Disturbo da gioco d’azzardo: esposizione a segnali evocati, colloquio motivazionale, terapia famigliare

MEDICINA ONLINE MEDICO PAZIENTE ANAMNESI VISITA ESAME OBIETTIVO IDIOPATICO SINTOMI DOLORE STUDIO OSPEDALE AMBULATORIO CONSIGLIO AIUTO DOTTORE INFERMIERE PRESCRIZIONE FARMACO DIAGNOSIIl disturbo da gioco d’azzardo (DGA), precedentemente noto come “gioco d’azzardo patologico” è un comportamento problematico legato al gioco d’azzardo caratterizzato dall’incapacità di resistere alla tentazione persistente, ricorrente e maladattiva di giocare somme di denaro, in genere sempre più elevate, per alleviare una sensazione di tensione da cui il giocatore non riesce a liberarsi. Il disturbo da gioco d’azzardo compromette sia la salute psico-fisica del giocatore sia la sfera lavorativa e relazionale dell’individuo, a causa dei problemi economici e legali conseguenti. Nonostante i costi personali significativi conseguenti al disturbo da gioco d’azzardo, le ricerche evidenziano che solo una piccola percentuale dei soggetti affetti richiede formalmente il trattamento in particolare perché il giocatore è spesso convinto di non avere alcun problema e non si rende conto di quanto sta investendo in termini di soldi, di tempo, di perdita di relazioni umane, di perdita delle performance lavorative e di perdita della qualità della vita in generale. Se anche intuisce di avere una dipendenza da gioco d’azzardo, egli spesso:

  • non crede di avere un problema;
  • è convinto di riuscire a gestire il problema da solo;
  • non sa a chi rivolgersi;
  • ha un senso di vergogna per il proprio problema.

Nella maggior parte dei casi il decorso è cronico ed il paziente non riesce ad affrontare da solo il problema. Fortunatamente, esistono diverse terapie potenzialmente efficaci per questi pazienti, specie se messe in atto contemporaneamente, tra cui terapie psicosociali e farmacologiche. Tra le terapie psicosociali, ricordiamo:

  • la terapia cognitivo-comportamentale e quella cognitiva motivazionale comportamentale,
  • l’esposizione a segnali evocati,
  • il colloquio motivazionale,
  • le terapie familiari.

In questo articolo ci occuperemo dell’esposizione a segnali evocati, del colloquio motivazionale e della terapia famigliare per la cura del disturbo da gioco d’azzardo.

Esposizione a segnali evocati

L’esposizione a segnali evocati, basata sul classico condizionamento, è una forma molto validata di TCC (terapia cognitivo-comportamentale) usata nel trattamento di problemi legati a fobie (Foa e Kozak, 1986). Essa si prefigge di annullare la risposta condizionata tramite 1’esposizione ripetuta allo stimolo correlato al comportamento senza le relative conseguenze. Vi sono evidenze secondo cui la reattività ai segnali evocati di stimoli rilevanti appare un fattore importante per le recidive nelle dipendenze patologiche, specie nel caso di depressione del tono dell’umore (Cooney, Litt, Morse, Bauer e Gaupp, 1997). Gli studi sull’ esposizione ai segnali evocati nel disturbo da gioco d’azzardo (Kushner e al., 2007; McConaghy, Blaszczynski e Frankova, 1991) hanno prodotto finora risultati positivi, nonostante siano solo pochi i trial randomizzati e controllati.
Il primo studio randomizzato ha confrontato la desensibilizzazione immaginativa (in cui si insegna ai soggetti come rilassarsi e quindi si chiede loro di immaginare e resistere a stimoli che li inducono a giocare d’azzardo) con la tradizionale terapia dell’avversione (McConaghy, Armstrong, Blaszczynski e Allcock, 1983). Entrambe le terapie avevano effetti positivi, ma la desensibilizzazione immaginativa di gruppo era più efficace nel ridurre le pulsioni a giocare d’azzardo e le azioni conseguenti. In un secondo studio, 20 soggetti ricoverati sono stati assegnati casualmente alla desensibilizzazione immaginativa o al rilassamento immaginativo, per quattordici sedute nell’arco di una settimana. Entrambi i gruppi presentavano miglioramenti dopo il trattamento, ma questi non persistevano, nei due casi, dopo un follow-up di 12 mesi (McConaghy, Armstrong, Blaszczynski e Allcock, 1988).

In uno studio più ampio, 120 soggetti sono stati assegnati con criterio casuale a terapia dell’avversione, desensibilizzazione immaginativa, desensibilizzazione dal vivo o rilassamento immaginativo. I soggetti assegnati alla desensibilizzazione immaginativa riportavano gli esiti migliori a un mese e fino a 9 anni
dopo il trattamento (McConaghy, Blaszczynski e Frankova, 1991).
Utilizzando la desensibilizzazione immaginativa e associando l’esposizione a segnali evocativi con induzione del tono depressivo dell’umore, Grant e colleghi (2009) hanno valutato 68 giocatori d’azzardo trattati con sei sessioni terapeutiche o inviati all’Anonima Giocatori d’Azzardo. L’induzione di un tono dell’umore depresso consisteva nello spingere a concentrarsi sulle conseguenze negative del comportamento problematico mentre era in atto la pulsione a giocare d’azzardo. Sono state elaborate frasi idiosincratiche per ciascun giocatore d’azzardo, inclusi segnali collegati al comportamento con
l’intento di attivare la pulsione al gioco d’azzardo con l’ausilio dell’immaginazione (ascoltando ripetutamente la frase registrata). Le frasi mettevano in risalto attività interiori, quali pensieri ed emozioni verificatisi in precedenza, durante e dopo una sessione di gioco d’azzardo (ad esempio euforia prima e durante il gioco e disforia e agitazione dopo aver giocato). Nello studio, gli aspetti piacevoli della frase (cioè attesa del gioco d’azzardo ed eccitazione iniziale) erano seguiti dalle conseguenze negative del gioco d’azzardo, specifiche ·per. ciascun giocatore (induzione del tono depressivo dell’umore).
Grant e colleghi hanno osservato che il 64% dei soggetti trattati con l’esposizione immaginativa e con l’induzione del tono depressivo dell’umore in un programma di TCC in sei sessioni poteva astenersi dal gioco d’azzardo per un mese rispetto al 17% dei soggetti inviati con criterio casuale all’Anonima Giocatori d’Azzardo, Nel gruppo trattato con esposizione immaginativa e induzione del tono depressivo dell’umore, nell’ambito dei pazienti che avevano risposto alla terapia dopo sei sessioni, il 77% dei
soggetti manteneva la risposta a 6 mesi (Grant, Donahue, Odlaug e Kim, 2011).

Colloquio motivazionale

Il colloquio motivazionale è empatico e fa leva sui punti di forza del soggetto per potenziare autonomamente l’efficacia nei cambiamenti comportamentali. È stato utilizzato in associazione con la TCC o da solo, in interventi di breve durata o sotto forma di terapia di gruppo. Una recente revisione Cochrane sul trattamento del gioco d’azzardo (Cowlishaw et al., 2012) ha dimostrato in via preliminare alcuni benefici derivanti dal colloquio motivazionale nel trattamento del disturbo da gioco d’azzardo,
Comunque la revisione sottolineava che i risultati si basano su studi limitati. In uno studio, Dickerson, Hinchy e England (1990) hanno assegnato con criterio casuale 29 soggetti all’auto-aiuto mediante testo di esercizi oppure a questo approccio più un colloquio approfondito. Il testo di esercizi si fondava su tecniche di TCC e di rafforzamento motivazionale. Entrambi i gruppi hanno riportato riduzioni significative del gioco d’azzardo a un follow-up di 6 mesi.
Hodgins e colleghi (2001) hanno assegnato 102 giocatori d’azzardo all’auto-aiuto mediante un testo di esercizi di TCC, un testo di esercizi associato a un intervento telefonico di rafforzamento motivazionale o a una lista di attesa. Le percentuali di astensione a un follow-up di 6 mesi non differivano tra i gruppi, sebbene la frequenza del gioco d’azzardo e le somme di denaro perso al gioco fossero inferiori nel gruppo dell’intervento motivazionale. Rispetto al solo auto-aiuto con testo di esercizi, l’intervento motivazionale insieme con il testo di esercizi riducevano il gioco d’azzardo durante un follow-up di 2 anni; è interessante notare che il 77% dell’intera casistica in follow-up poteva considerarsi migliorato in occasione della valutazione a due anni (Hodgins, Currie, el-Guebaly e Peden, 2004).

Un altro studio ha confrontato un modulo in sessione unica di colloquio motivazionale più l’auto-aiuto con testo di esercizi, e quest’ultimo più il colloquio di trenta minuti con un terapeuta circa il gioco d’azzardo (Diskin e Hodgins, 2009). Al follow-up a 12 mesi, i soggetti che avevano ricevuto il colloquio motivazionale più l’auto-aiuto con testo di esercizi giocavano meno e perdevano meno denaro rispetto al gruppo del solo auto-aiuto (Diskin e Hodgins, 2009).
Il colloquio motivazionale è stato anche utilizzato sotto forma di terapia di gruppo. Oei e colleghi (2010) hanno assegnato con criterio casuale 102 giocatori d’azzardo a 6 settimane di TCC individuale o di gruppo con colloquio motivazionale. Al termine del trattamento e al follow-up di 6 mesi, i soggetti che completavano il programma individuale di TCC presentavano benefici più protratti per quanto riguardava la gravità del gioco d’azzardo rispetto a quelli in TCC di gruppo e ai soggetti di controllo in lista di attesa (sebbene la TCC di gruppo avesse esiti significativi rispetto a quanto osservato
nei soggetti di controllo in lista di attesa) (Oei, Raylu e Casey, 2010).

Due interventi motivazionali auto diretti sono stati confrontati in 314 giocatori d’azzardo patologici con controlli in lista di attesa per 6 settimane e controlli in solo auto-aiuto con testo di esercizi. La terapia motivazionale breve comprendeva un colloquio motivazionale telefonico e l’invio per posta di un testo di esercizi di auto-aiuto. La terapia motivazionale breve con rinforzo comprendeva un colloquio motivazionale telefonico, l’auto-aiuto con testo di esercizi e sei ulteriori colloqui telefonici nell’arco di 9 mesi. Sia i soggetti in terapia breve sia quelli in terapia breve con rinforzo presentavano una riduzione del gioco d’azzardo a 6 settimane rispetto ai soggetti di controllo. Inoltre i soggetti in terapia breve e quelli in terapia breve con rinforzo giocavano d’azzardo significativamente di meno, nei primi 6 mesi di follow-up, rispetto a soggetti in solo auto-aiuto con testo di esercizi. Comunque, i pazienti in terapia breve con rinforzo non presentavano miglioramenti in più rispetto a quelli in sola terapia breve (Hodgins, Currie, Currie e Fick, 2009).
Un’associazione analoga di colloquio motivazionale e TCC è stata adattata al formato digitale tramite Internet (Carlbring e Smit, 2008) con un supporto telefonico da parte del terapeuta per coloro che accedevano al materiale per il trattamento online. I soggetti di controllo in lista di attesa sono stati confrontati con il programma di TCC tramite Internet della durata di 8 settimane con contatti minimi con il terapeuta tramite e-mail e colloqui telefonici settimanali di durata inferiore a 15 minuti. L’intervento tramite Internet ha indotto cambiamenti favorevoli in gioco d’azzardo, ansia, depres-
sione e qualità della vita. I follow-up del gruppo trattato, a 6, 18 e 36 mesi, indicavano
che gli effetti del trattamento persistevano.

Un insieme di 150 pazienti essenzialmente autoarruolatisi per problemi di gioco d’azzardo in atto o per gioco d’azzardo patologico è stato assegnato casualmente a quattro sessioni individuali di colloquio motivazionale, otto sessioni di TCC di gruppo o alla lista d’attesa di controllo senza trattamento. A breve termine, il trattamento si è dimostrato superiore, per determinati aspetti, alla condizione di controllo senza trattamento, ma in nessun momento sono state rilevate differenze tra il colloquio motivazionale e la TCC di gruppo. Piuttosto, entrambi gli interventi facevano registrare riduzioni significative, nell’ambito dei gruppi, della maggior parte degli esiti valutati nel follow-up fino a 12 mesi (Carlbring,]onsson,]osephson e Forsberg, 2010) .

Uno studio controllato randomizzato ha dimostrato che una sessione di 10 minuti di consigli comportamentali, una sessione di terapia di rafforzamento motivazionale o una sessione di terapia di rafforzamento motivazionale più tre sessioni di TCC apparivano tutte ugualmente efficaci nel ridurre il gioco d’azzardo in un campione di 117 studenti universitari con gioco d’azzardo problematico o patologico (Petry, Weinstock, Morasco e Ledgerwood, 2009). Due studi su casistica poco estesa hanno dimostrato che l’aggiunta del colloquio motivazionale alla TCC riduce lo stress da trattamento e
migliora gli esiti (Diskin e Hodgins, 2009; Wulfert, Blanchard e Freidenberg, 2006).
In generale, le percentuali di uscita per rinuncia dai trattamenti psicosociali sono frequenti, per cui gli interventi che favoriscono il completamento del programma terapeutico da parte dei pazienti hanno potenzialmente un grande valore.

Terapia familiare

Le famiglie dei giocatori d’azzardo spesso provano un senso di insoddisfazione e sfiducia per il clima “non sincero” spesso associato al disturbo da gioco d’azzardo (Mazzoleni, Gorenstein, Fuentes e Tavares, 2009). L’Anonima Giocatori d’Azzardo per le famiglie, anche nota come GAM-ANON e sorta sul modello dell’AL-ANON (per le dipendenze patologiche da sostanze), è nata come programma a favore delle famiglie e degli amici dei giocatori d’azzardo compulsivi al fine di sostenerli nella compren sione e nella gestione di queste sensazioni e dei danni alle relazioni interpersonali conseguenti al gioco d’azzardo problematico (Vander Bilt e Franklin, 2003). In uno studio su casistica poco estesa (n = 43) volto a valutare gli effetti del coinvolgimento della famiglia nella GAM-ANON, con particolare riguardo al caso delle recidive quando sono coinvolte mogli/altre persone significative nell’ Anonima Giocatori d’Azzardo, Zion, Tracy e Abell (1991) non hanno trovato alcuna relazione tra questo coinvolgi mento nella GAM-ANON e le recidive dei pazienti.
In due studi controllati randomizzati (Hodgins, Toneatto, Makarchuk, Skinner e Vincent, 2007; Makarchuk, Hodgins e Peden, 2002) è stato valutato l’auto-aiuto tramite testo di esercizi sul modello della Community Reinforcement and Farnily Therapy (CRAFT) adattata al gioco d’azzardo. Nella CRAFT, i familiari imparano modalità di comportamento volte a rafforzare l’evitamento del gioco d’azzardo da parte dei loro cari che non stanno affrontando il proprio problema. Sebbene siano stati evidenziati in entrambi gli studi effetti positivi per i giocatori d’azzardo e per i loro familiari, gli stessi studi hanno dimostrato che le modalità di comportamento erano troppo complesse per i familiari per poterle applicare senza l’aiuto di un terapeuta (Hodgins et al., 2007).
È stato valutato anche nel gioco d’azzardo un programma volto a conferire capacità di gestione dei problemi legati all’ etilismo. Il programma consisteva in dieci sessioni individuali settimanali che insegnavano strategie gestionali più efficaci. Uno studio controllato randomizzato su casistica poco estesa (n = 23) di confronto tra questo progranuna per l’apprendimento di strategie gestionali e il trattamento a posteriori della condizione, ha dimostrato che i partner dei giocatori d’azzardo miglioravano le loro capacità di affrontare le sensazioni legate all’ansia e alla depressione. Il gioco d’azzardo del partner si riduceva in entrambi i casi, ma senza differenze significative, né differiva la richiesta d’aiuto al partner (Rychtarik e McGillicuddy, 2006).

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
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