In Italia non si fanno più figli: poco piu di un figlio per ogni donna. Anno dopo anno sempre meno. E tutti si meravigliano. Ogni volta che l’ISTAT pubblica i dati sulla natalità, l’Italia inscena la solita commedia: titoli allarmati, editoriali indignati, talk show pieni di stupore. “Gli italiani non fanno più figli!”. Come se fosse una scoperta. Come se non fosse la conseguenza diretta di un modello culturale e politico coltivato per decenni. Non è (solo) il popolo che non vuole figli: è uno Stato che non vuole genitori, una società che li considera una stramberia con passeggino, leggi e investimenti che remano contro.
Per anni ci hanno detto che avere un figlio è una scelta privata, libera, “non necessaria”. Poi, quando i conti dell’INPS iniziano a tremare e si capisce che nessuno pagherà le pensioni a chi lavora oggi perché non ci saranno giovani a lavorare, gli stessi che predicavano la libertà individuale riscoprono improvvisamente l’urgenza della natalità. Ma nel frattempo hanno reso la genitorialità un percorso a ostacoli: tasse più alte, pochi asili, precarietà diffusa e un clima sociale che alterna ironia e compassione, oltre a mettere tutti contro tutti. La maternità è descritta come un limite e la famiglia – quella vera, fatta di responsabilità e sacrifici – come una scelta antiquata in un Paese che idolatra l’individuo senza legami.
Poi arrivano i numeri: 1,13 figli per ogni donna nei primi sette mesi del 2025 (erano 1,18 nel 2024). E tutti fingono stupore, come se non vivessero in una civiltà che da anni esalta l’egoismo come virtù e il sacrificio come errore. Il paradosso è evidente: chi oggi grida al disastro demografico è lo stesso che ha applaudito la precarizzazione del lavoro, il culto della carriera, l’odio e lo scontro tra uomo e donna, l’eterna adolescenza e la cancellazione del ruolo genitoriale.
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Abbiamo educato una generazione a credere che costruire una famiglia sia una sconfitta sociale, e ora ci chiediamo perché non nascano più bambini. Abbiamo educato le donne a pensare che un figlio sia un freno alla propria carriera professionale. Abbiamo spinto gli uomini a non volere più matrimoni e figli perché, al primo problema, la moglie può chiedere il divorzio e derubarlo, con la complicità dello Stato, dei soldi, della casa, della dignità e dei figli, lasciando l’uomo a vivere per strada. Abbiamo educato le persone a volere sempre di più, “perché io valgo”, col risultato che non ci si accontenta mai del proprio partner e se ne ricerca uno sempre migliore, fino a ritrovarsi soli e senza figli a 50 anni, con la casa piena di gatti e cani come (facili) sostituti della prole che non c’è. Abbiamo educato le persone a lavorare a casa propria ed alla solitudine. Abbiamo educato le persone al fatto che debbano essere sempre belle e sempre giovani, coi figli come elemento che si oppone a questo obiettivo.
Non è una crisi biologica, ma una crisi di senso. Abbiamo creato una società che premia chi resta solo e punisce chi costruisce futuro; che parla ossessivamente di inclusione (fino al grottesco), ma esclude la maternità dal mondo produttivo; che celebra la libertà sessuale ma teme la sua conseguenza naturale: la vita. I demografi la chiamano denatalità, ma è molto di più: è sfiducia nel domani. Un Paese che non crede più nel futuro smette di generare, nei corpi come nelle idee. Così l’Italia si scopre vecchia, sterile e sentimentale: piange sulle culle vuote, ma difende con orgoglio la cultura che le ha svuotate.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine