ricostruzione delle esperienze salienti della sua vita e una chiara definizione dei suoi problemi attuali e dei suoi obiettivi.

A fianco di un buon colloquio è utile fare uso di numerosi test psicodiagnostici che, oltre a definire le aree in cui un paziente può avere difficoltà, possono dare informazioni utili per comprendere elementi adatti per una loro comprensione e per indicare le potenziali risorse utilizzabili in fase di trattamento.
Nella valutazione clinica si darà risalto non solo a quelli che il paziente reputa i sintomi principali, ma anche a una serie di aree che è necessario approfondire per avere una
conoscenza olistica del paziente e del suo funzionamento. Da un punto di vista prettamente comportamentale è bene approfondire la presenza di eventuali sintomi, la loro intensità e frequenza, momento di esordio, contesto e modalità di presentazione del sintomo, eventuali soluzioni tentate e possibili risultati ottenuti; è bene valutare anche l’anamnesi farmacologica e abitudini comportamentali relative a sonno, alimentazione.
È necessario andare alla ricerca delle condizioni di apprendimento che hanno favorito l’insorgere, lo sviluppo e il mantenimento del comportamento patologico. Nella valutazione l’obiettivo è quello di ripercorrere la storia del sintomo e degli apprendimenti che hanno caratterizzato i comportamenti del paziente (sia patologici sia non patologici) nel corso della sua vita, indagando diverse aree: familiare, scolastica, sociale e affettiva.

Al momento del colloquio anamnestico è di fondamentale importanza valutare anche quello che viene definito comportamento non verbale (CNV) che entrambi i partecipanti alla conversazione possono mettere in atto. Bisogna infatti sempre tener presente che non è solo il paziente a parlare con il proprio corpo, ma lo fa anche chi raccoglie le informazioni, tuttavia in questa sede ci occuperemo solo del CNV del paziente. L’osservazione del CNV non solo ci dà informazioni sulle emozioni di soggetti normali, ma in ambito clinico diventa particolarmente importante per valutare individui che presentano disturbi del comportamento e in questi casi gli aspetti non verbali del comportamento diventano una miniera di informazioni per il medico e lo psicoterapeuta poiché particolarmente informativi in ambito clinico (Ricci Bitti, 1977).

Un’analisi attenta e contestata dei segnali non verbali manifestati da pazienti che presentano disturbi del comportamento permette una valutazione sistematica del processo in atto e, in particolare, dei problemi comunicativi sottesi al disturbo stesso.

Per quanto riguarda il repertorio non verbale messo in atto da persone che presentano disturbi mentali, si può affermare che non vi sono schemi di comportamento peculiari ed esclusivi, ma per lo più sono comportamenti comuni alle persone sane. Solo pochissime unità di comportamento non verbale osservate nei pazienti non sono osservabili negli altri individui; si tratta o dell’esibizione di schemi fortemente personali che possono fungere da schemi comunicativi o di risposte fisiche dovuti a effetti psicofarmacologici (per esempio, movimenti della bocca e della lingua dovuti all’inaridimento della mucosa provocato da farmaci ad azione centrale; oppure movimenti provocati da farmaci che agiscono sul sistema extrapiramidale).

Esistono invece differenze nettamente rilevabili a carico delle modalità d’uso degli schemi di comportamento: esse riguardano il restringimento, l’irrigidimento del repertorio e l’orientamento del comportamento. I pazienti schizofrenici, per esempio, difficilmente assumono un comportamento assertivo, ma più spesso si orientano verso schemi di comportamento connessi con la fuga (allontanamento dal luogo o dalle persone che costituiscono una minaccia) e il rifiuto con conseguente parziale restringimento del repertorio: infatti, in quel paziente in cui prevale un comportamento di fuga, mancherà probabilmente tutta la gamma di schemi aggressivi. Anche lo studio delle sequenze comportamentali dimostra la maggiore rigidità espressiva: soprattutto tali caratteristiche sono chiare nei comportamenti di tipo emotivo. Dalla letteratura, risulta concordemente il dato di una riduzione complessiva sul piano quantitativo di una serie di funzioni quali il percepire, il segnalare, il riconoscere, l’auto correggersi, il sincronizzare gli aspetti dell’interazione sociale. Se osserviamo i pazienti che presentano disturbi del comportamento possiamo notare delle differenze nei gesti, nel loro mostrarsi al clinico, nel tipo di sguardo che assumono.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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