Esistono dei luoghi e delle situazioni in cui, di regola, diventiamo un po’ nervosi. Quando ci capita la coda più lunga e più lenta alla cassa del supermercato, per esempio, in genere non mostriamo il nostro aspetto più simpatico. Eppure, anche in contesti di questo tipo può scattare qualcosa che induce a cambiare atteggiamento: sorridiamo, ammicchiamo, cominciamo forse a parlare con una voce leggermente alterata e a dire delle cose non troppo intelligenti. Per fare in modo che ciò avvenga, è sufficiente che si avvicini un bambino piccolo: ciò spesso basta per provocare il mutamento repentino del nostro comportamento.
A dire il vero, a volte, anche il cucciolo di un cane un po’ goffo ha lo stesso effetto. Certo, il grado di commozione dipende dal carattere delle persone, dal loro sesso e dal tipo di cultura in cui sono cresciuti, ma anche l’uomo più duro, secondo Irenäus Eibl-Eibesfeldt (Vienna, 15 giugno 1928 – Starnberg, 2 giugno 2018), non può sottrarsi del tutto a tale meccanismo. Non a caso, afferma l’etologo austriaco, figure come Topolino, Bambi, e Paperino godono di successo globale: nei loro tratti è riprodotta in modo accentuato la forma della testa infantile. Sembra infatti che in tutto il mondo la fronte alta, la testa più grande in rapporto al corpo e gli occhi grandi del bambino piccolo attirino un interesse affettuoso da parte dei più grandi, a prescindere dalla cultura o dall’epoca di riferimento. Anche la pubblicità sa trarre profitto da questo fatto: le immagini di lattanti sembrano utili per reclamizzare non solo pannolini e biberon, ma anche indifferentemente palloni da calcio, carta igienica, macchine o banche, tanto è potente il loro effetto coinvolgente in noi che li guardiamo. A volte si levano delle voci critiche in proposito, ma non pare che il dibattito pubblico possa intralciare il funzionamento quasi automatico di un mezzo pubblicitario, tutto sommato, abbastanza trasparente. Secondo l’etologo Eibl-Eibesfeldt ciò è dovuto al fatto che il legame tra lo stimolo (una figura infantile) e la reazione umana (interesse affettuoso) è basato su fattori innati.
Il metodo dell’etologia umana
La portata della tesi che un determinato comportamento sia innato va ben al di là della semplice constatazione che sia molto diffuso. Non è facile per noi umani ammettere che alcune delle nostre azioni sono determinate non da valori culturali o da decisioni personali, bensì da meccanismi che abbiamo ereditato. Infatti, le vie che gli studiosi del comportamento umano percorrono per giungere ad affermazioni di questo tipo sono lunghe e insidiose. Prima di poter dimostrare che un atteggiamento è causato da elementi innati, occorre provare che questo sia universalmente diffuso. Eibl- Eibesfeldt ha raccolto una vasta documentazione – filmati, registrazioni, verbali di osservazione – sul comportamento degli uomini di tutti i continenti e di numerose culture diverse. Alla conclusione della sua ricerca, lo studioso si sente in diritto di affermare che tutti gli uomini, che siano i boscimani dell’Africa meridionale o gli uomini d’affari newyorkesi, manifestano una tendenza ad alterare il proprio atteggiamento in presenza di bambini piccoli, perciò questo comportamento può essere considerato effettivamente innato nell’essere umano. Tuttavia anche un comportamento universalmente diffuso potrebbe essere appreso e modellato, per esempio, su determinate esperienze che – più o meno felicemente – accomunano tutti gli esseri umani. Tutti siamo stati accuditi da piccoli e abbiamo presente che il cucciolo d’uomo ha bisogno di protezione. Ma già l’esperienza quotidiana insegna che il nostro agire di regola non tiene tanto conto dei bisogni altrui. Inoltre, dal punto di vista del singolo, la propensione a commuoversi di fronte a un bambino ha poco di razionale, perché non è tesa a una gratificazione esterna, come spiega Eibl- Eibesfeldt.
Il tentativo di spiegare le nostre reazioni emotive verso le caratteristiche infantili con la teoria dell’apprendimento [ … ] incontra varie difficoltà. Il lattante ripaga infatti le attenzioni prestategli solo e unicamente con la sua tenerezza. Per il resto, il suo comportamento è piuttosto di peso e di disturbo: infatti strilla, si sporca e richiede non poche fatiche.
(Irenaus Eibl- Eibesfeldt, Etologia umana, Bollati Boringhieri, Torino 1993)
Una razionalità diversa
Ammesso che per il singolo non sia conveniente, esiste in ogni caso un motivo razionale perché un bambino susciti negli adulti un comportamento affettuoso e protettivo. Se così non fosse, la maggioranza dei neonati umani non sopravvivrebbe ai primi giorni di vita e l’umanità sarebbe già estinta da tempo. Tale razionalità, tuttavia, prescinde dalle considerazioni e dall’interesse dell’individuo, perché è orientata verso l’interesse dell’umanità nel senso biologico. Accudire e proteggere i bambini piccoli è in funzione della sopravvivenza della specie umana. E’ questo il terzo argomento addotto dall’etologo a sostegno della sua tesi che il comportamento in questione sia innato: si tratta di un elemento funzionale la cui diffusione durante l’evoluzione delle specie è facilmente spiegabile. A questo punto sorge un ulteriore dubbio. Se l’atteggiamento affettuoso verso i piccoli si è sviluppato durante l’evoluzione degli esseri viventi, per essere infine tramandato all’uomo, almeno gli animali più vicini all’uomo dovrebbero mostrare dei meccanismi comportamentali molto simili. Gli studi dell’etologia animale, ovvero dei vertebrati in generale e dei primati in particolare, danno conferma di tale ipotesi.
Il meccanismo scatenante
L’effetto suscitato dalla vista di un bambino piccolo da parte di un adulto non è certo l’unico meccanismo comportamentale a cui riusciamo a sottrarci solo con un certo impegno. Uno sguardo alla pubblicità può farci rendere conto che, in questo ambito, si cerca di far leva su stimoli molto semplici. Tra le immagini più utilizzate, quella del seno femminile in copertina è spesso oggetto di discussioni, e ogni uomo sa benissimo che l’editore della rivista, quando decide di mettere in evidenza il nudo femminile, gli tende una trappola; eppure, l’occhio del maschio cade proprio su ciò che è stato predisposto per lui. In genere, gli effetti della foto di un seno, di un gluteo, di spalle larghe o di addomi muscolosi vengono attribuiti all’influenza di una spinta sessuale, tuttavia, riferimenti di questo tipo non sono sufficienti per spiegare il fascino particolare di determinati parti del corpo umano e nemmeno l’attrazione esercitata dalla vista di fotografie o disegni. Occorre distinguere tra l’impulso, come quello sessuale, da un lato, e i meccanismi che intervengono quando tale spinta sfocia in un determinato comportamento, dall’altro lato. In etologia tali meccanismi vengono chiamati “stimoli scatenanti”.
Pur senza addestramento specifico, gli animali sono in grado di reagire a taluni stimoli dell’ambiente in modo teleonomico, ovvero significativo per la conservazione della specie, grazie agli speciali rilevatori di cui dispongono. [ … ] Tali rilevatori, noti come meccanismi scatenanti innati, agiscono da filtri, nel senso che danno il via a certi moduli comportamentali solo in presenza di configurazioni di stimoli ben determinate. Nel mondo animale, molte reazioni sociali vengono attivate per il loro tramite. Nei casi in cui per chi emette un segnale è molto importante essere ‘capito’ correttamente, il trasmettitore e il ricevitore dello stimolo sono sintonizzati.
(Irenaus Eibl- Eibesfeldt, Etologia della guerra, Bollati Boringhieri, Torino 1983)
Numerosi sono gli esempi del funzionamento di stimoli scatenanti nella vita animale. Ad esempio i piccoli uccelli nel nido spalancano il becco, la cui colorazione interna provoca nell’uccello madre i movimenti necessari per imbeccare i piccoli. Ancora: una certa colorazione della pancia di un piccolo pesce porta gli altri a evitarlo o a aggredirlo.
Il corteggiamento e gli impulsi
L’effetto dei meccanismi scatenanti non si limita a comportamenti semplici, ma si verifica anche in comportamenti più complessi: un’anatra femmina riconosce quando il maschio la sta corteggiando, anche quando non abbia mai visto manifestarsi questo tipo di comportamento. Secondo Eibl-Eibesfeldt, anche nel corteggiamento umano si riproducono dei meccanismi innati. Non a caso, alcune delle modalità secondo cui un uomo e una donna si avvicinano sono comprensibili universalmente, al di là delle barriere culturali. Il maschio cerca di dimostrare la sua superiorità fisica e mentale rispetto a eventuali contendenti e, nel contempo, deve far intendere che le sue doti di forza sono a disposizione della donna, e non rivolte contro di lei. La donna – sostiene l’etologo – a sua volta dà certi segnali di sottomissione: per esempio, gioca coi capelli mostrando il collo, cioè una parte del corpo vulnerabile che viene resa facilmente accessibile ad un individuo e non agli altri. Infine, entrambi emettono dei segnali tipicamente infantili per manifestare il loro bisogno di affetto e di attenzione. Descritto in tali termini, il nostro comportamento sembra governato da automatismi e noi non saremmo quindi altro che piccoli robot. Ma gli studiosi dell’etologia sono ben lungi da sostenere un’affermazione di questo tipo. A volte anche tra un uomo e una donna molto attraenti non si sviluppa la logica di corteggiamento, perché uno dei due si considera impegnato, ovvero, più in generale, “perché non è il momento giusto”. Anche in questo non ci distinguiamo dagli altri animali.
Gli animali non sono automi che si limitano a reagire in modo riflesso a stimoli esterni: essi agiscono anche in modo spontaneo, mossi da meccanismi di tipo fisiologico, i cosiddetti ‘meccanismi motivanti’ o ‘impulsi’. Con il termine ‘impulso’ si indica, in modo puramente descrittivo, il fatto che la spinta ha una causa interna, e non già che tali meccanismi sono costruiti secondo un unico modello.
(Irenaus Eibl- Eibesfeldt, Etologia umana, cit.)
Inteso in questo modo, per esempio, il movimento fisico di un animale o di un uomo non è soltanto legato al bisogno di raggiungere qualcosa, ma anche effetto di una spinta interna più o meno costantemente presente. La forma in cui si manifesta un tale impulso dipende da numerosi fattori. L’impulso sessuale può portare alla ricerca attiva di un partner piuttosto che alla produzione artistica. Altrettanto multiforme è l’impulso aggressivo che, secondo gli etologi, fa parte del corredo genetico dell’uomo. L’aggressività, almeno secondo Eibl-Eibesfeldt, si manifesta in tanti tipi di comportamento che nella nostra vita quotidiana non sono, però, considerati aggressivi.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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