È partito il conto alla rovescia. Non per i botti e per i brindisi di fine d’anno, ma per un evento di dimensioni epocali: la scoperta della vita extraterrestre. Sarebbe quasi dietro l’angolo: le prospettive più ottimistiche, infatti, considerano questo traguardo possibile entro un decennio. Nella peggiore delle ipotesi, avverrà entro il secolo.
È questa l’opinione di uno degli scienziati oggi più quotati, ovvero Sara Seager, astronoma e docente presso il Mit di Boston. “Oggi, per la prima volta nella storia,possediamo le competenzeper trovare la vita su altri pianeti”, ha detto nei giorni scorsi parlando davanti alla Commissione Scienza, Spazio e Tecnologia della Camera a Washington.
Telescopi sempre più potenti
“In futuro, saremo visti come la generazione che ha scoperto mondi identici alla Terra.”Durante l’audizione, la Seager e i suoi colleghi hanno insistito molto sulla necessità di avere telescopi sempre più potenti in grado di individuare le tracce biologiche o i segni di un’eventuale civiltà aliena. Ecco perché hanno chiesto ai membri del Congresso americano uno sforzo in più, in termini economici, per investire in questo nuovo capitolo della ricerca scientifica: l’astrobiologia. Lo studio dell’origine, dell’evoluzione e della distribuzione della vita nell’universo ha fatto un grande balzo in avanti, negli ultimi anni, grazie soprattutto ai risultati di Kepler, il telescopio orbitante che ha identificato più di 3.500 esopianeti: tra essi, anche 10 potenziali gemelli della Terra.
Alla ricerca di acqua e ossigeno
Hubble e Spitzer, invece, sono stati utilizzati per rappresentare la possibile atmosfera di quei mondi lontani. Successi inimmaginabili solo nel XX secolo! I componenti della Commissione non hanno nascosto il loro entusiasmo per questi progressi. “L’astrobiologia è diventato un tema trasversale in tutti i settori di ricerca della Nasa, è fondamentale proseguire nei finanziamenti”, ha affermato Eddie Bernice Johnson, deputata del Texas. E Mary Voytek, scienziata dell’ente spaziale americano, lo ha confermato: “L’umanità vive in un’era nella quale è in grado di reperire i dati su qualsivoglia forma di vita, ovunque nell’universo.”Uno snodo centrale è riuscire ad analizzare tracce biologiche nelle atmosfere di pianeti lontani svariati anni luce da noi. Trovare ossigeno, ad esempio, sarebbe di grande rilevanza: di per sé, questo elemento chimico non si mantiene nell’aria, quindi scoprirne in discreta quantità significherebbe la presenza di organismi viventi in grado di produrlo. Altra molecola fondamentale per la vita- almeno come la conosciamo noi- è poi H2O, l’acqua insomma. Solo pochi giorni fa, è stata individuata in cinque pianeti, anche se si tratta di super-mondi bollenti simili al nostro Giove.
Nuovi segnali in arrivo dal cielo
Ma da qui a pochi anni, gli scienziati potranno basarsi sui dati raccolti da TESS (Transiting Exoplanet Survey Satellite), il telescopio orbitante che dal 2017 sostituirà Kepler. L’anno seguente, è previsto il lancio del James Webb Space Telescope, con il compito di approfondire lo studio dei pianeti scovati da TESS con il metodo della transizione orbitale. In sostanza, quando un corpo planetario passa davanti allastella ospite, ne attenua la luminosità, fungendo temporaneamente da schermo e rivelando la propria presenza.
Siamo soli nell’universo?
I ricercatori però vorrebbero poter vedere direttamente il pianeta e ciò è possibile solo bloccando la luce emessa dall’astro. Sono due, al momento, le tecniche allo studio per arrivare a questo risultato, ha spiegato Sara Seager alla Commissione: entrambe andranno sperimentate per verificare quale sia la più efficace. Proprio lei, ai membri del Congresso ha prospettato la possibilità che nel giro di 10 anni raggiungeremo la meta tanto agognata e risponderemo alla domanda che da sempre l’uomo si pone: siamo soli nell’universo? A farlo, sarà il James Webb Space Telescope o molto più probabilmente il suo erede, un nuovotelescopio di ultimissima generazioneancora da progettare.
Virus, batteri o segnali radio cercasi
Per la Seager e per la maggior parte dei suoi colleghi l’obiettivo si potrà dire raggiunto se si dovessero trovare dei microorganismi, dei batteri o delle altre forme di vita elementari. Stephen Dick, storico dell’esplorazione spaziale e attualmente ricercatore di Astrobiologia presso la Biblioteca del Congresso, punta più in alto. “Nessuna traccia biologica sarà mai più importante di un segnale radio“, ha detto, invitando a duplicare gli sforzi per la ricerca di vita intelligente con il SETI. “Una volta trovata, il piano prevede di averne l’assoluta conferma. Poi lo diremo a tutti”, ha assicurato.
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Lo staff di Medicina OnLine
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Forse le scopriremo, forse una volta scoperte le ricopriremo, ma la questione è se “loro” vogliono essere scoperti?
Questa si che è una gran bella domanda! Forse si, forse no… o forse non lo sapremo mai!