Spondilolistesi: esercizi, fisioterapia, operazione chirurgica

MEDICINA ONLINE CARROZZINA SEDIA A ROTELLE FISIOTERAPIA RIABILITAZIONE DISABILE SEDIA ROTELLE CERVELLO CRANIO EMORRAGIA CEREBRALE ISCHEMIA EMORRAGICA ICTUS PARAPLEGIA EMATOMA EMIPARESI EMIPLEGIA TETRAPARESI TETRAPCon “spondilolistesi” (anche chiamata “olistesi”, erroneamente chiamata “listesi”, in inglese “spondylolisthesis”) in medicina si indica una patologia della colonna vertebrale caratterizzata dall’anomalo spostamento di una vertebra rispetto ad un’altra vertebra contigua (vicina). Tali spostamenti in alcuni casi sono asintomatici, mentre in altri determinano un’alterazione della dinamica vertebrale con instabilità della colonna, oltre a vari sintomi tra cui dolore e deficit neurologici sensitivi e/o motori. In un precedente articolo ci eravamo occupati principalmente di epidemiologia, cause e sintomi della spondilolistesi. In questo articolo ci occuperemo invece della stadiazione della patologia e delle terapie possibili.

Gravità della spondilolistesi

Distinguiamo tre gradi di gravità:

  1. grado 1:Vi è un leggero scivolamento della vertebra, che alla lastra RX risulta di poco disallineata. Tale condizione si trova frequentemente nei giovani (quindi nelle primissime fasi dell’evoluzione), oppure nei soggetti adulti con una buona stabilità ed equilibrio muscolare. Tali pazienti possono non avere sintomi, visto che non vi sono compromissioni e soprattutto le strutture nervose riescono ad espletare la loro funzione in maniera corretta;
  2. grado 2: Statisticamente è quello più frequente, ed è caratterizzato da un marcato disallineamento di una vertebra rispetto la vertebra soprastante. Radiologicamente è chiara la condizione e alla risonanza magnetica è presente una compromissione di vario grado delle strutture neurologiche. Tanti sono i pazienti con grado 2, che comunque sono asintomatici per gran parte della vita… Compaiono i primi dolori generalmente in età medio-avanzata, quando appunto le strutture muscolari non sorreggono e non si equilibrano più, e lo scivolamento comincia ad essere marcato. Queste persone hanno necessità di un intervento fisioterapico graduale e costante. La fisioterapia in questi soggetti ha due scopi, mantenere il grado attuale e contrastare la sintomatologia;
  3. grado 3: Fortunatamente non sono così frequenti, ma comunque va ricordato che le persone cui viene riscontrato un grado 3, probabilmente hanno passato gli altri 2 gradi, e le cure non hanno sortito gli effetti necessari ad impedire il peggioramento dello scivolamento della vertebra. Arrivare a questo grado, è abbastanza grave, ed è auspicabile che il soggetto abbia effettuato correttamente e con costanza le terapie necessarie. Tale grado ha purtroppo indicazione chirurgica di stabilizzazione.

Sarà quindi fondamentale stadiare il grado attuale per poter valutare col tempo se la patologia è “stazionaria” o in evoluzione, in modo da prendere in tempo delle contromisure adatte. Nei casi in cui lo scivolamento sia inferiore al 50%, sarà possibile ricorrere a terapia conservativa ortesi esercizi di stabilizzazione e modificazione attività quotidiane, oltre tale percentuale è invece generalmente indicata la chirurgia.

Terapia

Il trattamento di una spondilolistesi, può essere:

  • farmacologico (analgesici e antinfiammatori);
  • ortopedico, con uso di corsetti;
  • fisioterapico, con cui si procede a ginnastica assistita;
  • chirurgico, con artrodesi degli archi vertebrali posteriori.

La prima cura per questa patologia è certamente l’astenersi da lavori e carichi pesanti che possono peggiorare la patologia, oltre a creare un sovraccarico importante sulla colonna lombare. Sono Assolutamente da evitare sport estremi che possano provocare dei traumi occasionali o ripetuti sulla colonna. La fisioterapia per la cura della spondilolistesi è fondamentale ed è importantissimo farla eseguire da un fisioterapista preparato e altamente specializzato, in quanto il trattamento con esercizi mirati deve seguire una strategia molto bel equilibrata, in quanto basta davvero poco per creare nuove problematiche e peggiorare una situazione instabile. Generalmente chi è affetto da spondilolistesi, ha una condizione precaria, in cui le forze muscolari che agiscono sulle vertebre, hanno in qualche modo un bilanciamento. Se questo equilibrio viene alterato da manovre articolari (mobilizzazione vertebrale, manovre osteopatiche), esercizi o movimenti, si può verificare un aumento della sintomatologia e c’è la possibilità che ci sia un peggioramento del grado di scivolamento. Per queste motivazioni è bene rivolgersi sempre ad un fisioterapista esperto.

Fisioterapia

La fisioterapia è quindi indicata per i gradi 1 e 2, e dovrà essere concordata con il medico Ortopedico o Neurochirurgo, nella scelta degli obiettivi e nei vari controlli che si devono susseguire nel tempo.

Generalmente suddivido la terapia in due fasi con obiettivi diversi:

  1. Fase 1 (riduzione del dolore e della contrattura muscolare): questa fase è sintomatologica, ovvero è orientata alla diminuzione del sintomo doloroso per il paziente, mediante una serie di terapie specifiche sulla muscolatura della colonna, dei glutei, e dell’addome. Se il quadro clinico non è molto grave, è possibile che ci sia una completa remissione della sintomatologia. Questo non vuol dire essere guariti bensì deve mettere le basi per un passaggio alla fase 2 che è da considerarsi la vera e propria cura. In questa fase sarà possibile contrastare il dolore mediante massoterapia, tecarterapia, laserterapia e trattamento fasciale. In questa fase può essere di aiuto il supporto di un piccolo corsetto o busto lombare che ha lo scopo di sostenere la muscolatura, soprattutto in alcune ore della giornata, oppure durante alcune faccende domestiche.
  2. Fase 2 (cura effettiva, mediante lavoro sulla muscolatura): questa fase è la vera e propria cura, in cui il fisioterapista cerca di riequilibrare e stabilizzare le forze che spingono verso lo scivolamento della vertebra. Naturalmente il fisioterapista dovrà come prima battuta effettuare una valutazione muscolare alla ricerca delle strutture che sono deboli, e personalizzare il proprio trattamento affinché possa essere nuovamente equilibrata la situazione e possa mantenersi nel tempo. Sarà fondamentale un lavoro completo sui muscoli stabilizzatori della colonna, sui glutei, e sui muscoli del core (specie gli addominali), oltre ad un rinforzo mirato dei quadricipiti. Tutti gli esercizi devono essere eseguiti in assenza di dolore e calibrati tenendo conto dei fattori soggettivi del paziente, tra cui età e stato generale di salute. Ogni terapia dovrà essere eseguita almeno due volte a settimana e aiutata magari con alcuni esercizi a casa, per poter massimizzare gli obiettivi preposti. In questo video sono illustrati alcuni esercizi base molto semplici che possono essere eseguiti a casa. Si consiglia di eseguirli tutti i giorni per pochi minuti, magari facendo serie di 15 secondi e gradualmente secondo stretta supervisione del vostro fisioterapista di fiducia si potrà aumentare la durata di ogni sessione. Particolare attenzione dovrà essere fatta con la rieducazione posturale, che mirerà a regolarizzare le catene muscolari anteriori e posteriori oltre a donare al soggetto una consapevolezza corporea nuova, che potrà essere acquisita anche con esercizi propriocettivi personalizzati. Per chi è affetto da questa patologia la cura definitiva non esiste, esiste invece un trattamento mirato e continuo nel tempo che riesce a migliorare la qualità di vita delle persone e riesce spesso a bloccare l’evoluzione della malattia.

Operazione chirurgica

L’intervento chirurgico è indirizzato nei confronti dei pazienti che hanno un grado 3, e lo scivolamento vertebrale comporta dei gravi sintomi neurologici come perdita di sensibilità, perdita di forza, e dolore lombare forte, che non migliora nonostante la fisioterapia. Principalmente l’obiettivo del chirurgo è quello di stabilizzare la colonna andando a contrastare lo scivolamento mediante una stabilizzazione chirurgica mediante delle placche e viti. Esistono moltissime tipologie di intervento, e spetta appunto allo specialista adattare la tecnica, alla tipologia di paziente, e scegliere l’accesso chirurgico corretto, che possa garantire al paziente una buona ripresa post chirurgica.

Fissazione strumentata

La fissazione strumentata è una delle tecniche chirurgiche usate in caso di spondilolistesi non rispondenti ai trattamenti conservativi; essa ha l’obiettivo di stabilizzare la colonna vertebrale ed eventualmente a risolvere la compressione delle strutture nervose quando presenti. L’intervento è eseguito con un neuronavigatore che guida la mano del chirurgo. Prima e durante l’intervento, infatti, viene eseguita una mappatura dettagliata delle strutture coinvolte. Le indicazioni per il ricorso alla fissazione strumentata, sono:

  • spondilolistesi gravi, che determinano sintomi severi e che non migliorano con le tecniche conservative;
  • spondilolistesi malformative;
  • spondilolistesi di origine traumatica;
  • spondilolistesi degenerative.

Il trattamento generalmente non esclude particolari categorie di pazienti e può essere eseguito virtualmente da qualsiasi tipo di paziente, anche se ovviamente ogni caso va valutato singolarmente. Il trattamento è generalmente efficace: ha una percentuale di successo stimata tra l’80 e il 95%. Pazienti più giovani, con prognosi precoce, con struttura muscolare del rachide ben sviluppata e motivati nel seguire la fisioterapia, hanno percentuali di successo più elevati.

Rischi

Qualsiasi intervento alla colonna vertebrale porta con sé comunque alcuni rischi sia intraoperatori che postoperatori, tra cui:

  • allergie a sostanze usate per l’anestesia;
  • allergie a materiali usati nell’intervento;
  • emorragie;
  • infezioni nel sito dell’operazione a livello superficiale: coinvolge la cute e il tessuto contiguo sottostante chiamato derma e si presenta con dolore localizzato in sede di ferita chirurgica con rossore, gonfiore e calore nella cute attorno all’incisione cutanea, spesso vi è fuoriuscita di liquido di color giallo, se non francamente purulento, di solito è maleodorante; il problema si risolve con antibiotici per via orale e disinfezione della cute;
  • infezioni nel sito dell’operazione a livello profondo: interessano il rachide con possibile coinvolgimento del disco intersomatico, dei tessuti contigui e della strumentazione spinale se presente. L’infezione profonda si presenta con dolore, febbre, brividi, sudorazione notturna, affaticamento o malessere; il problema si risolve con somministrazione endovenosa di antibiotici per un tempo prolungato, riposo a letto e anche il reintervento (non sempre);
  • polmoniti;
  • atelettasia;
  • trombosi venosa profonda (TVP);
  • embolia polmonare;
  • ileo paralitico postoperatorio;
  • irritazione dei nervi spinali;
  • danni al midollo spinale;
  • danni da posizionamento o movimentazione del paziente;
  • aracnoidite;
  • neuropatia ottica ischemica (molto raro);
  • lacerazione o fissurazione della dura madre;
  • danni nervosi anche permanenti (deficit motori e/o sensitivi);
  • decesso del paziente (molto raro).

Esecuzione di una fissazione strumentata

Le fasi di un intervento sono essenzialmente:

  1. il paziente è sottoposto ad esami preoperatori;
  2. per prepararsi è necessario rispettare il digiuno di almeno sei ore;
  3. il paziente viene portato in sala operatoria e fatto stendere sul letto operatorio in posizione prona (a pancia in giù);
  4. si esegue l’anestesia generale;
  5. viene eseguito uno studio radiologico con ricostruzione in 3D;
  6. il chirurgo pratica quindi un’incisione cutanea proporzionata all’estensione dell’area sui cui deve intervenire (in genere circa 8-10 centimetri);
  7. il chirurgo individua ed isola le strutture nervose, muscolari e ossee da trattare;
  8. viti peduncolari e barre di titanio stabilizzanti vengono fissate;
  9. se presente anche compressione delle radici dei nervi spinali, il chirurgo libera le strutture nervose dall’intrappolamento con trapanino ad alta velocità;
  10. il paziente si risveglia e viene messo in osservazione;
  11. il paziente rimane in ospedale per alcuni giorni.

Dopo l’operazione

Il fisioterapista prenderà in carico il paziente generalmente alcuni giorni dopo l’intervento, cercando di aiutare il paziente a compiere movimenti semplici, con articolazioni distanti. Sarà il neurochirurgo a tracciare le linee guida per il fisioterapista, che dovrà cercare di riequilibrare la muscolatura e aiutare la colonna ad adattarsi al blocco chirurgico imposto dalle placche. Anche qui il ruolo della rieducazione posturale è fondamentale e anzi, appena possibile sarà importante procedere con delle sedute, dapprima semplici, per poi diventare complesse. La terapia riabilitativa ha i seguenti principali obiettivi:

  • accelerare i tempi di recupero;
  • ridurre i sintomi;
  • favorire il più rapido recupero funzionale possibile;
  • favorire il reinserimento lavorativo;
  • insegnare al paziente esercizi e posture ottimali;
  • prevenire le complicanze e le recidive.

Tempi di recupero dopo l’intervento

I tempi di recupero sono estremamente variabili in base a molti fattori come età, condizioni generali del paziente e forza di volontà nel seguire la riabilitazione. In genere entro tre/quattro settimane la maggioranza dei pazienti torna alle normali attività lavorative e sportive: in questo periodo si dovranno evitare l’andare in bicicletta e, più in generale, sforzi e traumi alla colonna vertebrale.

Esercizi

E’ importante avere muscoli forti e tonici per sostenere la colonna vertebrale, in particolare quando sia presente spondilolistesi. Questi esercizi aiutano a costruire una buona costituzione dei muscoli addominali e dorsali, quindi potrebbero migliorare la situazione e ridurre il dolore lombosacrale e/o cervicale tipicamente determinato da una spondilolistesi. Attenzione, gli esercizi di seguito elencati devono essere eseguiti:

  • lentamente (NON IN MODO BRUSCO);
  • in modo controllato;
  • in ambienti dove non si rischiano cadute o scivolamenti;
  • solo dopo parere positivo del medico;
  • regolarmente, se possibile tutti i giorni;
  • preferibilmente lontano dai pasti;
  • inizialmente sotto la supervisione del medico.

Potete eseguire questi semplici esercizi dove volete, ad esempio in palestra ma anche a casa: l’importante è che ci sia un ambiente protetto e sicuro.

ATTENZIONE: questi esercizi sono solo indicativi; chiedere SEMPRE consiglio al medico prima di eseguirli.

Inclinazione pelvica:

  1. Sdraiatevi sulla schiena con le ginocchia piegate e i piedi sul pavimento.
  2. Tirare l’ombelico verso la colonna vertebrale e spingere la zona lombare sul pavimento, appiattendo la schiena.
  3. Mantenere questa posizione per 15 secondi, poi rilassatevi.
  4. Ripetete 5-10 volte.

Dead bug exercize:

  1. Sdraiatevi sulla schiena con le ginocchia piegate, braccia lungo i fianchi e piedi appoggiati sul pavimento.
  2. Contraete i muscoli addominali.
  3. Mantenendo i muscoli addominali contratti e ginocchia piegate, sollevare una gamba dal pavimento, tenere la posizione per 5 secondi e poi abbassarla.
  4. Ripetete questo esercizio con la gamba opposta.
  5. Quindi sollevare il braccio sopra la testa, tenere contratto per 5 secondi, e poi abbassarlo.
  6. Ripetere con il braccio opposto.
  7. Fare 5 ripetizioni con ogni gamba e ogni braccio.
  8. Una volta che questo esercizio diventa “facile”, sollevare una gamba e il braccio opposto insieme.
  9. Mantenete la posizione per 5 secondi.
  10. Abbassare il braccio e la gamba e sollevare il braccio opposto e la gamba e tenere la posizione per 5 secondi. Fare 3 serie da 5 ripetizioni.

Gluteal streth:

  1. Sdraiatevi sulla schiena con le ginocchia piegate.
  2. Appoggiare la caviglia di una gamba sopra il ginocchio dell’altra gamba.
  3. Afferrate la coscia della gamba inferiore e tirate verso il petto.
  4. Tenere la posizione per 15 a 30 secondi.
  5. Ripetere 3 volte con ogni gamba.

Quadruped arm leg raise:

  1. Assumere la posizione in quadrupedia.
  2. Contrarre i muscoli addominali per irrigidire la colonna vertebrale.
  3. Pur mantenendo gli addominali contratti, alzare un braccio e la gamba opposta lontano da voi.
  4. Mantenere questa posizione per 5 secondi.
  5. Abbassare il braccio e la gamba lentamente e cambiare i lati. Fate questo 10 volte su ogni lato.

Partial curl:

  1. Sdraiatevi sulla schiena con le ginocchia piegate ed i piedi sul pavimento.
  2. Contrarre i muscoli addominali.
  3. Con le mani tese di fronte a voi, piegare il busto in avanti fino a quando le spalle si sollevano dal pavimento.
  4. Mantenere questa posizione per 3 secondi.
  5. Non trattenete il respiro.
  6. Torna alla posizione di partenza.
  7. Ripetete 10 volte.

Double knee to chest:

  1. Sdraiatevi sulla schiena con le ginocchia piegate e i piedi appoggiati sul pavimento.
  2. Contrarre i muscoli dell’addome e spingere la zona lombare al pavimento.
  3. Tirare entrambe le ginocchia al petto.
  4. Mantenete la posizione per 5 secondi.
  5. Rilassatevi e quindi ripetere da 10 a 20 volte .

Side plank:

  1. Sdraiatevi su un fianco con le gambe, fianchi e spalle in linea retta.
  2. Appoggiatevi sul vostro avambraccio in modo che il gomito è direttamente sotto la spalla.
  3. Sollevare il bacino da terra in equilibrio sul vostro avambraccio e la parte esterna del piede.
  4. Cercate di mantenere questa posizione per 15 secondi, poi lentamente abbassare l’anca a terra.
  5. Cambiare lato e ripetere.
  6. Lavorare fino a quando si riesce a tenere la posizione per 1 minuto o più.
  7. Questo esercizio può essere reso più facile partendo con le ginocchia e le anche flesse verso il petto.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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