La “sindrome della seconda media” in psicologia e medicina descrive la situazione in cui individui adolescenti, adulti o anziani si comportano come se avessero ancora l’età dei bambini del terzo anno della scuola secondaria di primo grado italiana (comunemente detta “scuola media”), cioè circa 12 o 13 anni. Il fenomeno è stato rilevato le prime volte in Giappone, ma si sta oggi diffondendo anche in Europa e nel resto del mondo.
Altre denominazioni
La “sindrome della seconda media” viene anche chiamata “sindrome della terza media” perché i bambini che frequentano la seconda media in Giappone, corrispondono per età a quelli che in Italia frequentano la terza media, cioè 12 o 13 anni. Il modo giapponese per denominare la sindrome è “chūnibyō” (in giapponese 中二病), a colte riportato come “chuunibyou“, abbreviato “chūni“. Il termine chūnibyō è nato inizialmente come termine slang usato nel linguaggio di manga (fumetti giapponesi), anime (cartoni giapponesi), visual novel e prodotti affini della cultura giapponese otaku. La sindrome viene anche chiamata:
- sindrome dell’ottavo grado;
- crisi dei pubescenti;
- malattia dei quattordicenni;
- schizofrenia ebefrenica;
- schizofrenia disorganizzata;
- ebefrenia;
- psicosi della giovinezza.
Età e sesso
Il soggetto chūnibyō ha superato da alcuni anni il periodo delle scuole medie. In genere ha un’età compresa tra i 18 ed i 30 anni, anche se non è impossibile trovare soggetti anche anziani affetti dalla sindrome della seconda media. Il soggetto chūnibyō è generalmente di sesso maschile, anche se esistono anche rari casi di chūnibyō femmine.
Caratteristiche
Il soggetto chūnibyō – nonostante l’età – continua a comportarsi come se fosse ancora un bambino o un adolescente. In genere è cinico ed egocentrico ma – soprattutto – ha una intensa mania di onnipotenza. Può avere fantasie, non sempre ben distinte dalla realtà, nelle quali ha superpoteri (nascosti tipicamente in un braccio oppure in un occhio). A volte tali superpoteri non sono “biologici” (cioè non risiedono all’interno del proprio corpo), ma risiedono in specifici ed improbabili gadget tecnologici da lui costruiti.
Il soggetto chūnibyō è in genere affascinato dalla tecnologia, dai computer, dai videogiochi, da storie di antiche e/o moderne cospirazioni, dalla mitologia nordica e da epopee guerresche con battaglie per il destino del multiverso, o da altre disinvolte commistioni tra fantascienza e fantasy. Il chūnibyō più consumato annette tali elementi narrativi alla realtà, integrandoli nella propria storia personale quando parla di sé: egli diventa quindi il protagonista di una cospirazione o di un videogame, o di una storia fantascientifica come quella del film “Matrix”, oppure si ritiene la reincarnazione di qualche personaggio epico del passato, come ad esempio un glorioso guerriero.
Altri sintomi possono essere:
- irascibilità;
- nevrosi;
- apatia;
- stati emotivi non giustificati (per esempio allegria o tristezza immotivate);
- improvvise crisi di ansia;
- asocialità.
Nei casi più gravi si possono verificare:
- distacco dalla realtà;
- allucinazioni audio-visive;
- comportamenti violenti;
- comportamenti illegali.
Alcuni chūnibyō pensano di essere in grado di viaggiare nel tempo o credono nelle teorie dei viaggiatori del tempo come John Titor, il nome utilizzato nei primi anni 2000 da un utente di vari forum su internet, che si dichiarava un soldato statunitense proveniente dall’anno 2036 reclutato in un progetto governativo di viaggi nel tempo.
Il soggetto chūnibyō è a volte anche un appassionato di videogiochi online (in alcuni casi ha anche una dipendenza da videogiochi e/o dipendenza da internet) o un otaku. Per approfondire, leggi anche: Otaku ed anime: significato, tipologie e caratteristiche patologiche
Rapporti con gli altri
Il soggetto chūnibyō ha, paradossalmente, paura di essere trattato come un bambino dagli altri e reagisce a tale paura, ostentando un carattere maniacale. In genere le persone attorno a lui tendono a deriderlo o giudicarlo patetico o – nei casi peggiori – considerarlo non del tutto mentalmente sano, ignorarlo ed isolarlo. Il soggetto chūnibyō è spesso vittima di abusi scolastici (bullismo) e tende a rinchiudersi nel proprio mondo, da solo o accerchiato da un piccolo gruppo di persone che lo seguono nelle sue fantasticherie. Il soggetto è infatti spesso un tipo che non ha amici ma, grazie alla storia che racconta, può crearsi un gruppo di altre persone affascinate dalla sua narrazione e dal modo in cui si sentono da lui valorizzate. In alcuni casi si può verificare una folie à plusieurs. Per approfondire, leggi: Folie à deux (disturbo psicotico condiviso): cause, sintomi, conseguenze, diagnosi e terapie
Tipologie di chūnibyō
Le tipologie di questa chūnibyō sono fondamentalmente tre:
- tipo occhio maligno (evil eye) : il soggetto si crede il personaggio di una storia dove sono presenti aspetti mistici e fantastici; crede di possedere poteri speciali particolari o di racchiudere spiriti maligni; è convinto di dover affrontare missioni particolari “top secret”. Il soggetto si inventa un alias, cioè un nome mistico e generalmente altisonante, e si arrabbia se gli altri non lo chiamano così bensì col suo nome vero. Il soggetto a volte si inventa alias e titoli anche per i suoi amici, che possono diventare “collaboratori” o “aiutanti” nella missione. Il soggetto si inventa improbabili titoli per sé stesso (ad esempio “Capo supremo dell’Organizzazione X”), si comporta in modo teatrale ed usa linguaggio ricercato ed altisonante. Il soggetto si veste in modo stravagante, ad esempio indossa un camice;
- tipo DQN (dokyun): il soggetto si mostra con caratteristiche tipiche del disturbo antisociale di personalità, anche se ha un carattere mite. I suoi comportamenti sono di solito rudi nel porsi e nel parlare, tendendo a trattare “male” l’interlocutore. Tende ad inventare storie fantasiose di comportamenti antisociali (risse tra bande, atti di teppismo, rapine…). A volte indossa bende per coprire improbabili “ferite da rissa”. In alcuni casi compie realmente atti antisociali;
- tipo sub-cultura (subculture): il soggetto si vuol distinguere seguendo forzatamente trend particolari della sub-cultura (di nicchia), non perché ne sia particolarmente attratto, ma al solo scopo di sembrare affascinante, particolare ed interessante di fronte all’interlocutore.
Famiglia e società
Le famiglie del soggetto chūnibyō grave, tendono a vivere la situazione con molta sofferenza e paura del giudizio degli altri. I genitori tendono a vergognarsi del comportamento del figlio e minimizzano con gli altri l’entità del problema, ritardando la diagnosi e le cure, col risultato che il soggetto spesso peggiora. La ferrea società giapponese tratta il problema in maniera distaccata, nascosta, come fosse un imbarazzo e non come un possibile problema psicologico che dovrebbe essere corretto subito, esattamente come accade per gli Hikikomori: come spessissimo purtroppo accade in Giappone, tutto ciò che può creare imbarazzo alla società è isolato, tenuto nascosto ed emarginato.
Cause
Le cause della sindrome della seconda media non sono ancora del tutto note. In base alla nostra esperienza i soggetti con tale sindrome hanno in genere di recente affrontato un trauma – come un lutto o una grave perdita – che non riescono ad affrontare razionalmente, quindi lo rimuovono rifugiandosi in un mondo dove sono invincibili e dove il loro senso di inferiorità viene compensato con un senso di superiorità portato all’estremo. La mancanza di qualità che il soggetto pensa di avere nella vita vera, si trasforma quindi in un insieme di qualità estreme, magiche e fantasiose nella sua narrazione.
La pressione scolastica e professionale in Giappone è elevatissima e chi non eccelle tende ad essere emarginato. Tale pressione è responsabile di un alto tasso di suicidi e del fenomeno Hikikomori. Probabilmente alcune persone più fragili, per “fuggire” da queste situazioni di pressione estrema, preferiscono rifugiarsi in un mondo tutto loro dove non devono subire giudizi e soprattutto in cui non devono sempre spingersi ai limiti per dimostrare qualcosa alla famiglia o alla società. Un mondo dove sono i protagonisti eroici di una storia affascinante.
I soggetti meno gravi, nei momenti di lucidità, riferiscono di comportarsi così per aiutare sé stessi e le persone a loro care a superare degli shock psicologici avvenuti nella vita reale. Il chūnibyō crede infatti che, sospendendo il senso di incredulità e tornando ad essere “ingenuo” e “pieno di fantasie” come un bambino, può creare per sé e i propri amici una sorta di corazza emotiva che li protegge dall’affrontare il problema a livello razionale, in una sorta di rimozione. Alcuni soggetti ammettono di non voler crescere psicologicamente per non dover competere ed essere sottoposti al giudizio o alla disapprovazione degli altri o confrontarsi con la loro aggressività.
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Esempi di personaggi chūnibyō
Il personaggio degli anime che maggiormente incarna il soggetto chūnibyō tipo “occhio maligno” è senza dubbio Rintarō Okabe, protagonista di Steins;Gate (2009). Fa riferimento al fenomeno chūnibyō anche la serie Chūnibyō demo koi ga shitai!.
Terapia
Nella maggioranza dei casi i soggetti chūnibyō, una volta superata l’adolescenza o comunque i 20 anni, tendono ad abbandonare spontaneamente il comportamento chūnibyō. Nei casi più gravi il comportamento perdura e peggiora, fino ad acquisire le caratteristiche del soggetto schizofrenico. Certamente è utile – nella maggioranza dei casi, una terapia farmacologica unita alla psicoterapia. La psicoterapia che sembra dare i risultati migliori è quella di orientamento cognitivo comportamentale. Possono essere associati farmaci ansiolitici come le benzodiazepine (Tavor, Xanax, Rivotril, Valium, Ansiolin, Lexotan) e quelli antidepressivi (SSRI). Nei casi più gravi possono essere utili i farmaci antipsicotici.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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